Lavoro

Contratto non rinnovato a lavoratrice in gravidanza, il tribunale condanna la Asl 1

La Asl 1 condannata per non aver rinnovato il contratto a un'assistente sociale in gravidanza: "Adesso l'azienda chieda scusa".

La Asl 1 condannata per non aver rinnovato il contratto a un’assistente sociale in gravidanza.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Avezzano, dr. Antonio Stanislao Fiduccia, ha condannato la ASL 1 a rimuovere la condotta discriminatoria dell’azienda nei riguardi di un’assistente sociale marsicana, difesa dagli avvocati Salvatore Braghini, Renzo Lancia e Manuela Rinaldi, che, trovandosi in gravidanza, si era vista escludere dalle proroghe contrattuali concesse, invece, ad altri colleghi.

La vicenda trae origine da una nota inoltrata dal Responsabile U.O.S.D. Consultoriale Area Marsica, in vista dell’approssimarsi della scadenza contrattuale di 2 unità operative di assistenti sociali presso i Consultori Familiari di Tagliacozzo e presso il Consultorio di Civitella Roveto, dove lavorava la ricorrente, per chiedere alla Direzione della ASL la proroga del rapporto di lavoro delle due figure di assistenti sociali, per motivi di necessità e urgenza. Ma mentre per l’assistente di Tagliacozzo veniva disposta la proroga, incredibilmente, per l’altra lavoratrice no.

Per questo l’avvocato Braghini indirizzava una diffida ai vertici aziendali per chiedere la proroga anche in favore della lavoratrice, ritenendo inconcepibile una sua estromissione per il solo fatto di trovarsi nell’impossibilità di lavorare in virtù della gravidanza. Al diniego dell’azienda, i legali presentavano, quindi, ricorso, evidenziando il carattere discriminatorio del comportamento tenuto dalla ASL 1, in ragione dello stato di gravidanza, non avendo l’azienda fornito alcuna motivazione sulle ragioni per cui il contratto a tempo determinato fosse stato prorogato al collega sì e alla donna no, e per le quali avesse addirittura proceduto a nuove assunzioni attingendo dalla graduatoria ma saltando a piè pari la lavoratrice incinta.

Il Giudice del lavoro ha quindi accolto in pieno il ricorso, ritenendo “assolto dalla ricorrente l’onere probatorio relativo al trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe e non portatori del fattore di rischio”, tanto più che, afferma il Magistrato, da 4 delibere del Direttore Generale risulta che non solo il collega assegnato a Tagliacozzo, pur trovandosi nella medesima situazione contrattuale della ricorrente, beneficiava, a differenza della lavoratrice, della proroga del suo contratto di lavoro a tempo determinato per ulteriori 6 mesi, ma ne beneficiavano anche altri 16 colleghi in scadenza del termine contrattuale nel profilo professionale di assistente sociale, e ciò “senza, tuttavia, dimostrare, con precisione, gravità e concordanza, circostanze idonee ad escludere la natura discriminatoria di tale condotta”.

Per tutti questi motivi il Tribunale ha ordinato all’ASL 1, condannandola anche alle spese legali, la cessazione del suo comportamento discriminatorio nei confronti della ricorrente, con rimozione dei suoi effetti, mediante proroga ora per allora, a tutti gli effetti, sia economici sia giuridici, del contratto a tempo determinato di 6 mesi, da ottobre 2020 ad aprile 2021. Una vittoria che l’avvocato Braghini dedica a tutte le donne, perché – dichiara – “cessino qui e altrove prassi discriminatorie, più o meno subdole, a danno delle donne che si trovano in una situazione protetta come la gravidanza. Ho fatto di tutto per avvertire i vertici della ASL 1 della gravità di una tale condotta, ma le risposte del Direttore generale e del Direttore del personale erano del tutto scontate, ora mi aspetto le loro scuse verso la lavoratrice, che, nel frattempo, ha avuto una bellissima bambina”.