L'editoriale

Marsica, quando la crisi sanitaria travolge la politica

L'Abruzzo, catapultato in un nuovo lockdown di fatto, vede una Marsica più viola che rossa. Fra i sindaci, continua la gara a chi assegna prima colpe e responsabilità: ma c’è il rischio che il commissariamento sia la toppa più grande del buco.

Dal giallo al rosso in meno di due settimane. L’Abruzzo, catapultato in un nuovo lockdown di fatto, vede una Marsica più viola che rossa.

Tra le ambulanze in fila fuori dall’ospedale di Avezzano e una nuova tenda per dare respiro al Pronto Soccorso, il Parlamentino dei Sindaci marsicani continua a litigare anche senza la Asl in collegamento. Anche fuori da Castello Orsini. Botta e risposta al veleno, una gara a chi assegna prima colpe e responsabilità. A vincere, però, è la propaganda politica, del tutto fuori tempo e fuori luogo. Sono i numeri a dimostrarlo.

L’emanazione del Dpcm del 13 ottobre 2020 delegava alle autorità locali, Regioni e Comuni, la possibilità di organizzare eventuali restrizioni secondo il numero di contagi della propria zona. Il 16 ottobre in Abruzzo c’erano 5285 contagiati (dato progressivo), di cui positivi 2160, 3174 guariti, 491 i decessi.

Con il Dpcm del 24 ottobre il Governo ha fondamentalmente ripreso in mano le redini della pandemia, sfuggita nel frattempo dal controllo degli enti locali. Il 23 ottobre il dato settimanale della Regione Abruzzo recitava 7325 contagiati, di cui positivi 3529, 3293 guariti, 503 i decessi.

Con il Dpcm del 3 Novembre il Governo, su indicazione del Comitato tecnico scientifico, emanava i primi lockdown regionali a colori, indicando l’Abruzzo come Regione meno a rischio di altre, quindi giallo canarino. La regione Abruzzo, dal canto suo, il 30 ottobre segnalava 10.102 contagiati (dato progressivo), 5796 positivi, 3764 guariti, 542 i deceduti. Il doppio rispetto al 16 ottobre.

Mercoledì 11 novembre il Governo nazionale stabiliva che L’Abruzzo dovesse essere colorato arancio tendente al rosso. Il 10 novembre i contagi in Abruzzo erano saliti a 15888, con 10428 positivi, 4832 guariti, 628 i deceduti. Ovvero il triplo rispetto al 16 ottobre. Del totale positivi nella provincia dell’Aquila ci sono 4803 casi, 3106 in provincia di Chieti, 3534 in Provincia di Pescara, 4109 in provincia di Teramo. Pertanto la Provincia di L’Aquila, che ha circa 296.000 abitanti e il territorio più esteso della regione, con una densità approssimativa di 59 abitanti per km quadrato e 108 Comuni, ha il pessimo primato di essere la provincia più contagiosa e contagiata d’Abruzzo.

Di chi è la responsabilità? Non può essere certo di un Direttore Generale e di un Direttore Sanitario.

Le divulgazioni di arringhe elettorali attraverso i social, in chiave pandemica, servono molto a raccogliere voti, poco a risolvere problemi. I dati precedentemente elencati dimostrano che l’inefficacia dell’azione governativa a livello nazionale, unita all’inerzia degli operatori locali sul monitoraggio dei contagi, fa più danni della pandemia stessa. I dati della Provincia di L’Aquila sono spaventosi se confrontati anche a quelli di marzo/aprile. Il motivo non può essere solo ricercato sul rapporto tra tamponi effettuati e popolazione.

I sindaci della Provincia di L’Aquila e in particolare quelli marsicani perché non si preoccupavano ad agosto di quello che stava succedendo, viste le molte avvisaglie di quanto potesse accadere?

I sindaci marsicani dovrebbero sapere che il nosocomio di Avezzano necessita di 400 posti letto, in condizioni normali, mentre attualmente ne può offrire circa 200. Pertanto il tema della crisi pandemica può essere anche legato alle strutture sanitarie e agli ospedali, ma, se si conoscono i propri limiti si riesce meglio ad affrontare le questioni. L’unico modo per prepararsi ad affrontare la seconda ondata era quello di potenziare la medicina del territorio, tradotto i medici di base e i pronti soccorso. I medici di base sono o dovrebbero essere le vere sentinelle d’avamposto per governare il flusso dei malati in ospedale, per filtrare l’operato dei pronti soccorso e quindi per non affannarli.

I sindaci di Celano e Tagliacozzo – non parlo di quello di Avezzano, per il momento, perché è stato appena eletto – quante riunioni hanno fatto con i medici di base del proprio comune? Hanno per caso stanziato un budget per dotarli dei DPI e metterli nelle condizioni di visitare i propri pazienti di cui conoscono vita e miracoli? Se non è accaduto glielo proibiva qualcuno? E poi come hanno gestito l’afflusso di persone durante l’estate?

Il sindaco Santilli come ha organizzato la festa dei Santi Martiri?

Giovagnorio a Tagliacozzo, non soddisfatto del Festival di mezza estate, ha pensato anche di organizzare la discoteca in Piazza dell’Obelisco a ferragosto, che ormai sta diventando più ricorrente della Festa del Volto Santo (che lo scorso anno non si è svolta per la pandemia e che difficilmente si svolgerà nel 2021 per lo stesso problema).

Il sindaco del Comune di Rocca di Mezzo, bontà sua, ad agosto aveva messo l’obbligo delle mascherine a partire dalle 18:00. I Sindaci di Celano e Tagliacozzo?

Ora il primo grida che non è il momento di commissariare la ASL, il secondo arringa la folla chiedendo il commissariamento. Sarà perché il primo le elezioni le ha già vinte e il secondo deve affrontarle in primavera?

Agitare le acque più di quello che sono, non aiuta nessuno. Siamo già commissariati dall’Europa come Italia, dall’Italia come Regione, dalla Regione come Città. Sul Covid, almeno a livello locale, non si faccia la politica becera e si mettano da parte le crisi isteriche. Si trovino le migliori soluzioni.

Si chieda a Gianni di Pangrazio di non far fare la politica a Maria Teresa Colizza, ma di farle fare il manager. Perché c’è il rischio che il commissariamento sia la toppa più grande del buco.
D’altronde sebbene l’Italia è il paese delle Province che non esistono più, non pare una buona idea, in questa fase, pensare che la Marsica sia una provincia autonoma come Bolzano. Ci si poteva pensare forse, ma tempo addietro.