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“Poco più che d’estate”, il romanzo di Luisa di Maso che arriva al cuore

"Poco più che d'estate" è il romanzo di Luisa di Maso con la prefazione di Dacia Maraini. L'intervista all'autrice di Nando Giammarini.

Intervista a Luisa di Maso, autrice del romanzo “Poco più che d’estate”, di Nando Giammarini.

È ambientato a Ventotene il romanzo d’esordio di Luisa Di Maso. “Poco più che d’estate” già dalle prime pagine ti lega ai luoghi dell’isola pontina, alla natura selvaggia e incontaminata, agli odori rupestri ai colori del cielo e del mare.

Eppure, dichiara la Di Maso di essere stata a Ventotene due sole volte, ma di essere rimasta folgorata dalla bellezza dell’isola. Insegnante, logopedista, scrittrice di libri per l’infanzia e didattici, ideatrice dei premi letterari Speciale donna e Speciale infanzia – cui partecipano poeti e scrittori abruzzesi,autrice di commedie, Luisa Di Maso è una donna vitale e apparentemente fragile. Con la sua associazione, M.A.R.E.L., di cui è presidente, conduce numerose attività di informazione e sensibilizzazione per i diritti delle donne e dell’infanzia.

Forte dell’amicizia a mi lega a lei e sua madre, Livia De Pietro – altra grande donna di cultura nonché critica letteraria che, quando le chiesi di presentare in Campidoglio ” Gigli della Memoria”,  una narrazione collettiva a cura della scrittrice e poetessa aquilana Patrizia Tocci non esitò neanche un attimo – Le rivolgo la prima domanda.

Ma dove lo trova il tempo per scrivere?

“È una domanda che mi pongono in molti. Scrivo nei ritagli di tempo, quando ne sento la necessità. Quando ho un’idea solida che incombe nella mia testa, qualsiasi cosa sto facendo la interrompo per appuntare il pensiero. Scrivo la sera, per fortuna ho due figli grandi che non mi fanno sentire in colpa per il tempo che dedico alla scrittura. Di solito quando la storia ha preso piede non ho cognizione del tempo che passa, posso anche dimenticare di pranzare, se sono sola scrivo a oltranza. È nei mesi estivi però che mi do da fare maggiormente”. 

Quindi questo romanzo è stato portato a compimento l’estate scorsa?

“Esattamente. Poco più che d’estate è romanzo breve e intenso. Ciò che colpisce immediatamente è la scelta della voce narrante: un giovane uomo che racconta l’estate dei suoi quattordici anni. Quanto è difficile dare voce a un uomo che parla in prima persona e da subito, già dalla seconda pagina del romanzo, si rievoca all’età di quattordici anni e nel raccontarsi usa il linguaggio di un adolescente?. Non è stato difficile. Da insegnante, madre di un ragazzo di diciassette anni, zia di nipoti anche maschi, ho la possibilità di indagare l’animo, ma soprattutto il linguaggio dei maschietti. Parlano poco di solito a quell’età, ma hanno un mondo interiore ricco e, se si riesce a fare breccia, si aprono senza schermi”. 

A proposito di figli, leggo nella pagina dei ringraziamenti A mio figlio Alessio perché so che prima o poi leggerà un mio libro invece di sua figlia A Silvia attenta ascoltatrice delle mie storie. Quale differenza c’è, se c’è, tra lettori maschi e lettrici femmine.

“È risaputo, non sono io a dirlo, che le donne leggono di più, così come sono le donne a essere assidue frequentatrici dei teatri. Credo perché ci sia ancora una forte cultura di genere che educa i maschi sin da piccoli a coltivare abilità manuali, pratiche a esercitare la forza, la prestanza, il movimento. Le femmine sono avviate sin da piccole a passatempi più tranquilli. Poi c’è l’esempio dato in casa. Io devo ammettere che a mia figlia ho dato più opportunità di ascolto che a mio figlio. Nel senso che a lei leggevo storie prima che si addormentasse, la portavo a teatro, vedevamo gli spettacoli degli Accettella la domenica e non solo. Col secondogenito non è stato possibile tutto questo, ma solo per questioni di tempo”. 

Lei ha una prefazione prestigiosa, la firma è di Dacia Maraini, spesso a Pescasseroli, nella nostra cara e amata regione Abruzzo, come la conosce?

“Conosco la signora Maraini perché è spesso ospite alle cerimonie di premiazione dei concorsi letterari della mia associazione. Ha accettato di leggere il mio manoscritto e dopo qualche giorno mi è arrivata la prefazione, inaspettata e ovviamente molto gradita”. 

Andrà a Ventotene per una presentazione?

“Vorrei, ci spero. Anche se adesso, in tempo di covid, è difficile programmare qualsiasi cosa; viviamo alla giornata.
Tornando al romanzo, scritto con uno stile semplice e asciutto, in cui i personaggi giovani e anziani, uomini e donne così ben delineati danno vita a uno spaccato di vita familiare nell’ormai lontano 2003, le chiedo: si ispira a qualcuno quando scrive?
Sono un’attenta osservatrice, solitamente parlo poco, ma ascolto, guardo e, senza volerlo, catturo e conservo la mimica, la gestualità, la voce delle persone che incontro ed è come se si creasse nella mia testa una specie di magazzino delle caratteristiche delle persone, anche se poi col tempo non so ricondurre queste particolarità alle persone che ho incontrato nella mia vita. Ma a romanzo concluso mi sono resa conto che il personaggio di Carmela, sfrontata, determinata, ribelle, una vera scugnizza somiglia molto caratterialmente e fisicamente a una mia ex alunna di nome Arianna, ormai ventenne, a come era allora. È raro però che io riesca ad associare i miei personaggi a persone reali”. 

Lei scrive anche per il teatro, suoi molti testi di successo andati in scena a Roma in teatri, scuole, rassegne estive che affrontano con stile garbato, ironico e privo di moralismi temi sociali e di attualità. A quando il prossimo lavoro?

“Vorrei riprendere e portare in scena un lavoro di qualche anno fa: Camera con svista che ebbe la partecipazione di un’attrice formidabile: Lucrezia Valia. Un testo che secondo me merita di essere divulgato sia per il tema trattato, ovvero il pregiudizio mascherato e smascherato quando la vita ci mette di fronte a situazioni imprevedibili, sia perché ci sono particolarmente affezionata poiché è stata la mia prima commedia da autrice e regista”.

Grazie infinite , buona estate Professoressa De Maso