La denuncia

Covid 19 Avezzano, “Marsica come la Lombardia: affondata la sanità pubblica”

Tra tende, bidoni, macchinari per i tamponi mai arrivati e servizi sospesi l'ospedale di Avezzano continua ad essere in emergenza. "I pazienti oncologici rifiutano il ricovero e noi medici costretti a passare nei percorsi Covid".

Un ospedale Covid di nome, di fatto siamo ancora lontani anni luce. Almeno nell’organizzazione. Il San Filippo e Nicola di Avezzano continua ad essere al centro delle polemiche, la denuncia da un dottore: “Non lavoriamo più. Siamo la fotocopia della Lombardia. Un piccolo ospedale fatto affondare e tanta sanità privata intorno. Non sono stati in grado di procurarci neanche un buon macchinario per i tamponi”.

Se L’Aquila è come Bergamo, “Avezzano e la Marsica sono come la Lombardia”, anche se senza strutture e macchinari all’altezza di un’emergenza mai vista prima. Almeno stando al parere degli addetti ai lavori, che la pandemia la vivono ogni giorno sulla propria pelle.

“L’ospedale è privo di servizi da tempo, a vantaggio del privato e dell’aquilano. Ma quest’emergenza ci ha tagliato le gambe e una credibilità frutto di tanto lavoro speso negli anni”.

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Ospedale Avezzano, la denuncia

La redazione del Capoluogo raccoglie una denuncia pesante, che arriva proprio dalle pareti del San Filippo e Nicola, finito recentemente sulle cronache nazionali per le morti avvenute fuori dal Pronto Soccorso, per i contagi tra le corsie dei reparti e per le condizioni di disagio in cui si trovano i pazienti ricoverati all’interno del presidio ospedaliero, costretti ad urinare nei bidoni.

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“Ci sono state molte situazioni strane, che hanno penalizzato l’organizzazione dell’ospedale, trasformato in presidio Covid pur senza averne le caratteristiche necessarie. Ancora oggi noi operatori camminiamo sul percorso Covid, perché non c’è stata un’adeguata differenziazione degli spazi. Questo è gravissimo. Nella promiscuità si diffonde il contagio”.

“Per non parlare della vicenda legata al macchinario per i tamponi. La macchina era stata ordinata, lo ha detto il Presidente Marsilio, si trovava però negli Stati Uniti. Il sindaco di Avezzano, poi, ha detto che non c’era stato alcun ordine del macchinario. Già questo presupposto sarebbe bastato per una denuncia alla Procura delle Repubblica, su interruzione di pubblico servizio. Non solo. Sarebbero dovuti venire gli ispettori sanitari in ospedale. Ma, sembra, che nessuno li abbia visti”.

Come si procede con i tamponi?

“Continuiamo a lavorare con una macchina che non rileva le basse cariche virali. Entrano pazienti che risultano negativi a un primo tampone e positivi a un secondo controllo. Così scoppiano i focolai nei reparti”, spiega il medico.

“Per l’analisi, i tamponi urgenti vengono fatti nel nostro Laboratorio, ma procediamo a rilento, perché abbiamo sempre avuto strumentazioni manuali. Per dirla in termini pratici, non possiamo infilare una grossa quantità di tamponi con il ‘vassoio’ – che si vede nelle foto – e poi attendere i risultati, come è possibile fare altrove: qui è tutto manuale. Quando finiscono reagenti o gli stessi tamponi sapete cosa facciamo? Parte un’ambulanza, due volte al giorno, destinazione L’Aquila e Teramo, per l’analisi. Quanto ci costa tutto questo? In termini economici, di tempistiche e di servizio reso ai pazienti?

“È facile – e lo è stato in passato – dirigere un’Azienda Sanitaria pensando solo ai bilanci. Il bilancio si salva non ordinando più alcun macchinario da settembre. Intanto, però, un ospedale deve andare avanti, figuratevi in piena pandemia”.

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Che cosa ha comportato la pandemia?

“I privati si sono chiusi dentro, tutelando la propria attività. Nel mentre l’ospedale di Avezzano è affondato ed è stato lasciato affondare. Basti pensare che ancora aspettiamo il famoso macchinario per processare i tamponi. È passata la prima ondata, c’è stata l’estate ed è passata, ma non ancora del tutto, anche la seconda ondata. Qualcuno ha visto il macchinario? Se lo avessimo avuto non sarebbe stato necessario riservare uno spazio dell’ospedale, già in tilt, all’area grigia“.

Invece, area grigia, appunto, e chiusura della Day Surgery. “L’ospedale è stato depauperato dei suoi servizi più importanti. Tanti parlano di crisi, di mancanza di posti letto, di attesa nelle tende. Il problema è alla base, sta tutto nell’organizzazione. C’è un piano dell’ospedale totalmente occupato dagli amministrativi in smart working. Che senso ha questa collocazione? Questo piano sarebbe potuto essere prezioso per ospitare gli ambulatori della Day Surgery, quali Allergologia, Diabetologia e Angiologia. I famosi servizi che si volevano spostare completamente a Pescina e che poi sono stati, di fatto, spostati solo per un giorno a settimana nella struttura pescinese, dopo la nostra sollevazione popolare“.

“Queste sono attività essenziali per l’ospedale! Se io, dottore, devo portare un paziente dopo la visita in sala operatoria, cosa faccio nel caso in cui necessitassi di una consulenza diabetologica o allergogologica? Chiamo un’ambulanza – che probabilmente in quel momento non sarà disponibile – e mando il paziente da Avezzano a Pescina? Un altro esempio è quello dei test allergologici pericolosi, alcuni di questi vanno svolti con un rianimatore accanto. Come si possono effettuare a Pescina?”.

“Chiudere la Day Surgery significa perdere, inoltre, tutti quei servizi che ad essa afferiscono. Penso a Ginecologia ed Ostetricia, in particolare alle interruzioni di gravidanza. Le pazienti che decidono di interrompere una gravidanza, spesso, chiedono che si garantisca il loro anonimato; attualmente invece questa attività è collocata nello stesso reparto delle partorienti. Lo spazio ora occupato dagli amministrativi in Smart Working sarebbe servito a tantissime esigenze come questa, ma tutti subiamo le conseguenze di un’organizzazione insensata”.

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Abbiamo meno di 40 posti tra tutte le chirurgie. Vascolare, generale, ortopedica, urologica… Perché? Perché i reparti sono stati chiusi, gli infermieri sono tutti nell’area Covid. Siamo un ospedale Covid in cui mancano addirittura i percorsi Covid. I soldi sono stati spesi per Pescara e L’Aquila, eppure ci ritroviamo con una tenda fuori dal Pronto Soccorso e reparti in cui non si lavora più, proprio a causa dell’emergenza. Qualcuno, un giorno, dovrà spiegarci perché. Perché siamo arrivati al punto in cui i pazienti oncologici rifiutano il ricovero, impauriti da ciò che vedono in televisione sul nostro ospedale”.

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