Il personaggio

Enrico Melozzi, dalle occupazioni a Teramo a Sanremo: l’arte per vivere e non per sopravvivere

Enrico Melozzi, direttore d'orchestra, segni particolari 'strenuo difensore della cultura'. Dall'occupazione dell'ex Standa di Teramo, a Sanremo. "L'arte per vivere e non per sopravvivere".

C’è anche la mano di Enrico Melozzi dietro il successo dei Maneskin nell’ultimo Sanremo, edizione 2021. Musicista e direttore d’orchestra di Teramo, protagonista in Abruzzo di numerose occupazioni a difesa dei luoghi dell’arte. “Ripartiamo dalla cultura: solo l’arte ci fa vivere e non sopravvivere. Costruiamo teatri, anche in legno, ma non abbandoniamoci alla depressione culturale”.

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Sanremo 2021, l’Ariston vuoto, le polemiche sul festival ai tempi del Covid e una vittoria a sorpresa. Quella dei Maneskin, con il brano Zitti e Buoni, diretti dal maestro abruzzese Enrico Melozzi. Il Capoluogo lo raggiunge telefonicamente, nel corso di una breve pausa da un lavoro, il suo, che non si è mai fermato. Né per Melozzi né per la sua Orchestra Notturna Clandestina, “perché l’arte deve andare avanti. Sempre e comunque. Lo insegna la storia“.

Che Sanremo è stato quello archiviato quest’anno?

Se non fosse arrivata la vittoria non sarebbe stato il Sanremo più divertente della mia carriera. Il regime Covid era molto rigido, giustamente. Passavamo le nostre giornate chiusi in camera, senza poter uscire se non per svolgere le prove. Finite le prove, o comunque terminata l’esibizione, venivi ricondotto in stanza. Non aspettavamo altro che arrivasse il momento di salire sul palco. Quest’anno Sanremo nasceva e si esauriva nel puro momento televisivo. Nonostante tutto, siamo stati privilegiati nel poter esibirci con la nostra musica, quindi sono felice della chance avuta e grato a tutti quei professionisti che si sono impegnati meticolosamente per rendere possibile tutto quello che è stato Sanremo 2021“.

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Come nasce la collaborazione con i Maneskin?

Nasce da un bel rapporto che mi lega al loro produttore artistico, Fabrizio Ferraguzzo. È tra i produttori maggiormente affermati a livello nazionale e non solo: basti pensare che è anche direttore musicale di XFactor. Io faccio parte del suo team e quindi è nata l’opportunità di dirigere i Maneskin per la partecipazione a Sanremo“.

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Scommettevate su un’eventuale vittoria?

Inizialmente no. Fino a tre mesi fa, quando si è iniziato a discutere del progetto e dell’orchestrazione del brano, ammetto di avere avuto una buona sensazione, ma Sanremo va considerato a 360 gradi: nel determinare le classifiche, infatti ci sono tutta una serie di dinamiche. Si consideri che spesso i progetti discografici puntano a conquistare le classifiche musicali, vincere Sanremo non è un qualcosa che si può mettere a punto nel lavoro di preparazione. Poi, avvicinandoci alla finale e ritrovandoci al quinto posto, ho iniziato a credere davvero nella vittoria del Festival“.

Zitti e buoni, il brano vincitore, ha un’orchestrazione potente, dalle tonalità rock e dal ritmo deciso. Le esibizioni dei Maneskin sono state molto coinvolgenti, anche solo guardandole da dietro uno schermo. Social in visibilio. Sorge spontanea, però, una domanda: se ci fosse stato il pubblico, quanto sarebbe stata diversa la riuscita dello spettacolo andato in scena sul palco?

Se ci fosse stato il pubblico avrebbero dovuto inventare una posizione superiore rispetto al primo posto – scherza Melozzi, che racconta – Lo stesso Fiorello è venuto da me a congratularsi per l’orchestrazione durante una prova generale. ‘Il teatro sarebbe venuto giù se fosse stato pieno’, mi aveva riferito in quell’occasione e io logicamente mi sono trovato pienamente d’accordo. Avremmo spettinato tutti gli spettatori dell’Ariston se avessero potuto essere lì presenti“.

Per Enrico Melozzi, all’età di “43 anni, anche se dicono me li porti bene” quello 2021 è stato il Sanremo numero 5. In passato ha diretto anche Noemi, tra i concorrenti di questa edizione.

Lo scorso anno, il 2020, il maestro teramano ha diretto ben 4 partecipanti. Anastasio con Rosso di rabbia, Junior Cally  con No, grazie, Pinguini Tattici Nucleari con Ringo Starr e, per le Nuove Proposte, Fasma. Non solo perché Melozzi ha anche orchestrato il brano di Achille Lauro ‘Me ne frego’, con cui il giovane artista ha spopolato: anche in virtù di esibizioni che hanno preannunciato i quadri artistici portati in scena quest’anno, come ospite fisso.

Ora quali progetti ha per il futuro?

enrico melozzi

Il lavoro della mia Orchestra Notturna Clandestina, qui a Roma, continua. Le prove si svolgono nel rispetto delle norme Covid. Lavoriamo per preparare il nostro nuovo repertorio.  Dopo Sanremo, ho coinvolto nuovi elementi nella mia Orchestra, una delle poche che ha cercato nei duri mesi dell’epidemia di portare avanti l’attività culturale. Lo abbiamo fatto perché ci crediamo e perché , personalmente, credo che sia un atto dovuto verso tutti quei giovani cresciuti con uno strumento tra le mani. Nel nostro piccolo, rispettando scrupolosamente tutto quanto previsto dalla normativa, abbiamo cercato di non fermarci, pur senza poterci esibire. Ho anche scritto una Sinfonia. Il nostro obiettivo è quello di alzare sempre più il livello dell’Orchestra e farci trovare pronti per questa ripartenza annunciata, regalando a chi ci seguirà la nostra grinta e, ovviamente, il nostro nuovo repertorio. Non abbiamo mai voluto cedere alla depressione culturale“.

Enrico Melozzi è stato protagonista di decine di occupazioni di spazi culturali in abbandono o ex spazi culturali nel frattempo trasformati dal consumismo societario. Ci racconta qualcosa?

Una è stata l’occupazione dell’ex OVS di Teramo, attività commerciale nata sulle ceneri del Teatro in città. Teramo si era macchiata di questo delitto: la Standa al posto dell’antico Teatro. Un qualcosa di inaccettabile. Io preferisco parlare di cultura e non dei miei traguardi personali. Perché vorrei lanciare un messaggio chiaro, di cui c’è urgente bisogno in Abruzzo. La regione ha bisogno di spazi culturali. Pensiamo a L’Aquila e all’esempio dato nel post sisma. La costruzione dell’Auditorium Renzo Piano è stato un segnale importante, poiché si è trattato di una delle prime opere simbolo della ricostruzione sociale della città. Una città, va ricordato, non è fatta solo di uffici, ospedali, negozi. Teramo oggi annovera un Cineteatro comunale fatto anche male: come si possono sopportare sessanta anni senza un Teatro? La città si spegne, manca la luce. Viene a cambiare anche l’ordine dei valori in un contesto che manca di punti di riferimento culturali. Discorso simile si può fare per Pescara“.

Per fare cultura ci vogliono i luoghi dell’arte. Dovrebbe essere questo il punto di partenza per il rilancio culturale dell’Abruzzo?

Deve essere questo, soprattutto in vista della ripartenza post Covid. Lo spazio, il luogo, il tetto sono la base per far partire una qualsiasi iniziativa culturale. Ci vuole un posto. Un teatro muove intorno a sé tutto il sistema cultura e gli interessi culturali relativi. Per il Comune di Teramo, ad esempio, sarebbe già molto avere una qualsiasi struttura, anche in legno come quella dell’Aquila. Un edificio a carattere temporaneo, prima di trovare una soluzione più stabile. Il Cineteatro, poi, perché è ancora vincolato a una complicata gestione privata? Bisognerebbe creare una gestione popolare: questa porterebbe, di conseguenza, a un interesse popolare. Teramo ha bisogno di risollevarsi in fretta e in questo momento chi può investire su un teatro? Nessuno. Ecco perché un’idea potrebbe essere quella del teatro al popolo: credo che la città sarebbe assolutamente pronta e capace nell’attività di gestione di uno spazio del genere. Facciamo teatri di legno, anche capannoni, purché siano spazi dedicati esclusivamente alla cultura. Musica, teatro, cinema…l’arte in tutte le sue forme fa la differenza tra vivere e sopravvivere. Solo l’arte può non farci soccombere: ma se non investiamo nella cultura che – si badi bene – è tutto tranne che un lusso, rischiamo di regredire. È nei momenti di gravi crisi che sono esplosi i più grandi movimenti culturali della storia. Facciamo della cultura il primo passo verso la ripartenza“.

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