Tradizioni abruzzesi

Sant’Agata, l’antica tradizione delle pagnottine nell’Abruzzo interno

Il pane sacro di Sant'Agata e il culto del latte per le puerpere che si rinnova nell'Abruzzo interno aquilano tra storia, leggende e tradizioni.

La pagnotta di Sant’Agata è un pane sacro espressione della tradizione e della fede popolare abruzzese, ancora viva in molte zone dell’Abruzzo, soprattutto nella valle Subequana.

Si tratta di pagnottine preparate in onore di Sant’Agata, venerata a ricordata da sempre il 5 febbraio. Non solo in Abruzzo, anche in Sicilia, la santa martire viene festeggiata con la preparazione di dolci tipo cassata e pagnottine a forma di seno che ricordano il suo martirio.

La figura di Sant’Agata è legata anche al cosiddetto “culto del latte”. A fine ‘800 le donne usavano scoprire il petto per fare abluzioni con quest’acqua, detta, per l’appunto, di Sant’Agata. Ancora oggi a Castelvecchio Subequo i giorni del 4 e del 5 febbraio è in uso la devozione di consumare dei pani a forma di seno femminile bagnati con l’acqua, considerata miracolosa, della fonte di Sant’Agata.

Quest’anno, a causa della pandemia, non ci saranno ricorrenze, processioni o altro, resta comunque la possibilità di riprodurre in casa o comprare al forno le pagnottine.

Sant’Agata, la storia della martire

Il culto di questa santa fu molto esteso nell’antichità, ma le notizie che si hanno di lei sono pochissime. Si dice che Agata nacque a Catania (anche Palermo vanta una simile gloria), da una famiglia nobile e ricca. La sua bellezza attirò l’attenzione del console della città, Quintino, che la chiese in sposa.

Agata si rifiutò perché consacrata con voto di verginità al Signore. Il giovane respinto, dopo aver messo in moto inutilmente tutte le sue risorse per convincere Agata a sposarlo, fino ad affidarla a una donna depravata e maestra di intrighi amorosi, la denunciò come cristiana.

Duramente torturata, Agata restò ferma nel suo proposito anche quando le furono amputate le mammelle., per questo motivo l’iconografia cristiana la rappresenta con le mammelle offerte in un piatto.

Sant’Agata mentre veniva torturata pare che avesse detto al suo proconsole: “Empio, crudele e disumano tiranno. Non ti vergogni di strappare ad una donna quello che tu stesso succhiasti dalla madre tua?”.

Gettata successivamente in carcere, venne miracolosamente risanata. Morì il 5 febbraio 251, in seguito a nuovi e barbari supplizi, sotto gli occhi dei carnefici ammirati ed edificati per il suo eroismo.

La santa è venerata come protettrice di Catania, poiché, nel primo anniversario della sua morte, con il velo che copriva il suo sarcofago, usato dai catanesi come scudo contro l’eruzione dell’Etna, salvò la città che stava per essere sommersa dalla lava infuocata. Il culto della santa si è diffuso molto presto dalla Sicilia a Roma e al resto d’Italia. Il suo nome, nel VI secolo, è stato inserito nei canoni romano, ambrosiano e ravennate.

Ancora oggi è invocata contro le eruzioni dell’Etna e considerata protettrice contro gli incendi.

Il culto di Sant’Agata è ancora sentito e praticato non solo a Castelvecchio Subequo, ma in diverse località abruzzesi, come Civitaluparella, dove vengono organizzati festeggiamenti in in onore della Santa o Torricella Peligna dove, in Contrada Colle Zingaro si trova la Fontana delle Sese (dei seni), che ospita una piccola statua della Santa, la cui acqua è ritenuta sacra, per la produzione del latte e la guarigione delle affezioni al seno.

Sant’Agata, il pane di Castelvecchio Subequo

Il pane di Sant’Agata è tipico di Castelvecchio Subequo, sia salato che dolce è impastato con farina di grano tenero della varietà locale Solina macinato a pietra, patate, lievito naturale di pasta acida, olio, zucchero (oppure sale), uova e semi di anice.

L’impasto di farina, pasta acida, e patate lessate e schiacciate viene messo a lievitare una notte. Al mattino si rimpasta con, uova intere (15-16 uova ogni 5 kg di farina), anice, sale oppure zucchero. Si lascia lievitare per 3 ore, si modellano le pagnottine e poi s’inforna per una quarantina di minuti.

È un pane sacro la cui preparazione risale a tempi immemorabili, la tradizione vuole che i pani vengano poi portati nella chiesa rurale a lei dedicata, benedetti e bagnati nell’acqua della sorgente adiacente.

Antonio De Nino nel suo “Usi, costumi e tradizioni” racconta che un tempo le donne incinte e le puerpere facevano delle abluzioni con l’acqua della sorgente invocando la santa che non facesse loro mancare il latte per la prole.

pane sant'agata

Sant’Agata, la sorgente miracolosa di Castelvecchio

La Fontana medievale trecentesca di Castelvecchio Subequo, di fronte alla piccola chiesa di Sant’Agata risalente al 1114, è alimentata da una copiosa sorgente.

La chiesa, al cui interno si trova un affresco cinquecentesco della santa con i simboli del suo martirio tenuti in mano, è sorta con molta probabilità sui resti di un antico tempio pagano dedicato al culto di Ercole e ricadente nell’area dell’antica civitas di Superaequum.

La presenza della sorgente e i resti, nelle vicinanze, di due acquedotti romani che, rispettivamente, l’uno dal versante di Gagliano Aterno e l’altro da Forca Caruso portavano l’acqua in questa zona, lasciano supporre l’esistenza in epoca romana di un complesso termale.

La presenza di tanta acqua induce a credere che nel luogo, a scopo sacrale e terapeutico si praticassero rituali idrici, che la tradizione popolare ha perpetuato fino ai nostri giorni nella credenza che l’acqua sia miracolosa e nel culto di Sant’Agata.

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