L'approfondimento

Roio Poggio, ecco dove vivevano i migranti

Condizioni igienico sanitarie al limite: le immagini del Capoluogo in esclusiva dalla struttura che ospitava i migranti a Roio. L'accoglienza e la tolleranza dei cittadini di Roio cozza con le pessime condizioni in cui versa la struttura

Non finisce su un gommone instabile la speranza di una vita migliore, per i molti migranti che arrivano nel nostro paese. Quella stessa speranza, però, forse si affievolisce tra le mura di spazi angusti, trascurati e abbandonati. L’esempio di Roio, nel video-documentario del Capoluogo.

Per anni alcuni migranti hanno vissuto all’interno di una grande palazzina a Roio, in via Palitti. Accettati e accolti dalla comunità aquilana di Roio, poi il trasferimento. Recentemente tutti loro sono stati spostati in un’altra struttura, a Sant’Elia.

Entrare negli spazi che accolgono i migranti non è possibile, Il Capoluogo raccoglie l’ennesima denuncia di “condizioni di indigenza” e vi porta in quella che è stata “la casa” dei migranti a Roio.

Blatte, spazi ristretti, pavimenti macchiati, sedie rotte, fornelli e gas da cucina e piano cottura completamente annerito, ricoperto di unto e grasso. È la fotografia della palazzina – trovata con le porte aperte – che ha ospitato numerosi migranti, quasi tutti uomini, prima che la scadenza di un contratto d’affitto comportasse il loro trasferimento a Sant’Elia.

Alcuni degli appartamenti dell’edificio sono stati già riconsegnati e quella mostrata nel video è la condizione degli interni.

Condizioni igienico-sanitarie al limite. Irregolarità individuabili e denunciabili ad un qualsiasi controllo del personale preposto. Se controlli ce ne sono stati, però, non è dato saperlo.

A Roio la palazzina comprende una struttura che si apre a ferro di cavallo, con una piazzetta nel mezzo.

Un edificio piuttosto grande, che si iscrive in una zona tappezzata di villette residenziali. La struttura, da un’estate all’altra, ha ospitato sempre persone differenti.

“Gli ospiti della palazzina non erano aggressivi, erano semplicemente isolati”, racconta al Capoluogo un residente di zona.

Spesso i migranti ospitati scendevano a L’Aquila e risalivano in bus. Altrimenti se ne stavano dentro o nei dintorni dell’edificio. Al massimo andavano a giocare al campetto di Roio“, spiega un altro residente ascoltato dalla nostra redazione.

Su una parete di uno degli appartamenti un disegno, con alcune scritte in arabo nella parte sottostante. Sì, perché tra gli ospiti, che si sono alternati periodicamente, c’è stata anche una famiglia con un bimbo. Il piccolo aveva stretto amicizia con alcuni bambini del posto, tanto da invitare uno di loro all’interno dell’abitazione, nel giorno del suo compleanno. È stato lo stesso bambino – un giovanissimo aquilano che ha parlato alla redazione del Capoluogo – tra i primi, a segnalare alla propria famiglia, e da lì ai residenti della zona, le condizioni in cui vivevano i migranti.

Lo sguardo di un bambino che ha visto e non si è voltato indietro: simbolo, forse, dell’unica forma di integrazione possibile, che in determinate condizioni possibile non è. 

Il Capoluogo ha fatto richiesta alla cooperativa sociale di poter entrare nella struttura di Sant’Elia, per documentare l’attuale situazione in cui vivono i migranti ospitati nella struttura.

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