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Gianna morta due volte, ma Taffo non ci sta: manifesto contro la transfobia

Gianna muore a 49 anni, ma la famiglia che non accetta la sua identità sessuale le impone il nome da uomo. Taffo "corregge".

Gianna muore a 49 anni, ma la famiglia le impone il nome da uomo. Taffo “corregge”.

“Mentre in America Joe Biden sceglie come Assistente Segretario alla Sanità Rachel Levine, che potrebbe diventare il primo dirigente federale transgender confermato dal Senato, in Italia si consuma un nuovo atto di transfobia. Succede nella città di Andria, dove muore Gianna (49 anni), conosciuta dai suoi concittadini come donna e ricordata invece nei manifesti funebri con il suo nome da uomo, richiesto e imposto dai familiari, che non hanno mai accettato il suo percorso di transizione verso la conquista di un’identità sessuale che le è costata cara. La storia di Gianna ha colpito profondamente l’opinione pubblica e i media che, nella giornata di mercoledì 20 gennaio, apprendono la vicenda grazie al tweet di Vladimir Luxuria, che denuncia quanto accaduto sui suoi social, scrivendo: “Muore ad Andria una persona transgender, Gianna, indigente e scartata dalla società. La famiglia decide di affiggere manifesti funebri con il suo nome al maschile (che preferisco non ripetere). Un’offesa al nome e all’identità con cui la conoscevano tutti”. Al tweet di Luxuria risponde Riccardo Pirrone, con la proposta di sostituire e correggere in rete il manifesto, per pubblicarlo nella sua corretta forma, proposta subito accolta dal SMM dell’agenzia funebre Taffo Funeral Services, da sempre attenta a casi di discriminazione di genere e tematiche LGBTQI+, che a quel punto pubblica il manifesto ‘corretto’ sulla sua pagina ed in breve diviene virale”.

taffo gianna

Il post viene condiviso dalla Senatrice Monica Cirinnà, con le parole della Corte Costituzionale nel 2017: “L’aspirazione del singolo alla corrispondenza del sesso attribuitogli al momento della nascita, con quello soggettivamente percepito e vissuto costituisce espressione del diritto al riconoscimento dell’identità di genere”, scrive Cirinnà che, conclude: “Gianna non c’è più, e la sua dignità deve essere rispettata anche adesso. Nessuno – nemmeno la famiglia di origine, dopo la morte – ha il diritto di violarla”.