Anniversari

L’Aquila 2 febbraio 1703, il grande sisma della Candelora che distrusse la città

Il terremoto della Candelora del 2 febbraio 1703 distrusse L’Aquila e molti centri vicini. Il Commissario sospese le tasse per 10 anni. Leonessa e Posta completamente distrutte.

Nel 1703 L’Aquila subì una serie di terremoti devastanti che provocarono circa 9700 morti e la distruzione della città, rasa al suolo, con danni gravissimi al suo patrimonio artistico e architettonico.

Dopo il terribile evento ci fu la sospensione delle tasse per 10 anni e ricostruzione dell’intera area da Leonessa a L’Aquila.

Il 2 febbraio 1703, festività della Candelora e della purificazione di Maria, alle 11:05, un sisma con epicentro nei pressi di Cagnano Amiterno, a venti chilometri dalla città, colpì L’Aquila con una magnitudo 6,7 e un’intensità del X grado della scala Mercalli. Una scossa particolarmente violenta e ondulatoria, che si stima cinque volte maggiore di quella che ha colpito L’Aquila nel 2009.

Era la festa della Candelora e poco prima di mezzogiorno le chiese erano gremite di fedeli; nella chiesa di San Domenico erano presenti circa 800 persone e, quando la scossa fece cedere le capriate del tetto, ben 600 persone rimasero sepolte sotto le macerie.

Tutte le chiese, da San Bernardino a San Massimo, da San Pietro a Coppito alla basilica  di Collemaggio subirono crolli e devastazioni sia nelle aree interne che esterne; la torre civica, i più bei palazzi storici e nobiliari (palazzo Branconio, palazzo Carli Benedetti, palazzo Camponeschi, nonché molti altri) subirono danni rilevanti, lesioni e crolli, come pure la Fontana delle 99 Cannelle.

La città dell’Aquila fu, non è; le case sono unite in mucchi di pietra, li rimasti edifici non caduti stanno cadenti. Non so altro che posso dire di più per accreditare una città rovinata”. Queste le parole tratte da una lettera al Viceré del regno di Napoli di Marco Garofalo.

Antonio Ludovico Antinori, nei suoi Annali, scrive: “....rovinò buona parte della città, e fu veduto in più luoghi aprirsi la terra (….) la terra continuamente esalava puzzolenti vapori, l’acqua nei pozzi cresceva e gorgogliava, gli acquedotti della città rimasero infranti e per 22 ore la terra si sentì tremare”.

La popolazione aquilana, stimata tra gli 8.000 e i 10.000 abitanti, contò 2.500 morti, circa un terzo dei residenti, e nelle città vicine si contarono oltre 6.000 vittime. I centri più colpiti furono Arischia, con ben 350-400 morti, Barete, Pizzoli, Scoppito e Cittareale.

Nel reatino Leonessa, dove “non è rimasto un muro dell’altezza di quattro palmi” (Antinori) e Posta;  nella nostra zona Montereale, Cagnano e Paganica risultarono totalmente crollate, avendo subito danni anche dal precedente sisma del 14 gennaio 1703.

Dopo la scossa principale, per ben ventidue ore, ne seguirono molte altre, durante le quali, la terra esalava pesanti odori; secondo le fonti dell’epoca, nei giorni seguenti, fino al 26 febbraio, si registrarono 160 forti repliche e si aprirono grandi spaccature nei terreni presso Cittareale e Pizzoli. Tra Montereale e Ville di Fano tre corsi d’acqua sotterranei fuoriuscirono dalle montagne e formarono un lago nella pianura sottostante.

Giulio Baglivi, in una lettera al Duca d’Uzeda, scrive: “La nobile, ricca ed antica città di Aquila, capitale della provincia di Sannio, la quale e per gli magnifici templi e per i sublimi palazzi e per lo numero dei nobili e per la ricchezza era la più illustre fralle  altre città del regno Napolitano; tutta è già diroccata e adeguata al suolo, né altro vi resta che la facciata di San Bernardino e le esterne fortificazioni del Castro, mentre gli altri edifici sono stati atterrati.

Pochi giorni dopo la tragedia fu inviato da Napoli un commissario straordinario che organizzò i soccorsi e tenne sotto controllo l’ordine pubblico, convinse la popolazione  a non abbandonare la città, proclamò con decreti antesignani degli odierni DPCM il coprifuoco e introdusse una speciale licenza per estrarre i cadaveri da sotto le macerie e per recuperare gli oggetti personali rimasti negli edifici danneggiati.

Terremoto L’Aquila 1703: ricostruzione e sospensione delle tasse

La legge che più aiutò le popolazioni, così duramente colpite, fu l’esenzione fiscale proporzionata ai danni subiti e la sospensione del pagamento delle tasse per dieci anni, decisioni che fecero ripartire a poco a poco l’economia e diedero slancio all’opera di ricostruzione.

Nel 1712, al termine del periodo di esenzioni fiscali, si tenne un censimento per valutare il pagamento da versare alla corona e a L’Aquila risultarono 2.684 abitanti, divisi in 670 famiglie, delle quali 149 erano forestiere,  attratte dalla possibilità di lavoro legato alla ricostruzione, le più numerose di origine milanese.

I colori della città, bianco e rosso, furono modificati in nero e verde, uno a ricordo del lutto e l’altro in segno di speranza.

Sant’Emidio fu considerato il protettore dei terremotati e dalla data di quel sisma disastroso, a L’Aquila il Carnevale inizia dopo la Candelora, il che lo rende il più corto rispetto al resto del mondo.

Terremoti e sciami sismici del 1702

Diversi sciami sismici avevano colpito, già dall’inizio del 1702, Norcia prima e Spello poi, ma il terremoto più devastante del 1703 avvenne il 14 gennaio, con una magnitudo 6,8 e una devastazione pari all’XI grado della scala Mercalli.

L’epicentro si registrò a Cittareale (il borgo vicino Posta) verso le 18 e devastò un’ampia area tra i monti Sibillini, i monti Reatini e i monti dell’Alto Aterno.

Circa le due ore della notte giorno di domenica lì 14 gennaio fu così terribile terremoto, che si crede’ essere già la vigilia del giorno del giudizio universale, perché con lo strepitio e sgomento dello scotimento della terra ci fu accompagnato un vento grandissimo con una pioggia tanto grande, che convenne a molti perire sotto le macerie e ruine del terremoto per non restare annegati nell’acqua.” Così scrive Giovannantonio Petroni su Ad perpetuam rei memoriam,  conservato presso l’archivio parrocchiale di Vallunga.

A Norcia, su 10.767 abitanti, ci furono 1400 morti, di cui 800 in città; Cascia fu rasa al suolo e su 5.032 abitanti si registrarono 680 morti.

La provincia di L’Aquila ebbe ben 1600 vittime: Montereale ne pianse 230 e su un totale di 1000 residenti, nelle zone circostanti si ebbero 800 morti. Tutti i paesi, da Accumuli ad Amatrice, a Borbona, a Cittaducale subirono crolli e cedimenti.

L’Aquila non ebbe nessun morto ma case e chiese furono molto colpite con gravi lesioni e crolli.

Il 15 gennaio 1703 a L’Aquila venne organizzata una processione di penitenza per le vie della città e nessuno avrebbe immaginato che il giorno dopo, il 16 gennaio, si verificasse un’altra scossa di magnitudo 6,2 in cui crollarono le torri campanarie di Santa Maria di Roio e di San Pietro a Coppito, già toccate dal sisma precedente.

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