L'estate in montagna

Gran Sasso, è assalto nei weekend: tanti turisti ma pochi servizi

Gran Sasso da sold out nell'estate post Covid. "Un ritorno alla montagna", lo definiscono gli esperti, eppure c'è un grosso "Ma". I turisti crescono, mentre i servizi restano sempre gli stessi.

Gran Sasso da sold out nell’estate post Covid. “Un ritorno alla montagna”, lo definiscono gli esperti, eppure c’è un grosso “Ma”. I turisti crescono, mentre i servizi restano sempre gli stessi.

Il Gran Sasso fa il pieno nel weekend, non una novità nell’estate 2020 post coronavirus. La montagna “Covid free”: per gli appassionati e per quanti scelgono di rilassarsi ad alta quota.

turismo gran sasso

Le mete montane dell’aquilano, però, continuano ad essere inevitabilmente penalizzate dalla carenza di infrastrutture e servizi. Una criticità sottolineata dal direttore della scuola di sci Assergi Gran Sasso, Luigi Faccia, ascoltato dalla redazione del capoluogo.it.

“È il tempo del ritorno alla montagna. A L’Aquila dovremmo partire dalla fortuna di avere non solo un territorio ricchissimo, da un punto di vista naturalistico e ambientale, ma addirittura un brand territoriale. Il Gran Sasso è ormai conosciuto ovunque, che sia in Italia o in Europa. In questo momento delicato, poi, poter trascorrere momenti tranquilli, lontani dalle folle delle città turistiche, offre quella serenità di cui c’è assoluto bisogno”.

Nonostante tutto e nonostante i numerosissimi visitatori accorsi anche ieri sulla Direttissima, la lista dei problemi è lunga. “Nei weekend registriamo grossi afflussi, ma tutti disordinati. Accade, ad esempio, che arrivino 10mila persone a Campo Imperatore ma non abbiamo servizi da offrire. Non c’è un ufficio polifunzionale, come in tutte le stazioni turistiche. Non c’è un ufficio delle Guide Alpine. Non ci sono servizi che offrano possibilità d’aiuto nella gestione stessa dell’afflusso turistico”.

Servizi che, magari, renderebbero meno pesante – per molti – il costo del parcheggio dell’auto di 5 euro, per salire su a Campo Imperatore. Che sia per un’ora o per l’intera giornata. Può essere, allora, l’estate post Covid il momento della svolta? Difficile se la situazione resta quella, ormai cronica, di uno stallo senza fine.

Continua il direttore Luigi Faccia, “Bisogna avere il coraggio di strutturare una zona già antropizzata. L’uomo c’era già, ben prima che arrivassero le direttive europee, con i vincoli di natura ambientale. Solo quando la zona sarà strutturata si potrà regolamentare il flusso. Ad oggi ogni turista fa come vuole. Si vanificano gli sforzi profusi dai dipendenti del Centro Turistico del Gran Sasso, che stanno facendo di tutto per gestire i visitatori. Ma se mancano le strutture, i negozi, i centri di informazione, come accogliamo la gente?”.

Un turismo limitato, quindi, ma anche ‘indisciplinato’. “L’organizzazione può darla solo l’uomo, ma il Gran Sasso, che potrebbe essere il futuro dell’Aquila e di tutto il territorio,  continua a rimanere indietro. La politica non ha ancora compreso che la nostra montagna può diventare la fortuna di molti. Infrastrutturare – e attenzione, ciò non vuol dire cementificare, non ho mai parlato di costruire alberghi – sarebbe la soluzione per un duplice progresso: ci sarebbero lavoro e sviluppo turistico controllato. Se, invece, continuiamo così, apriamo la strada al ‘Massacro a Fort Apache’. Ognuno fa come vuole della nostra montagna e ci limitiamo a guardare territori sviluppati, perché lì sono stati più bravi di noi”.

“Dobbiamo capire – conclude Luigi Faccia – che ci sono limiti a tutto. Cementificare non va bene, così come non va bene far sì che le baraonde di turisti siano lasciate a se stessi, incontrollate. Il cervo che passa tra i turisti intorno al lago di Barrea è l’esempio di come natura e uomini possano convivere. Se prima, però, non c’è strutturazione del territorio, parlare di sviluppo è inutile e impossibile”.

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