Montagna

Impianti sciistici chiusi fino al 5 marzo, ennesima mazzata per la montagna

Apertura degli impianti sciistici rinviata al 5 marzo. L'ennesima mazzata per un comparto fermo ormai da un anno.

Ancora una brutta notizia per il comparto turistico della montagna.
Nella giornata di ieri, il ministro della Salute Roberto Speranza ha rinviato al 5 marzo lʼapertura
degli impianti da sci per le aree gialle, inizialmente prevista per oggi.

La decisione è stata presa tenendo conto
dei dati epidemiologici degli ultimi giorni e delle varianti, oltre che su consiglio del Comitato tecnico scientifico: una scelta che, secondo il presidente dellʼEmilia Romagna Stefano Bonaccini, è “last minute e un danno per l’intero settore”.

Questo ha rimesso in ginocchio un mondo già altamente penalizzato, che si
stava preparando da mesi per ricominciare le attività.
In Piemonte, nella Piana di Vigezzo, in tanti hanno sfidato le decisioni prese da
Speranza, riaprendo i battenti.
“Venerdì la Regione ci aveva assicurato la riapertura e abbiamo predisposto tutto per riaprire” ha affermato Luca Mantovani, uno dei titolari della società che gestisce gli impianti nel Canton Ticino.

Proteste si sono levate da varie regioni, concordi sul fatto che sia inammissibile comunicare una decisione di tale
importanza poche ore prima, ritenendo come questa fosse una vera e propria “ennesima mazzata” dopo che le
date di riapertura degli impianti sono
state rimandate per ben 3 volte.

Dopo il “dietrofront” di Speranza, per l’Abruzzo – ormai arancione per L’Aquila e Teramo e rosso per le province di Chieti e Pescara – la situazione rimane invariata.

È tutto fermo dall’8 marzo 2020, giorno del primo lockdown, e la sicura chiusura fino al 5 marzo segna esattamente un anno di inattività.

Rimane dunque incerta una possibile apertura per i giorni successivi e un possibile nuovo inizio a Pasqua, che cade il 4 aprile, sembra quasi improbabile.

Un danno quindi con perdite enormi e definite “incalcolabili” da Luigi Faccia, direttore della scuola sci Assergi- Gran Sasso, intervistato nei giorni scorsi dal Capoluogo: per Campo Imperatore, queste arrivano a 600 mila euro.

“La situazione”- continua Faccia-“ sta assumendo i contorni di una tragedia”. La montagna è un servizio assolutamente essenziale, una vera e propria macchina economica. Adesso, il primo passo da fare è quello di sostenere tutto il settore” .

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