Crisi e covid 19

Covid19, hotel e albergatori in ginocchio: “Riaprite le regioni”

Drammatica la situazione degli albergatori aquilani dopo mesi di chiusure e guadagni azzerati: "È un continuo stillicidio. Per lo Stato possiamo stare aperti, ma non ci si può muovere dalla propria regione".

“Se non riaprono le regioni per noi albergatori sarà la catastrofe: siamo fermi praticamente da un anno, fatta eccezione per la boccata di ossigeno estiva che è servita a malapena per tamponare le chiusure di marzo”.

Questa la situazione drammatica in cui si trovano alcuni albergatori aquilani sentiti dal Capoluogo: una quotidianità fatta di scadenze da rispettare, spese da affrontare a fronte di ristori che arrivano a singhiozzo e mesi di chiusure conseguenti alla seconda ondata della pandemia che hanno messo in ginocchio tutto un intero settore.

I proprietari dell’Hotel Castello, nel cuore del centro storico dell’Aquila, sono Tiziana Gallo insieme a suo figlio Fabrizio Bellassai: a oggi la loro attività registra perdite che vanno ben oltre il 70 per cento.

hotel castello neve

“Il nostro albergo – spiega Fabrizio Bellassai al Capoluogo – appartiene alla nostra famiglia da sempre. Aperto da mio nonno Luigi Gallo negli anni ’70 è sempre stato un punto di riferimento non solo per i turisti, ma anche per tutta la città”.

“Ci siamo sempre dedicati con cura e dedizione, l’ospitalità e l’accoglienza sono sempre stati il nostro punto di forza. Adesso la situazione comincia ad essere preoccupante. Sì, siamo gialli: ma se non riaprono le regioni e se non ripartono gli eventi, i teatri, i congressi, come pensano che si possa andare avanti?“.

“Un albergo che si trova nel cuore della città non può vivere senza un indotto dall’esterno: noi abbiamo sempre potuto contare anche sul motore della cultura che ha creato tutto un circuito positivo intorno alla nostra struttura”. 

“Non stiamo lavorando da ottobre, tutto il personale è in cassa integrazione, le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria sono praticamente all’ordine del giorno, insieme alle scadenze, alle utenze. Un hotel non è una bancarella e questo clima di incertezza costante non aiuta. Per riaprire e ripartire ci vuole tempo, ma soprattutto abbiamo bisogno delle regioni aperte, così facendo non risolviamo niente”.

“In troppi pensano che sia sufficiente riaprire per riprendere l’attività: non è così e non lo sarà per una serie di concause”.

Fabrizio Bellassai non si occupa solo dell’Hotel Castello, ma anche del Nido dell’Aquila, sotto la funivia del Gran Sasso, ovviamente chiuso da ottobre.

hotel nido dell'aquila

Regioni e impianti sciistici chiusi: devo aggiungere altro? Ogni possibilità è sfumata, avevamo prenotazioni per il 7 gennaio e poi il 5 ci hanno bloccati”, continua Fabrizio.

È un clima di incertezza che devasta, ogni giorno è uno stillicidio, una sorta di goccia cinese. Gli aiuti che sono arrivati ad oggi non hanno creato nessuna boccata di ossigeno. Una riapertura, soprattutto in montagna, ha dei costi, anche perchè i termosifoni sono costantemente accesi per cercare di evitare quei rischi e quei danni conseguenti al gelo e al freddo. Sono costi che dobbiamo sostenere senza aver guadagnato un euro”.

“Il mondo si è fermato a febbraio e noi stiamo qui ad aspettare: la cassa integrazione finirà a marzo, almeno queste sono le ultime notizie. Se per quella data non si sarà mosso qualcosa, per tutto il settore comincerà ad essere quasi una situazione irreparabile”. 

Anche qui, come all’hotel Castello ci sono i dipendenti, 7, tutti in cassa integrazione. “Questo staff è una famiglia, che va oltre il rapporto titolare-dipendenti e siamo in ansia perchè vogliamo tutelarli, ma non sappiamo che tipo di impegno avremo nel prossimo futuro”.

“I contributi arrivano in ritardo e per molti è davvero l’unica entrata per sostenere una famiglia. A livello di ristori per gli alberghi è arrivato quello di aprile che non ha coperto nemmeno le bollette e poi a ottobre, ma non li abbiamo nemmeno visti dal momento che anche qui le spese sono state notevoli”.

“Gli albergatori sono stati quasi presi in giro dal sistema: fondamentalmente ci è stato detto che potevamo stare aperti, ma con centinaia di casi al giorno, i ricoveri, gli ospedali pieni, le regioni chiuse, l’impossibilità di muoversi anche all’interno della provincia… chi poteva mai pensare di andarsene in hotel?”

Una situazione difficile anche per Ada Fiordigigli, alla guida dell’hotel Fiordigigli alla base della funivia del Gran Sasso. Anche qui la situazione è la stessa: per lo Stato l’hotel può stare aperto, ma è chiuso da ottobre, mancando ovviamente l’indotto.

hotel fiordigigli

“Siamo stati costretti a chiudere da dopo la metà di ottobre conseguentemente alla chiusura delle regioni: sono stati mesi devastanti e non si vede ancora la fine del tunnel”, spiega Ada al Capoluogo.

“Per quanto riguarda le nostre strutture si chiude la porta e dietro c’è una macchina che non può fermarsi: per essere pronti a ripartire devi pagare le utenze regolarmente, devi provvedere a quella manutenzione che di solito viene assorbita grazie all’indotto. Abbiamo dieci dipendenti e a oggi sono tutti in cassa integrazione“.

Una speranza arriva dalla notizia che il 15 febbraio pare che almeno riapriranno gli impianti. “Se da noi non possono venire dal Lazio, dalle Marche, dalla Puglia, dall’Umbria, quelle regioni che gravitano e affluiscono sul Gran Sasso, gli impianti saranno riaperti solo per una piccola parte di sciatori, i locali, che ovviamente non pernottano, per cui non sarà cambiato nulla”.

“La cosa che fa rabbia è questa continua incertezza: non sappiamo mai per tempo quale sarà il nostro destino: se ci saranno proroghe o se finalmente si aprirà e si potrà ricominciare a lavorare, sperando finalmente di lasciarci questo spettro della pandemia alle spalle”.

Noi albergatori meritavamo più attenzione a livello governativo, ci è stato dato il ristoro che altro non è stata che una piccola goccia. C’è una grande confusione a livello nazionale in questo momento e questo non giova”.

“Molti non capiscono che non basta aprire la porta per far tornare i turisti, ricreare il flusso non è facile, specialmente in una stagione che ci vede impauriti, rinchiusi dentro le proprie abitazioni. Certo, ci sono le persone che vogliono farsi una vacanza, ma è tutto un punto interrogativo: Verrà la gente?”.

“Mancano le indicazioni e siamo privi di una guida, dipendiamo dal governo centrale e intanto le spese e le utenze continuano ad arrivare, insieme agli impegni presi con i vari fornitori. Noi la passione ce l’abbiamo sempre, insieme alla costanza e alla voglia di lavorare, ora abbiamo bisogno che si riaccenda la fiammella della speranza”, conclude.

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