Covid19 e bambini

Covid o influenza, tampone al primo sintomo per i bambini: “I pediatri applicano la legge”

Covid o influenza, difficile capirlo nei bambini, ma scatta il tampone anche se il naso cola. Per i pediatri le regole parlano chiaro. Ben vengano i test rapidi, ma non sono ancora disponibili nelle scuole: e con i tempi d'attesa lunghi per i tamponi, il caos è alle porte

Influenza o Coronavirus? Distinguerli nei bambini non è per niente facile. La certezza può darla solo il tampone, che i pediatri dovranno chiedere al primo sintomo sospetto.

Questo stabilisce la legge. Tempi di un tampone alla mano, però, il caos nei laboratori sembra essere dietro l’angolo. Quanti bambini dovranno fare il tampone? Tantissimi, se si considera l’elevata possibilità di un semplice raffreddore per queste fasce d’età.

Ogni bambino all’insorgere di un sintomo – che sia tosse, febbre al di sopra dei 37,5°, mal di gola – sarà sottoposto a tampone, su richiesta del proprio pediatra di famiglia. Il bambino ha il naso che cola? Se è a scuola deve tornare subito a casa, quindi va avvisato il suo pediatra, che provvederà a prescrivere il tampone. Una prassi chiara.

La prima conseguenza? I tempi si allungheranno notevolmente, rischiando di generare il caos, soprattutto nei laboratori pubblici delle Asl regionali.

Con prevedibili richieste in aumento anche per le strutture private autorizzate ad effettuare tamponi. Potrebbe alleggerire la situazione la decisione di consentire i test rapidi – come quelli che si effettuano in aeroporto: il Comitato tecnico scientifico due giorni fa ha dato il via libera alle indicazioni contenute nella circolare del ministero della Salute nella quale si parlava, tra l’altro, della possibilità di effettuare tamponi rapidi nelle scuole per la sola attività di screening in chiave di prevenzione anti-Covid. Ad ogni modo, non se ne parlerà prima di qualche settimana: il Commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri ha avviatoa la gara per cinque milioni di test rapidi.  E nel frattempo, il tampone rimane l’unica soluzione per sapere se un piccolo paziente, come in questo caso, ha contratto o no il Coronavirus.

Non si tratta di una decisione del Pediatra, ma di una disposizione. Anche per un banale raffreddore il pediatra dovrà richiedere il tampone, questo sia secondo quanto stabilito dalla Circolare dell’Istituto Superiore di Sanità – datata agosto 2020 – sia stando a quanto previsto dai protocolli regionali dell’Abruzzo”. Lo spiega alla redazione del Capoluogo la pediatra della Asl1, Marisa D’Andrea, segretario provinciale FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri).

Il pediatra non può non chiedere il tampone. Deve essere chiaro a tutti che qui non si sta parlando solo di affrontare un raffreddore in un bambino, poiché non abbaiamo alcun segno clinico tale da farci stabilire che quel semplice raffreddore sia o meno Covid. Per questo dobbiamo solo applicare la legge”. Un concetto che viene sottolineato dalla dottoressa D’Andrea, la quale ribadisce come la procedura sia “necessaria e stabilita dalle norme”.

Non sono mancate – e non mancano in questi giorni – le polemiche in merito a queste disposizioni, considerate da molti genitori troppo rigide, soprattutto con l’autunno in corso e l’attesa ondata influenzale. Quest’anno, però, anche il discorso influenza va rivisto, alla luce delle nuove necessità imposte dalla pandemia da Covid19.

Febbre, rinite, tosse, nausea e diarrea, vomito. Sintomi comuni, caratterizzanti anche le influenze stagionali, che non aiutano molto i pediatri nell’effettuare una diagnosi certa, ai tempi del Covid19. “L’unico segno che potrebbe orientarci nella diagnosi è la perdita di gusto e olfatto, ma il bambino non sa riferirla”.

L’attenzione dovrà essere massima, sia da parte dei genitori che da parte dei pediatri. Senza dimenticare che, sintomi a parte, c’è da prendere in considerazione l’eventualità che un bambino possa essere positivo, ma asintomatico o paucisintomatico. “Se questo bambino – con pochi sintomi ma positivo – viene mandato a scuola, possono attivarsi tantissime catene di contagio, rischiando di perdere il controllo della situazione”.

La fascia che preoccupa di più è quella dei bambini che frequentano scuole materne e asili nido, poiché già dalla scuole primarie si fa affidamento anche su una maggiore comprensione del rischio da parte dei giovanissimi studenti e sul fatto che abbiano appreso le principali norme anti-contagio, ad iniziare dall’importanza del distanziamento. Si consideri, poi, che alle primarie c’è l’obbligo della mascherina per qualsiasi spostamento, anche solo per andare in bagno.

L’obiettivo alla base delle disposizioni è principalmente uno: non fare entrare il Covid19 a scuola. Ecco perché i tamponi sui bambini al minimo sentore.

Come si riuscirà a non implodere sotto il peso delle crescenti richieste?

“Su questo, ovviamente, i pediatri non hanno alcun potere decisionale, né possono cambiare lo stato delle cose. Mi è stato chiesto da qualcuno perché non optare per il test rapido, ma questa è una domanda che non va fatta a noi. C’è comunque la possibilità che il test rapido potrà essere utilizzato su larga scala nel futuro prossimo, poiché sono in corso prove di validazione”.

Come pediatri applichiamo la procedura stabilita, non possiamo opporci alle norme per non intasare il sistema. Faremo il nostro dovere – conclude la dottoressa D’Andrea – mentre altri dovranno preoccuparsi di fare funzionare le cose, così come sono state predisposte. Posso dire che, al momento, tutti coloro che effettuano e realizzano tamponi e coloro i quali hanno il compito di controllare eventuali catene di contagio stanno facendo un ottimo lavoro. Speriamo la situazione non prenda pieghe preoccupanti”.

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