Cronaca

#RAVV, ristoratori aquilani occupano le rotatorie

Entra nel vivo la protesta di alcuni ristoratori aquilani che hanno occupato le rotatorie della città con tavoli e sedie. #RAVV #GAMEOVER.

I ristoratori aquilani, fiaccati dalle lunghe chiusure del lockdown e dalle misure restrittive imposte dall’emergenza Covid, questa mattina hanno occupato le rotatorie della città.

occupazione rotatorie

Un gesto simbolico e di protesta per la sospensione delle attività e quindi degli incassi: ma non delle spese. Un gesto fatto quasi a voler rimarcare la presenza sul territorio, a segnalare le difficoltà di chi, “portatore sano di partita Iva”, non sa come fare in questa tanto agognata “ripartenza”.

L’occupazione arriva dopo una settimana di incontri virtuali tra i ristoratori aquilani che si sono confrontati su Whatsapp prima di agire.

In molti hanno deciso di non aderire, anche perché, secondo alcuni, le regole imposte dall’ordinanza regionale e che stabiliscono un metro di distanza tra i tavoli non vanno a inficiare o a penalizzare i loro locali.

I limiti e le ristrettezze imposte per la sicurezza sanitaria, invece, per alcuni ristoratori sono il colpo di grazia perché vanno ad incidere su impegni economici presi su valutazioni e business plan pre Covid.

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L’occupazione delle rotatorie da parte dei ristoratori è iniziata alle 10 e terminerà in serata.

Sulla rotatoria scelta o assegnata l’attività ha posizionato almeno un tavolo coperto da una tovaglia e due sedie poggiate sopra.

ravv protesta rotatorie occupate

Ben visibile dalla strada, magari sul dorso della sedia, è stata applicata una scritta stampata su un foglio rigido riportante #RAVV (ristoratori aquilani vs virus) e #GAMEOVER.

Ristoratori aquilani vs virus: Marco Gramenzi

Marco Gramenzi è tra gli organizzatori dell’occupazione delle rotatorie, titolare del locale Monthy’s e La vita bella pizzeria/ristorante.

“Noi manifestiamo soprattutto per farci sentire dallo Stato. Ripartire in queste condizioni per molti sarà difficile. Abbiamo bisogno di aiuti concreti: se le spese rimangono le stesse saranno insostenibili. Assolutamente non critichiamo la scelta operata con l’ultima ordinanza regionale e che riguarda i nostri locali di distanziare di un metro perchè, ovviamente, l’emergenza sanitaria e la sicurezza vanno al primo posto. Anche perchè vale anche per noi che lavoriamo e dobbiamo stare tranquilli”, spiega Gramenzi al Capoluogo.

“Però ne facciamo una questione economica, di utilità. Parliamo di 2 mesi di fatturato persi ai quali si aggiungono gli affitti, i pagamenti di bollette, utenze, fornitori, anche se qualcuno è stato disponibile e ci è venuto incontro”.

Ha aderito all’iniziativa anche Luca Ciuffetelli del Bar del Corso, tra i tanti a investire e credere nel centro storico dell’Aquila, fiaccato come molti colleghi dalle difficoltà post sisma, dallo spopolamento conseguente agli altri terremoti del 2016 e del 2017.

“Ho partecipato principalmente per una questione di solidarietà per noi aquilani che già da 11 anni portiamo un fardello pesante e fatto di problematiche legate al post sisma”, spiega Luca Ciuffettelli al microfono del Capoluogo.

“Viviamo una realtà adesso, in una situazione di emergenza che nessuno poteva immaginare, fatta di dipendenti che ancora non prendono la cassa integrazione. In tanti ancora aspettano. Si parla di fondo perduto ma le informazioni ancora sono poco chiare  e non ci sentiamo tutelati a sufficienza, anche perché affitti e utenze è impossibile pagarli non avendo incassato”.
“La questione affitti è quella più importante: per il fitto d’azienda riconoscono solo il 30 per cento come credito d’imposta. È assurdo, in questi modo molti rischiano di non poter riaprire”.

“Come si fa a non capire che senza una fonte di reddito una categoria come quella dei ristoratori abbia difficoltà nel campare?” Omar Bologna, titolare del ristorante Casa Bologna.

“Logicamente manifestiamo per tutte le regole restrittive che interessano il nostro settore. In questo momento abbiamo un carico importantissimo: siamo stati chiusi due mesi e rischiamo anche penalmente qualora uno dei nostri dipendenti dovesse contrarre il Coronavirus sul posto di lavoro. Invece di aiutarci minacciano denunce penali! Non solo non sappiamo come fare per tirarci fuori da questa situazione di emergenza e andare avanti con tanti sforzi e sacrificio, ci levano anche la tranquillità!”: è lo sfogo di Omar Bologna, sentito dal Capoluogo.

“Quindi invece di fare i ristoratori, dobbiamo fare i vigili dei nostri dipendenti, che magari possono contrarre il virus fuori e portarlo dentro il ristorante. I 600 euro promessi non sono arrivati quasi a nessuno. Non sappiamo come riaprire e per qualcuno, a quanto pare, conviene anche rimanere chiusi per non perdere ancora di più”.

“Per quanto riguarda il nostro locale, già viviamo una situazione diversa, una realtà fatta di un forte spopolamento ancora conseguente al sisma. Oltre alle difficoltà che avevamo, ci dobbiamo scontrare con una realtà che ci ha trovato impreparati. Chi poteva mai immaginarlo?”

“Già fino al pre Covid lavoravamo per 4 e guadagnavamo per 1, per difendere così gli investimenti. Che altro possiamo fare per sopravvivere? Adesso questo è il nocciolo: la sopravvivenza! In questi mesi è arrivato di tutto: utenze, Inps, affitti… tutti pagamenti che hanno trovato in molti casi casse vuote. Perchè noi, portatori di partiva Iva, non abbiamo le riserve auree o la cava di denari… Per giudicare bisogna trovarsi in quelle condizioni”.

Questa l’organizzazione delle rotatorie:

Scelte libere sia per vicinanza o per scelta.

Fontana Luminosa Lo Scalco / corridore / corso stretto / il vicoletto / bar del corso / Rigoletto bistrò
Via Roma/via Vicentini la Caja / L’unico posto/ Pizzaricca / bar rotonda
Questura/Torrione crazy / rokers / Mimmi / Cristian bar / pecora nera / Donna Zelinda
via Crispi/C.so Federico il tavernacolo / Grotta di Aligi/Caffè la Villa
Ospedale– Amnesia / La vita è Bella / aquerello / Villa le marine / pizzeria Etna
Finanza/Amiternum acquarium/ capitan rencricca / borgo Santa Mirella / la botte
Coop Scoppito. MASSARI / La Brace / NOAL/ Il Boscaiolo / bar di tommaso / la cascina per un sogno
Genzano il querceto / illevon / la cerella /lincosta / fashion caffè / pub sassa scalo
Aquilone roll bar / la quintana / Arnolds / patatina / ferro e fuoco
Spaziani Giardini Vetoio / 910 / antica Roma / bar moda
Gignano/Cimitero Birreria gran sasso / Lola Pizza
Superstrada Bazzano Le Fiaccole / La Radice / i 5 Legumi / short bus / silvestro’s irish pub / sapori & dintorni.
Paganica Casa Bologna / Parco dei Pini / peschereccio / primo papavero / bar il glicine / fratelli io bacaro
Rotatoria Barbarossa Mastro caffè / smile / farina del mio sacco / peste e corna / passaparola / t bone

Coronavirus: lockdown e protesta ristoratori, intervento del sindaco Biondi

“In questi ultimi due mesi abbiamo immagazzinato nella nostra testa fotografie di strade vuote, principalmente da un balcone, sparute solitudini a passeggio con i propri cani, saracinesche abbassate. Suoni come gli audio registrati dei vigili, rombi d’auto in lontananza”.

D’improvviso il mantra ‘io resto a casa’ viene meno e c’imponiamo uno scatto di reni. Le immagini non riusciamo più a catalogarle. Certe scene ci appaiono inverosimili. Se vediamo persone in giro, ci sembra sempre che siano troppe e la prima domanda che ci facciamo è: ma quei due così vicini, saranno congiunti?”.

“Adesso ricominciamo a vivere e non lo facciamo con spensieratezza. Dopo le massicce dosi di costrizione, siamo inondati di massicce dosi di libertà sicura. Ma a queste non corrispondono le regole che sono imposte alle categorie commerciali. Eravamo abituati alla convivialità, eravamo abituati ad assieparci ai cancelli dello stadio per la partita, ad ammassarci per un concerto. Oggi, da una parte ci dicono che possiamo tornare a mangiare una pizza fuori, possiamo ricominciare a cenare con gli amici, e dall’altra ci inquietano con plexiglass, distanze. Quelle che ci ammazzeranno se non saremo bravi, con l’insegnamento ricevuto e patito, a leggere e applicare nel modo giusto”.

Le proteste, sacrosante, dei nostri ristoratori sono un’altra fotografia: lo Stato che da una parte tende la mano e dall’altra – per far presto? Per eccesso di prudenza? – la ritrae. Uno Stato che ci chiede responsabilità, ma poi avoca a sé il modo in cui praticarla”.

“Combattiamo insieme la povertà, ma non la ricchezza, per estremizzare. Come a dire che bene il sostegno, ma non ce lo fate pagare salato questo conto. Ai nostri piccoli imprenditori in ripartenza dobbiamo offrire la libertà di strutturare un servizio di cui le persone sapranno valutare efficienza e sicurezza, la libertà di fare impresa senza essere schiacciati dalla burocrazia, la libertà di muoversi con intelligenza in regole per cui ciascuno di noi si fa responsabile controllore”.

“Dal 18 maggio, non servono solo nuove regole per il contrasto, ma nuove regole verso la vita”.

“L’etica della responsabilità deve superare la paura di cui rischiamo di diventare schiavi, alimentando i prodromi di una emergenza economica che già oggi ha confini mondiali e pochi eguali nella storia. E non farà distinzioni, neanche questa”.

Mettiamo mano agli archivi della nostra testa: le foto silenziose appartengono al passato. Dovremo solo essere bravi a salvare noi stessi con quello che negli ultimi due mesi abbiamo imparato. Igiene, rispetto della distanza sociale. Non possiamo consentire che il virus, dopo aver ucciso le persone, uccida l’economia, la cultura, le città, le comunità. Non può consentirlo lo Stato, non possiamo consentirlo noi”.

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