Economia

L’Abruzzo sta perdendo la sfida nell’innovazione digitale

Innovazione digitale, l'Abruzzo non brilla. L'analisi dell'economista Piero Carducci.

Innovazione digitale, l’Abruzzo non brilla. L’analisi dell’economista Piero Carducci.

Il digital divide (divario digitale) indica la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi di informazione e comunicazione in alcune aree geografiche o fasce di popolazione e viene valutato sulla base di indici internazionali standard, come il DESI (Digital Economy and Society Index), elaborato dalla Commissione Europea. Il DESI valuta i paesi e le regioni europee per il proprio livello di digitalizzazione in relazione a quattro ambiti: Connettività, Capitale Umano, Diffusione ed uso dei servizi Internet, Servizi pubblici digitali.

L’Italia sta messa male: si colloca al venticinquesimo posto sulla totalità dei 28 paesi membri (lo studio è basato su dati 2019). E l’Abruzzo? L’Abruzzo sta meglio di alcune regioni del Sud (Basilicata, Molise e Calabria) e sta peggio di tutte le altre regioni italiane che, come abbiamo visto, già non brillano rispetto agli altri territori dell’Unione. Ad esempio, il 72% delle famiglie abruzzesi ha accesso a Internet, ma la media europea è 79%. Cresce anche l’accesso delle grandi imprese abruzzesi alla rete a banda larga, pari alla media nazionale (99%). Lo scenario cambia nettamente quando parliamo però di piccole imprese dove siamo fermi al 66%, contro il 77% della media italiana. E le aree interne come sempre sono ancora più indietro su tutti gli indicatori di penetrazione digitale. Le strategie regionali per le aree interne o non ci sono o non sono efficaci, ridurre il divario digitale e gli squilibri territoriali nella fruizione della rete doveva essere una delle principali sfide del governo regionale, come dichiarato nel Programma, ma i risultati ancora non si vedono.

In Abruzzo, rispetto a dieci anni orsono, c’è stato comunque un miglioramento dell’accesso alla rete e delle infrastrutture. Ma per fare cosa? Anche qui l’indice DESI è impietoso. L’utilizzo della rete è in verità un forte sottoutilizzo: l’Abruzzo è agli ultimi posti quanto a competenze alfabetiche, numeriche e digitali. I valori sono ampiamente inferiori alla media nazionale (soprattutto per le donne) e leggermente superiori nel complesso solo a quelli del Mezzogiorno.

L’Abruzzo è stato interessato solo marginalmente dall’impetuosa crescita negli applicativi della rete. La regione è sempre più arretrata culturalmente sulla società dell’informazione, a causa di una bassa diffusione di software, nonché di un evidente squilibrio tra aree urbane ed aree interne negli investimenti legati alle tecnologie digitali. Per non parlare della Pubblica Amministrazione locale, dove si continua a lavorare, con poche eccezioni, utilizzando appena i rudimenti della società digitale.

L’indice DESI sintetico colloca l’Abruzzo nella parte bassa della graduatoria italiana, in compagnia di Molise e Calabria. La Regione è debole sia dal punto di vista della dotazione delle infrastrutture di rete (troppi comuni delle aree interne soffrono di un servizio scadente di connettività), sia come utilizzo di nuovi servizi di comunicazione (e-business, e-government,  telemedicina, domotica, ecc.).

Si tratta di un ritardo strutturale gravissimo, poiché alla scarsa diffusione dell’ICT (tecnologie e servizi digitali) si accompagna un differenziale negativo di crescita della produttività in confronto all’eurozona. Conseguenze dell’erosione della produttività regionale sono una strutturale riduzione di competitività, delle quote nell’export e della capacità di attrazione di investimenti esteri diretti (dove l’Abruzzo occupa ahimé uno degli ultimi posti in Italia).

Continuare a sottovalutare l’importanza dell’ICT equivale a porre serie ipoteche sul futuro sviluppo della nostra Regione. L’intensa competizione sui costi, cui sono soggette le nostre imprese,  impone la  promozione di produzioni di elevata qualità e la diffusione accelerata dell’economia della conoscenza. La caratteristica distintiva delle economie che hanno espresso i migliori risultati negli ultimi anni è stata proprio l’innovazione digitale, elemento centrale di discontinuità rispetto al passato, capace di generare nuovo vantaggio competitivo e di conseguenza maggiore produttività e ricchezza.

Invece che strampalate iniziative di marketing territoriale, dovrebbe essere l’innovazione e la sua irrorazione nel sistema economico-sociale il fattore distintivo delle politiche regionali e della ripresa economica post-Covid.

Piero Carducci, economista