Cultura

Appuntamento con la lettura: “Il suono della montagna” di Yasunari Kawabata

Appuntamento con una lettura coinvolgente sotto l'albero: la recensione di Manuela Moschin di "Il suono della montagna", di Kawabata

Appuntamento con la lettura sotto l’albero: la recensione di Manuela Moschin di “Il suono della montagna”, di Kawabata

Il suono della montagna è un romanzo a cui ho dedicato un tempo di lettura abbastanza lungo, poiché adoravo soffermarmi in alcuni passaggi densi di poesia. Non ero interessata alla trama e nemmeno ero curiosa di conoscere il finale. Non sono in grado di dire se lo consiglierei o meno. Si, mi è piaciuto e l’ho anche apprezzato, come del resto mi capita di amare tutta la letteratura giapponese, riferendomi soprattutto ad Haruki Murakami, oppure a Banana Yoshimoto. Acquistai il romanzo proprio su consiglio di Murakami, poiché lessi in un suo libro la predilezione per lo scrittore Kawabata. Ma fui attratta anche dal titolo “Il suono della montagna”, mi dava l’idea di un libro ricco di riferimenti inerenti al mondo della natura, come in effetti lo è stato per alcune descrizioni dense di lirismo.

Il suono della montagna è un inno alla natura con i suoi rumori, colori, profumi, segnali e le affascinanti atmosfere.

È proprio in questi passaggi che ho goduto la maestria di Yasunari Kawabata (1899-1972), il primo autore giapponese insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1968. Laureato in letteratura giapponese visse una vita tormentata, segnata da esperienze traumatiche dovute alla perdita dei genitori all’età di quattro anni. Nel 1972 fu trovato morto in casa sua.

Nel complesso, dalla narrazione si avverte un senso di solitudine e di desolazione. L’ispirazione dei suoi libri nasce dalle antiche tradizioni giapponesi e dal Buddhismo Zen.

La storia in sé appare semplice, ma che affronta temi, oltre che attuali, anche scottanti.

I riferimenti alla natura, dunque, risultano essere un ottimo motivo per immergersi in questo scritto, ma nella vita si sa che il piacere dei sensi, acquisiti dalla Madre Terra, si intervallano sempre a momenti bui, che lasciano spesso il sapore amaro in bocca.

Il sessantunenne Shingo, il personaggio principale, è un padre e nonno riflessivo, che vive momenti di visioni oniriche e altri, invece, che lo rendono protagonista di fatti spiacevoli, che accadono alla sua famiglia. È presente in lui la voglia di comprendere e di conseguenza di risolvere i problemi che l’assillano.

Ma come tutte le mie recensioni preferisco non parlare della trama per non guastare al lettore il piacere della lettura. Perciò, mi limito a descrivere le sensazioni che ho provato leggendolo. Sebbene le situazioni che si sono create siano state piuttosto drammatiche, le impressioni percepite sono di assoluta serenità. La consapevolezza che, dopotutto, se abituiamo l’occhio e la mente a immergersi nella natura e ad accettare le circostanze difficili, tutto ciò che ci circonda si connette in sintonia con la quotidianità.

Concludo con questo passaggio tratto dal libro:

“Rientrando, girato l’angolo della strada maestra, e imboccata la via stretta che conduceva a casa, Shingo si dirigeva verso il ginkgo. Lo guardava tutti i giorni, e lo osservava anche dal soggiorno di casa sua. Il bonsai d’acero è uno degli amori prediletti di Shingo come parte viva della sua esistenza.

“Si capisce che il ginkgo è più resistente del ciliegio. Mi colpisce la vitalità di quest’albero che dimostra la sua forza nelle circostanze avverse,” osservò Shingo. “Quanta forza deve avere un albero così vecchio per gettare fuori le gemme in autunno!” “Ma le foglie hanno un’aria triste,” disse Kikuko.

“Si. Sto guardando se quelle foglie riusciranno a diventare grandi come quelle germogliate in primavera. Non stanno crescendo molto”.

Le foglie erano piccole e per di più rade; non arrivavano a coprire i rami. Inoltre avevano un’apparenza fragile. Non erano verdi, ma giallognole.

Il sole del mattino di autunno batteva sull’albero di ginkgo, nudo nonostante le foglie nuove.”

Sinossi

Apparso nel 1949, è considerato con Il paese delle nevi il maggior romanzo di Yasunari Kawabata, Premio Nobel nel 1968 per la letteratura e tra i massimi rappresentanti della narrativa giapponese.

Il personaggio centrale del libro è Shingo, uomo sensibile e inquieto, assorto nei sogni e nelle tristezze del passato, nei terrori e nelle premonizioni del presente. Di fronte alla decadenza inarrestabile della sua vita e della sua famiglia, Shingo si lega sempre più strettamente a Kikuko, la giovane e infelice moglie di suo figlio, una donna dall’intelligenza spiccata, che ha in sé qualcosa di delicato. I misteriosi segnali della natura, il suono della montagna (un suono come un vento lontano o come il rimbombo della terra), un riccio di castagna che cade dall’albero mentre vengono scambiate le coppe di sakè rituale, sono nella vita di Shingo un incitamento a prendere una decisione. Sotto la superficie di una cronaca famigliare scandita da riferimenti precisi alla vita di ogni giorno, Il suono della montagna è un’elegia esistenziale e insieme una narrazione suggestiva, rivelatrice di un’arte alle soglie di una misteriosa perfezione.

Vi abbraccio con affetto

Manuela

Recensione a cura di Manuela Moschin

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