La vicenda

L’Aquila, insegnante in pensione anticipata perché donna: Ministero condannato al risarcimento

La Corte d'Appello dell'Aquila stabilisce il risarcimento pieno per un'insegnante di Avezzano, messa in pensionamento forzato nel 2015, poi reintegrata in servizio per "disparità di trattamento rispetto ai colleghi uomini".

Ministero condannato, la Corte dell’Aquila sancisce il risarcimento pieno per un’insegnante di Avezzano pensionata, perché donna, prima rispetto ai suoi colleghi uomini, con un’esigua anzianità di servizio.

Era stata messa in pensione con la Legge Fornero, sul presupposto che aveva maturato i requisiti per beneficiare, poiché donna, della pensione anticipata di vecchiaia: che per le donne si raggiunge a 61 anni di età, ma con almeno 20 anni di contributi. Una decisione, però, in cui si era ravvisata disparità di trattamento rispetto ai colleghi uomini. Motivo per il quale, in seguito, l’insegnante era stata reintegrata in servizio, dopo un anno di pensionamento forzato.

Ora la donna otterrà il risarcimento pieno, senza la detrazione degli emolumenti pensionistici percepiti nell’anno di pensionamento forzato.

Insegnante vince ricorso contro il Ministero: la vicenda

Si è conclusa nel migliore dei modi, per una docente marsicana, la vicenda giudiziaria cominciata cinque anni fa, quando gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, della CISL Scuola, hanno proposto ricorso per contestare il pensionamento di una professoressa di Scienze – in servizio presso l’Istituto Comprensivo “Mazzini-Fermi” di Avezzano – che vantava una esigua anzianità di servizio e desiderava permanere in servizio come i suoi colleghi uomini.

Braghini e lancia

Il Giudice del lavoro di Avezzano, sulla scia di precedenti pronunce, aveva accolto la domanda tesa all’accertamento dell’illegittimità del provvedimento del Dirigente Scolastico, con il quale era stato disposto il suo collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, a far data dal settembre 2016.

Questo in ragione del “compimento di 65 anni di età entro il 31 agosto 2016 e maturazione dei diritti previgenti il DL 201/2011 (61 anni di età e 15 (20) anni di anzianità al 31 dicembre 2011). Personale di sesso femminile”.

Scattato l’accertamento del diritto a permanere in servizio per un altro anno scolastico, sicuramente utile ad accrescere la base contributiva pensionistica.

Il Tribunale di Avezzano ha ritenuto sussistente la violazione del principio di non discriminazione, per effetto dell’applicazione dell’art. 24 del Decreto Legge n. 201/2011 (noto come Riforma pensionistica Monti-Fornero). In quanto la predetta norma – come sostenuto dai legali – “conduceva a risultati differenti fra uomini e donne, avendo riscontrato una disparità di trattamento con i colleghi uomini che, a parità di requisiti di età e di contributi, hanno potuto fruire del nuovo regime previdenziale (considerato più favorevole da quanti, come la ricorrente, avendo una contribuzione minima, hanno interesse a prolungare l’età pensionabile), precluso alle dipendenti di sesso femminile”.

Così è stata disapplicata tale disposizione.

Il provvedimento di disapplicazione della disposizione, però, seguendo i tempi della giustizia ordinaria, non consentiva alla professoressa il reintegro in servizio, ma le dava diritto al risarcimento del danno, pari a 12 mensilità relative all’anno scolastico in cui la stessa non aveva potuto svolgere l’attività lavorativa, con conseguente computo, ai fini pensionistici, dell’anno in cui era stata illegittimamente messa in pensione.

Il Giudice del lavoro di Avezzano, però, aveva dichiarato il diritto della docente a permanere in servizio fino al 31 agosto dell’anno successivo a quello del pensionamento forzoso, ma detraendo l’importo dei ratei pensionistici nel frattempo percepiti.

La differenza tra stipendio e pensione ridimensionava così consistentemente il valore del risarcimento pur riconosciuto dal Tribunale. Di qui il ricorso in appello, promosso dagli stessi avvocati della CISL Scuola, per chiedere il risarcimento di 12 mensilità, senza detrazione degli emolumenti della pensione.

La Corte d’Appello dell’Aquila, composta dalla Presidente Rita Sannite, dal Consigliere Ciro Marsella e dal magistrato Luigi Santini, che ha redatto la sentenza, ha ritenuto pienamente fondate le richieste azionate dai due legali.

È stato stabilito che la pensione è un diritto acquisito per il servizio prestato, che discende da un “titolo” diverso dal risarcimento del danno, correlato alla condotta discriminatoria dell’amministrazione per età e per genere. L’avvocato Salvatore Braghini della CISL Scuola, afferma che “nei casi di discriminazione di genere delle lavoratrici nella determinazione del limite ordinamentale per il collocamento d’ufficio in pensione, in contrasto con la Direttiva 2000/78/CE, il risarcimento deve essere pieno, in quanto strettamente correlato alla condotta illegittima del datore di lavoro, non potendosi detrarre importi che scaturiscono da altro diritto maturato”.

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