Cultura

Leonardo da Vinci sulle vette d’Abruzzo

Leonardo da Vinci e l'Abruzzo, i legami tra la regione e il genio del Rinascimento. Il contributo di Lucia Celenza.

Leonardo da Vinci e l’Abruzzo, i legami tra la regione e il genio del Rinascimento.

“Volo cognoscere questo paese” che “tiene tante cose belle a vederse”: sono queste le parole con cui Leonardo da Vinci si riferisce a Sulmona alla vigilia del suo viaggio in terra d’Abruzzo, compiuto verosimilmente tra il 1498 e il 1501. Terminato il sodalizio con Ludovico il Moro, Leonardo lascia Milano al seguito del suo amico Paolo Trivulzio, ricco mercante di stoffe che spesso si recava nella propaggine all’estremo nord del Regno di Napoli per acquistare la preziosa lana degli altipiani aquilani. È infatti questa l’epoca in cui la lana dell’Aquila era ritenuta la più pregiata sul mercato e veniva commercializzata sia come materia prima sia come prodotto finito, in pezze e tessuti. Intercorrevano stretti rapporti commerciali con Firenze e Milano lungo la “via degli Abruzzi” e nella stessa città dell’Aquila si erano stabiliti mercanti provenienti da questi territori di cui resta tutt’oggi testimonianza nella toponomastica di alcune arterie cittadine, come ad esempio via Alemanni, via Veneziani o via Lombardi, solo per citarne alcune.

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Dai documenti ritrovati nel 1983 da Vincenzo Franceschelli, sembrerebbe che tra le mete del viaggio ci fosse Taranta Peligna, centro all’avanguardia nella produzione di “coperture per a sopra a lo lecto” e che il lavoro richiesto a Leonardo dal suo accompagnatore fosse realizzare disegni e diverse trame per creare nuove coperte. O probabilmente il piano di Trivulzio era portare con sé l’amico, geniale ingegnere, per studiare i famosi telai e riprodurne una copia da portare a Milano, tanto che sembra che di lì a poco i macchinari milanesi ebbero veloci migliorie e allo stesso tempo le produzioni sulmonesi arretrarono notevolmente.

Leonardo da Vinci e il Gran Sasso.

A confermare l’ipotesi di un viaggio in Abruzzo del Da Vinci secondo Fabio Redi e Gianluca Ferrini, docenti dell’Università dell’Aquila, sarebbero dei bozzetti conservati nella Royal Collection di proprietà della regina Elisabetta II, presso il castello di Windsor. Il raffronto di quei paesaggi montani con gli ambienti di alta quota del massiccio del Gran Sasso avrebbe evidenziato interessanti analogie morfologiche che potrebbero realmente confermare una sua visita tra le vette abruzzesi, forse durante il viaggio con Trivulzio, con cui però non tornò a Milano, o forse nel periodo in cui fu alle dipendenze di Cesare Borgia, in qualità di consigliere militare. Infatti, tra i compiti che il Valentino gli assegnò ci fu proprio quello del rilevamento delle fortificazioni in vista del loro adeguamento rispetto alle nuove tecniche di assalto. Gli schizzi sembrerebbero raffigurare il profilo del Monte Prena, l’ampia insellatura del Vado di Ferruccio e il canyon dello Scoppaturo, nonché un aspro rilievo roccioso caratterizzato da guglie che ricorda il profilo del Corno Piccolo, in particolare il settore meridionale delle Fiamme di Pietra. Tra l’altro, non sarebbero gli unici disegni di Leonardo relativi a questi luoghi: nello schizzo D contenuto nel Codice L della biblioteca dell’Istitut de France a Parigi, potrebbe essere riconosciuto il castello di Rocca Calascio.

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Osservando l’immagine, si nota l’assenza delle torri cilindriche, cosa che porrebbe un termine post quem per la costruzione della cinta rinascimentale, cioè successiva alla visita di Leonardo e che aprirebbe nuovi scenari sull’influenza del Da Vinci nel rinnovamento delle tecniche relative all’assedio di alcune fortificazioni abruzzesi e forse la sua stessa firma su uno dei simboli d’Abruzzo.

Leonardo e la Marsica.

Ma i legami tra Leonardo e l’Abruzzo sembrano non finire qui. All’ingresso di Villa Torlonia ad Avezzano, sul soffitto al di sopra dell’affresco rappresentante il castello di Celano affacciato sul lago del Fucino, si possono osservare tre ritratti: Giulio Cesare, Leonardo da Vinci e Alessandro Torlonia. Ma perché il Principe fece dipingere il volto di Leonardo tra il suo ritratto e quello di Cesare, cioè tra il primo ad aver avuto l’idea di prosciugare il lago e colui che alla fine era riuscito nell’impresa? Tra le opere di Leonardo una più delle altre si avvicina a questo ardito progetto: il prosciugamento delle paludi Pontine. Leonardo da Vinci realizzò – in una carta geografica, datata 1514 – un’insolita visuale a volo d’uccello delle paludi Pontine a penna, inchiostro ed acquerello, nell’ambito degli studi compiuti per la loro bonifica. Il progetto, da realizzare attraverso canali e macchine idrovore, venne commissionato e finanziato da Papa Leone X ma non vide la luce a causa della morte del pontefice. Tuttavia, il sistema ideato da Leonardo era talmente efficace che venne usato per i successivi lavori del periodo fascista. Gli studiosi ipotizzano che Leonardo possa aver preso spunto per i suoi progetti proprio dalla più grande opera idraulica dell’antichità, cioè i Cunicoli di Claudio. Si tratta di un lungo canale sotterraneo, sei cunicoli e trentadue pozzi, che l’imperatore Claudio fece costruire tra il 41 e il 52 d.C. per prosciugare il lago Fucino con lo scopo di salvaguardare i paesi marsicani dalle inondazioni e rendere i terreni emersi coltivabili. Ma esiste anche qualcos’altro che lega i Torlonia a Leonardo da Vinci.

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La famiglia Torlonia è proprietaria della più vasta collezione privata di arte al mondo, ben 77 stanze nel palazzo di via della Longara, frutto degli scavi effettuati nelle sue immense proprietà, dei tesori delle antiche ville romane, dei ritrovamenti sul fondo del lago Fucino, ma anche costruita attraverso l’acquisto di molte opere provenienti dalle raccolte delle grandi famiglie romane cadute in disgrazia. Tra le opere della collezione, legata al nostro racconto e alle suggestioni di un nesso tra il Maestro e i Torlonia, è una delle migliori copie esistenti della Monnalisa, attribuita a Berardino Luini, pittore contemporaneo di Leonardo, rimasta in possesso dei principi fino a che Don Giovanni Torlonia la donò nel 1892 allo Stato italiano e che oggi è conservata nella Sala Aldo Moro di Montecitorio. Sul retro del quadro è ancora possibile ammirare i due sigilli con lo stemma della famiglia romana.

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Ultima nota che confermerebbe la presenza di Leonardo nella provincia aquilana è che diversi suoi disegni sono stati realizzati sulla carta della gualchiera di Celano.

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In questa sorta di fabbrica preindustriale oltre alla follatura della lana che serviva a impermeabilizzare le tele infeltrendole, veniva lavorato il cotone con cui si fabbricava la carta e quella marsicana era tra le più importanti del medioevo ed è tutt’oggi esistente. In questo periodo storico i maestri cartai di Celano erano molto rinomati in tutto il Regno di Napoli, insieme con i maestri del Vetoio e delle cartiere dell’Aquila e Sulmona. Ma c’è dell’altro: Il Manoscritto Lauri, uno dei tre apografi del Trattato della Pittura di Leonardo da Vinci, venne realizzato sulla carta della cartiera di Celano. Del Codice, di proprietà della famiglia Lauri di Pescara, e rimasto inedito fino al 2019, racconta il professor Giampaolo Ghilardi nell’ambito del “Progetto Codice Lauri”: fu compilato dall’allievo più fedele del maestro, Francesco Melzi, attorno al 1540, vent’anni circa dopo la morte di Leonardo. È dunque un’opera postuma di cui, a partire dal XVII secolo, cominciarono a circolare presso gli artisti europei delle copie abbreviate e che influenzarono la teoria e la pratica artistica dei secoli a venire. Venuta in possesso del dott. Gaetano Lauri nel secolo scorso, questa copia è stata eseguita nella seconda metà del XVII secolo tra Roma e l’Abruzzo, forse proprio nel territorio di Celano, come suggerirebbe la filigrana della carta, unica in tutto il manoscritto, che, osservata in controluce, riporta oltre lo stemma il nome della città marsicana.

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