Cultura

Le nuove stanze della poesia, Anna Ventura

Il ritratto della poetessa e professoressa Anna Ventura, recentemente scomparsa, per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

Il ricordo della professoressa e poetessa Anna Ventura, scomparsa lo scorso 13 gennaio, attraverso le parole di Valter Marcone, per l’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

Anna Ventura è morta a L’Aquila il 13 gennaio ultimo scorso, all’età di 84 anni. Lo hanno annunciato i figli sul profilo Facebook

Goffredo Palmerini, amico di famiglia, ne ha tratteggiato un commosso ricordo. “Anna Ventura – scrive Palmerini – era nata a Roma nel 1936 da genitori abruzzesi. Laureata in lettere classiche a Firenze, agli studi di filologia classica, mai abbandonati, ha successivamente affiancato un’attività di critica letteraria e di scrittura creativa. Lunga sarebbe la lista con il dettaglio delle opere pubblicate, per molte case editrici italiane: tra esse 13 volumi di poesie, 9 volumi di narrativa – soprattutto racconti, ma anche romanzi e diari di viaggio – e 6 testi di critica letteraria, oltre a diverse antologie”. 

Pubblicista, collabora a riviste di cultura nazionali e straniere. Dirige la collana di poesia “Flores” per la casa editrice Tabula fati di Chieti.

Ha ottenuto il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1983); ha vinto il Premio Speciale Tagliacozzo (1984) per la critica.

Alcune sue opere sono state tradotte in francese, inglese, spagnolo, tedesco, portoghese e rumeno, e pubblicate su riviste, antologie e volumi monografici. Di lei si sono occupati critici italiani e stranieri, anche in monografie. Giornalista, Anna Ventura ha collaborato con varie riviste, in Italia e all’estero. È presente nell’antologia delle scrittrici del Pen Club internazionale, curata dall’Università di Salta, in Argentina. Per la poesia ha ottenuto il Premio Tagliacozzo (1988), il Premio Chianti (1989), il Premio speciale della Giuria del Lerici/Pea (1995), il Premio UTET (1997). Per la narrativa ha avuto il Premio Giusti/Monsummano (1992) e il Parise (1994). Ha tradotto Ilario di Poitiers per il volume Poesti latini tradotti da scrittori italiani (Bompiani, 1993). Ha curato due antologie di poeti abruzzesi: Il sole e le carte (Marcello Ferri, L’Aquila 1981) e Canzoni come il grano (Del Romano, L’Aquila 1995). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, tedesco, francese, spagnolo e portoghese.

Di lei hanno scritto ricordi commossi anche Gianfranco Giustizieri che tra l’altro dice: “Tra i suoi molteplici interessi è sempre stata viva l’attenzione dedicata ad un’altra grande scrittrice abruzzese di cui ha recensito molte opere e con la quale ha avuto una diretta corrispondenza: Laudomia Bonanni. Mi piace ricordare un libro, Scrittura e scrittori. Conversazioni sulla poesia, su Laudomia Bonanni e su Gennaro Manna, scritto insieme al giornalista e critico letterario Simone Gambacorta. Oltre ad illustrare il suo pensiero sui due autori, rispondendo a Gambacorta ebbe modo di dire nell’intervista a lei dedicata”. 

Gino Rago su La Presenza di Erato dell’8 maggio 2018 scrive a proposito della raccolta Streghe edito da One Group L’Aquila.

Suggerirei al poeta del nostro tempo di recarsi nel borgo di Via delle Streghe, (borgo noto e Via ben familiare ad Anna Ventura(, riuscirà egli a scorgervi la porta nel vicolo, incorniciata da pietra candida di quelle montagne, sulla quale le Streghe operarono la magia di poterla vedere soltanto loro, come unica via di salvezza? Quella porta (lo afferma Cesare Ianni nel suo denso scritto nel risvolto di copertina della raccolta ‘Streghe’ di Anna Ventura e quella via esistono ancora), ma non a tutti è dato di vederle…(…) e anche se l’autrice di Streghe continua a misurarsi lucidamente con la poetica delle cose, immergendosi, come ha con pertinenza segnalato Rossana Levati in una nota su una poesia della Ventura, «nel grande fiume delle cose che non aspettano niente», ma continuando a dichiararsi estranea a quella che, con felice intuizione, Giorgio Linguaglossa, riferendosi a Tu Quoque, propose come «poetica logocentrica”.

Né poteva essere altrimenti se sono le stesse Streghe a dichiararlo [in ‘Il latte buono’, pag. 51]:“Noi streghe non ci innamoriamo: lo vieta Il giuramento a Lilith, nemica di Adamo[…]”.

Alcune sue pubblicazioni :

Studi recenti su Rutilio Namaziano, Le Monnier, Firenze 1970
La strada ebrea (racconti), Carabba, Lanciano 1975
La multiforme unità di Pasolini, Quaderni di Rivista Abruzzese, Lanciano 1977
Brillanti di bottiglia (poesie), Quaderni di Rivista Abruzzese, Lanciano 1978
La diligenza dei santi (poesie), Bastogi, Foggia 1983
Venti passi nel sentiero (racconti), M. Ferri, L’Aquila 1983
Cinque saggi di abruzzesistica, Bastogi, Foggia 1984
Aria sulla quarta corda (poesie), Forum, Forlì 1985
Il calendario olandese (racconti), Solfanelli, Chieti 1986
Ex libris del primo Novecento, Parsifal, Pescara 1987
Le spighe incrociate (poesie), Ed. dell’Urbe, Roma 1987
Le case di terra (poesie), Forum, Forlì 1989
I sogni della ragione (racconti), Book, Bologna 1990
Lo specchio vuoto (racconti), Solfanelli, Chieti 1992
Il mestiere di appassionato (critica letteraria), Tracce, Pescara 1993
Limite di un pomeriggio d’inverno (racconti), Solfanelli, Chieti 1995
In Chartis (poesie), Bastogi, Foggia 1996
Foglietti cinesi, Ed. dell’Oleandro, Roma 1997
Lares (romanzi), Bastogi, Foggia 1998
Da Streghe One Group editore ,L’Aquila , 2018

Il Silenzio
Nei paesi del freddo
le vecchie vengono allontanate dalle case,
lasciate sole, nei campi,
a morire nella neve.
Talvolta, dopo la morte,
l’anima della vecchia,
tormentata dalla nostalgia,
torna a casa,
si accovaccia accanto al focolare,
stende le mani alle scintille. Chi la vede
non ha ragione di allarmarsi: la vecchia
non chiede nulla. E, se qualcuno le parla,
risponde col silenzio.

Le trine rosse
Io conosco gli odori delle erbe,
li avverto pure da lontano. Oggi
è il giorno della liquirizia: il mio cesto
è pieno delle sue radici. So fare
una marmellata d’uva
intrisa di liquirizia: me la chiedono
anche le pasticcerie.
Talvolta mi ricordo
della donna che sono stata,
negletta e grigia, addosso
solo palandrane scure. ma dentro,
nella sottoveste,
c’erano le trine rosse. Perciò
mi sono fatta strega.

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