Poesia

Le nuove stanze della poesia, Alessandra Prospero

Alessandra Prospero: la poetessa, editrice e giornalista collaboratrice del Capoluogo, nelle parole di Valter Marcone per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia.

Il ritratto di Alessandra Prospero per l’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia a cura di Valter Marcone.

Alessandra Prospero è una poetessa, giornalista ed editrice aquilana, penna e collaboratrice del Capoluogo. Durante il lockdown ha curato la rubrica del giornale “Emergenza Poesia”.

Alessandra è un’appassionata lettrice da sempre, ha fatto dell’amore per i libri il suo mestiere e la sua missione. Infatti dopo gli studi classici prima e criminologici poi e dopo anni di esperienza come recensionista, giornalista ed editor, ha fondato la casa editrice Daimon Edizioni.

Giurata in innumerevoli concorsi letterari, è l’ideatrice del blog culturale ‘Poesia: femminile, singolare…’ (poesiafemminilesingolare.blogspot.com) e coordina insieme a Valter Marcone la Compagnia dei Poeti dell’Aquila dal 2016. È stata la prima donna Mc a condurre una finale regionale di Poetry slam nel centro sud. Oltre ad aver partecipato con i suoi testi a innumerevoli antologie, ha pubblicato quattro libri: – P.S. Post Sisma, Città del Sole edizioni, Reggio Calabria, 2012; – Ierousalem, GDS Edizioni, Vaprio d’Adda (MI), 2013; – Haikuimia (con Claudio Spinosa), Arkhè edizioni, L’Aquila, 2016; – Nel giardino di Hermes, Daimon Edizioni, L’Aquila, 2020.

NEL GIARDINO DI HERMES
Vero è che le ore scorrono,
il sole morde già
e i rumori invadono l’aria,
ma io sono come un orologio rotto,
fermo all’alba.
Nel silenzio delle cose
la tua pelle è come acqua inquieta:
viene alle dita.
Qui c’è molto degli albori di Te,
c’è Materia Celeste che corre veloce
verso quella zona del Sentire
che ci separa e ci contiene.
Qui trovo la Poesia della Sera,
quegli aromi che solo Tu sai ripescare dall’oblio.
E qui probabilmente assumo l’espressione
di quando un piccolo pensiero si stacca da me
e sfida le correnti pur di capire e sentire
perché Tu sei strumento umano trascendente al divino,
sincronico al mio esistere
annientato da nuova lava e lapilli di Profondità…
Unico Luogo possibile al mondo
sarebbe ora la Vicinanza a Te
in questo giardino di rossi papaveri d’ammirazione,
in questo susseguirsi di Eternità
in cui vivi.
Ora ti immagino volto al cielo della tua quiete,
tra poco ti raggiungerò.
Poesia vincitrice della prima edizione del Premio Letterario Milano International, sezione poesia inedita, 2017.

MIA SIGNORA
(alla mia città)
Di enorme mongolfiera
sospesa tra le ere
hai il respiro
e di fossile calcareo
hai l’odore acre,
mentre rassetti la balza
della tua veste mattoncina
e aggiungi nuovo metallo
a un busto deputato ad abbracciare
le tue convalescenze.
Il notturno estivo ti dà chiarore:
svela il tuo dono
e le tue intime ricchezze,
baciandoti travertino.
L’abbraccio arenario
è un corale formicaio umano,
curioso e assiepato
in cerca delle tue manifeste ferite e delle tue celate risorse.
Cercherò la tua resilienza in porfido
nel quotidiano.
Nel milllenario
ti stringerò ancora,
mia Signora

ANACRONISMO INDOLENTE

L’indolenza del non più credere
oramai mi appartiene,
relegandomi sterile
in una dimensione vuota
che non pietisce e non chiede,
non agogna e non crede.
L’anacronismo insito
mi ha condotto
a un compimento agnostico
di contemplante e refrattaria
stasi permeante.

“SED NON SATIATA”
Lasciar andare.
Cospargere l’anima d’oli essenziali
e attendere che ciò che essenziale non è
scivoli via.
Come i millenni spesi a cercare di cambiare
in nome di un dio dell’omologazione.
Per essere rosa tra le rose e lupo tra i lupi.
A uccidere me per non cambiare te.
Come quei caffè che si bevono
di fretta, bollenti, perché bisogna correre
– dove non si sa –
perché tu e la tua maledetta fretta
di non arrivare mai a nulla.
Come le rose mai curate
nel nostro giardino
e la rosa damascena
che, ignorata anch’essa,
ha ormai perso il suo potere lenitivo.
Per sempre.
Come una sporca sinestesia
buttata là, riuscita male
come una fiala d’anestesia
a ricordarmi di dimenticare
che nelle vene non è normale
il male, il male, il male,
il male che fai.
Narcotico l’afflato
di giorni smezzati,
scambiati e sprecati
che strisciavano dentro
come unghie su specchio,
come riflesso acqueo di Narciso
che altro non vede oltre il proprio naso.
L’ultima ragione sedata
“sed non satiata”
in un coma patetico
assenza di coscienza
mentre le tue dita scavano gelide
durante l’ultima ventilazione del cuore.
“Now you got me on your string…”

MI PIACI
Mi piaci
quando taci
e usi solo braccia
come ali rapaci
per i tuoi propositi così mordaci,
dai cenni precoci
e gli avvertimenti salaci.
Ai tuoi alibi mendaci
preferisco le strette pervicaci
che tolgono il respiro
come i tuoi colpevoli baci.
Colpevoli
di distrazioni loquaci
e amnesie efficaci,
di sviste procaci
e ritorni audaci.
Molto meglio quando taci
e stringi quest’amore
in incontri fugaci
e inseguimenti tenaci.
E così, mentre morbido
languidamente giaci,
riaffiorano alle tue labbra
argomentazioni assai vivaci
e io penso, in termini sempre più pugnaci,
che davvero, davvero mi piaci
quando…

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