Cultura

Le nuove stanze della poesia, Romualdo Parente

Dalla penna di Walter Marcone, il ritratto di Romualdo Parente, poeta dialettale scannese del '700, per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

Il ritratto del poeta Romualdo Parente per l’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone.

È nel ‘700 che prende forma ufficiale la letteratura dialettale abruzzese, con Romualdo Parente (1737-1831) , poeta scannese che scrisse “Zu matrimonio azz’uso tra le nozze tra Maria e Nanno della terra de Scanno” (1765 ca.), dove in forma poetica si narra dell’uso locale di celebrare il matrimonio.

La scheda dei personaggi illustri in terra d’Abruzzo dice : “Nacque a Scanno da una nobile e facoltosa famiglia nel 1737. Compì i suoi studi a Napoli dove si laureò in diritto civile ed ecclesiastico. Ricoprì cariche importanti nella sua comunità e fece parte, in qualità di socio, della Reale Accademia Napoletana dei Sinceri e di quella scannese dei Gelati. Durante tutta la sua infanzia Romualdo Parente fu educato alla musica; studiò violino col maestro Manfredi e poi proseguì la sua formazione musicale a Napoli come esecutore. Tornato a Scanno svolse attività di animatore delle feste patronali del paese e di esecutore di musiche per violino ed organo durante le celebrazioni religiose. Scrisse anche delle opere poetiche sia in lingua italiana sia in dialetto”.

“Scarse e di poco pregio artistico sono quelle in italiano, per la maggior parte di genere religioso o di occasione. Più consistente ed importante è la produzione dialettale di Parente che ha dato avvio in Abruzzo alla letteratura dialettale d’autore. Il dialetto scannese diventa il suo principale mezzo espressivo che gli serve per rappresentare realisticamente l’ambiente sociale e linguistico di riferimento. In questo modo i suoi personaggi acquistano una caratterizzazione ben definita ed una spontaneità di espressione. Molto frequente è l’uso di soprannomi, una specie di secondo nome che negli ambienti paesani serve ad identificare gli individui in base alle loro origini,attività professionali, parentele o caratteristiche fisiche”. 

I due poemetti in dialetto sono: “Zu Matrimonio azz’uso e La Figlianna”.

Il primo poema, in 46 ottave, ha per tema il matrimonio tra Nanno e Mariella celebrato secondo la tradizione di Scanno,L’opera manoscritta fu edita a Popoli nel 1916 dal Colarossi Mancini con appendice storico critica etnologocica, risulta una preziosa fonte di conoscenza dell’ambiente culturale di Scanno e della valle del Sagittario, fu studiata da Guido Morelli, Antonio De Nino e Giuseppe Tanturri.

Nell’edizione stampata c’è un ampio commento critico all’uso del dialetto, ai modi di dire, ancora oggi cristallizzati nella parlata scannese, inoltre la critica ha giudicato interessante, ma non priva di errori e grossolanità l’intenzione giocosa e scherzosa del Parente, di elevare un rituale antico e ben conservato come il matrimonio tipico scannese (ju catenacce, il catenaccio) con la poesia epica, vista già l’invocazione rituale del proemio alla Musa poverella, anziché alla nota Calliope, come facevano i poeti classici del calibro di Omero e Virgilio.

Altra opera di Parente è “La fijanna de Mariella“, dove si descrive la festa popolare per l’avvenimento del parto della sposa novella, una sorta di sequel del primo poema.

Il primo è in 46 strofe, il secondo in appena 16. Parente è noto anche per aver trascritto, insieme al De Nino, la canzone popolare “Scuramàje – Lamento di una vedova”, testo studiato anche da Giorgio Morelli.

Il testo sembra provenire da un incontro linguistico della popolazione del Vasto, sull’Adriatico, con le popolazioni balcaniche degli Schiavoni, che nel XV-XVI secolo popolarono ampie fasce della costa abruzzese, spingendosi anche nell’hinterland della provincia di Chieti e Pescara.

Da tale unione sarebbe nato il canto fortemente monodico in 17 strofe dello Scuramàje, noto come “Lamento di una vedova”, oggi molto noto, perché la canzone fu ridotta e riadattata da Nino Rota nel film Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”, di Lina Wertmuller .

Bibliografia

Romualdo Parente, “Zu Matrimonio azz’uso e La Figlianna” (e il “Lamento della vedova” a lui attribuibile), Edizione critica a cura di Giorgio Morelli, Pescara, Editrice “Nova Italica”, 1992.

Rino Panza, “Una vedova chiacchierata”, Excursus sulla “Scura màie,in “Abruzzo”, annoXL, gennaio-dicembre, volume secondo, pp. 145-178, Pescara, Sigraf Editrice,

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