La crisi oltre il confine

Coronavirus, l’asse Italia-Germania: quei numeri uguali

13mila casi al giorno: la Germania presenta gli stessi casi che presentava l'Italia 10 giorni fa. L'analisi e la testimonianza di un'analista, ex dirigente Fao, per Il Capoluogo.

Al di là delle Alpi, la coda dell’inverno tedesco si scalda sulle note di Bella Ciao, la canzone della resistenza, per solidarietà agli italiani. Intanto il coronavirus si avvicina, al ritmo di 13mila casi al giorno. “Una storia già vista in Italia, dove poco più di 10 giorni fa abbiamo contato gli stessi numeri”.

Il Capoluogo raccoglie la testimonianza e l’analisi di un’ex Dirigente Fao, esperta nell’analisi dei dati. Di origini tedesche e a Roma dagli anni ’70, “perché qui ho trovato l’amore“, l’analista ha elaborato un rapporto sui contagi ufficialmente registrati nei due Paesi su un file Excel, attingendo i numeri solo da fonti ufficiali. Uno studio, il suo, che ha riempito i suoi giorni di quarantena nella casa di Roma.

L’emergenza ripropone un asse comune, anche stavolta nel mezzo di una ‘guerra’ ma sanitaria. L’asse è segnato da un filo invisibile all’apparenza, ma netto e pesante se si guardano i dati ufficiali di un’epidemia, ormai, arrivata ovunque. Oltre 12mila casi in Germania registrati il 19 marzo. Oltre 12mila casi registrati in Italia l’11 marzo.

Se sarà soltanto una coincidenza lo diranno i prossimi giorni, ma ad oggi “i numeri combaciano alla perfezione“, ci spiega l’analista, recentemente colpita in prima persona da quella che, all’inizio, sembrava ‘solo un’influenza’. Dal nascere dell’emergenza, infatti, la testimone del Capoluogo è rimasta orfana di sua cugina, forse deceduta a soli 50 anni anche a causa del contagio da coronavirus. Il forse è d’obbligo, tuttavia, poiché la causa ufficiale di morte per le autorità tedesche, al momento, resta quella della polmonite.

Coronavirus, la Germania guarda all’Italia: ma senza paura

Dal cuore metà tedesco e metà italiano, l’ex dirigente Fao si tiene informata costantemente sulla situazione in Germania. Il pensiero vola a casa sua, alla sua famiglia, ai suoi amici e ai suoi conoscenti.

Li sento quotidianamente e gli ripeto di restare a casa, perché il coronavirus è arrivato anche da loro. Non si può far finta di niente. Eppure non vedo in loro la giusta apprensione. Sono tranquilli, temo stiano sottovalutando un virus che ha già ampiamente dimostrato di avere un alto rischio di contagio. Anche in virtù della velocità attraverso la quale riesce ad espandersi”. 

La sicurezza tedesca, però, inizia a scontrarsi con le misure restrittive che sta adottando il Paese. “Misure come queste non ci sono mai state in Germania”, ha affermato perentoriamente la cancelliera Angela Merkel. Si sta cominciando a respirare il clima di un’emergenza nazionale.

Un qualcosa che, fino a qualche giorno fa, sembrava inimmaginabile. È come se l’epidemia fosse arrivata all’improvviso e troppi cittadini stentino a rendersene conto. ‘Siamo tranquilli, qui gli ospedali sono buoni’. Mi ripetono questa frase: invano tento di spiegare che gli ospedali sono ottimi anche in Italia, ma il virus non si ferma dinanzi ai bravi dottori”. 

Una tranquillità che risuona nelle note dell’inno alla resistenza, il Bella Ciao tutto italiano, cantato da chi ha una storia simile a quella di chi ci parla. Un cuore rivolto all’Italia, che ha le radici nella nella Baviera, a Bamberg. Dove solo due giorni fa si cantava così. Per l’Italia e per gli italiani affacciati dai balconi.

Coronavirus, la Germania come l’Italia

Nella Germania che ha chiuso le scuole e ridotto gli orari delle attività ristorative, si fanno i conti con ordinanze e misure, ancora, a macchia di leopardo.

Ogni Land (stato federale ndr) ha deciso di adottare i suoi provvedimenti. Le misure più restrittive, per ora, sono quelle scelte in Baviera. Mentre il maggior numero di casi si registra in Westfalia, non a caso l’area più popolata dell’intera Germania. Finora sono, comunque, pochi i casi di miei conoscenti che hanno deciso di essere cauti e di prevenire il rischio contagio restando in casa. L’esempio assoluto di prudenza è quello della mia matrigna: 90 anni. Da un mese, quindi da ben prima che si avesse il sentore dell’emergenza, è chiusa in casa. I suoi familiari le portano farmaci e viveri, lasciandoli per le scale della sua abitazione”. 

E pensare che l’emergenza sembrava scongiurata.

L’ultima volta che sono stata in Germania è stata lo scorso gennaio. La situazione era sotto controllo. Come qui in Italia. Era il periodo in cui si era registrato in terra tedesca il primo contagio: positiva era risultata una donna cinese venuta in Europa per un seminario. Furono isolate tutte le 14 persone che avevano preso parte al seminario e il caso si risolse in breve. La velocità con cui si è passati dalla normalità all’emergenza è stata, anche in questo caso, simile all’Italia. Per questo il mio pensiero, ora, va soprattutto a loro. Rinunciare alla normalità è un caro prezzo da pagare, ma anche solo l’azione di una singola persona può salvaguardare milioni di vite“. 

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