Emergenza coronavirus

Coronavirus, Bergamo chiama L’Aquila

Il grido di Domenico Filieri in quarantena da giorni a Bergamo, L’Aquila non si può permettere anche questa sciagura. Noi abbiamo sottovalutato la situazione.

Coronavirus, Bergamo chiama L’Aquila: non fate i nostri stessi errori

Il virus non ha gambe, le gambe gliele forniamo noi! Esso si muove solo se ci muoviamo noi! Fermate la diffusione!

L’Aquila e Bergamo due città unite da un  gemellaggio col cuore.
La nostra città, la nostra gente, il nostro cuore è  legata a Bergamo non da un filo sottile, ma da uno speciale doppio cordone ombelicale che, dopo il terremoto ha nutrito due fratelli per molti mesi, per molti anni. Questo continuo scambio di affetto, di coraggio, di tifo rugbistico/calcistico continua ancora.

Questa vicinanza, questa simbiosi, questo reciproco affetto tra le nostre genti, cerchiamo di renderlo interattivo e coinvolgente in questa appassionata intervista.

Il Capoluogo è entrato a Bergamo, in casa di Domenico Filieri autoquarantena da Coronavirus ormai da giorni.
Abbiamo intervistato Domenico Filieri, per metà aquilano e per metà bergamasco. Domenico vive in centro a Bergamo Bassa, con la moglie Piera, in un condominio dove abita anche sua figlia Francesca, con suo marito Stefano ed Elisa, di 14 anni. Da molti giorni hanno scelto di non uscire di casa, per loro salvaguardia, e di non mettere letteralmente il naso fuori dalla porta.

Coronavirus, gli Aquilani non possono permettersi anche questa sciagura

Domenico è sempre tornato in vacanza a L’Aquila, a Vallecupa di Fagnano Alto più precisamente, sin da quando era bambino, ha vissuto il dolore della sua terra ferita ed ha seguito con apprensione la ricostruzione post sisma degli ultimi dieci anni.

Si sente subito, fin dalle prime battute che Domenico è una persona molto colta e preparata, con una grande esperienza di vita alle spalle, ma dalle sue parole si evince anche la preoccupazione relativa ad una situazione fuori dal comune, inimmaginabile fino a qualche giorno prima: ” Mai mi sarei aspettato di dover vivere questo incubo. Gli abruzzesi sono ancora in tempo per evitare di ripetere gli stessi nostri errori. Non sottovalutate la situazione”.

Preoccupazione,  non angoscia quella di Domenico che prosegue: “Viviamo qui a Bergamo nella acquisita consapevolezza che la situazione è sfuggita di mano al governo e che, bisognava tenere in ben altra considerazione l’enorme spiegamento di forze e mezzi che i cinesi avevano messo in campo.
Quando poi l’epidemia è arrivata qui, era troppo tardi e ci ha travolto con la velocità di uno tsunami. L’ospedale di Alzano è stato subito inondato da un flusso inaspettato di malati che, i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari credo abbiano trattato con una certa inconsapevolezza e senza adeguati mezzi di prevenzione, del resto erano i primi casi e in molti ancora pensavano si trattasse solo di influenza, visto il contestuale periodo invernale.
Da lì, purtroppo, è partito un ampio focolaio che poi si è rapidamente propagato in tutta la zona”. Domenico racconta con precisione e dettagli una situazione inizialmente sfuggita al controllo, presa troppo sottogamba, poi analizza la tragedia che ne era semplicemente l’ovvia conseguenza: “Ora contiamo i morti, siamo la città più colpita in percentuale sul numero della popolazione, ieri tutti abbiamo assistito all’impotenza dell’emergeza di fronte al così elevato numero di decessi, non si potevano nemmeno cremare tutti a Bergamo e una lunga fila di camion militari li ha trasferiti a Modena e Bologna”.
Domenico Filieri è un fiume di parole e si scusa anche per la sua prolissità, ma ha la voglia e l’energia di trasmettere agli altri e a noi soprattutto, suoi compaesani, la sua preoccupazione per una pandemia che, se non arginata in fretta potrebbe non finire mai.

“Il virus non ha gambe, le gambe gliele forniamo noi! Esso si muove solo se ci muoviamo noi!”

Continua dicendomi che questa frase l’ha sentita proprio ieri in televisione da un virologo famoso, che gli è rimasta dentro e gli risuona ogni giorno come un monito. “Il virus non ha gambe, ma si sposta con quelle del suo ospite, veloce, aggressivo, maligno e può andare molto lontano se non lo fermiamo. Si finché noi non lo fermiamo, perché siamo noi i principali artefici del nostro futuro,  siamo noi che adesso dobbiamo sconfiggere questa terribile minaccia e  l’unico modo per farlo è fermarci, perché se ci fermiamo, Lui non può più muoversi, se ci fermiamo Lui non può più né avanzare né colpire”.

Domenico si immerge nel racconto e ci trasmette innumerevoli sensazioni, parla della sua vita e dei suoi ricordi, dalle chiacchiere con gli amici, alle passeggiate per andare in centro città, che è poco distante, delle sue passioni e della allegria delle cene con i cari, di sua figlia Francesca, che ormai saluta solo dal balcone, di sua nipote Elisa.

Ne parla come se fossero ricordi lontani, come un uomo che parla di eventi distanti nel tempo, perché il tempo ora rallenta, si dilata e i giorni lenti ne allungano le ore, così uguali, dormienti, giorni che passano invano, in una spasmodica attesa di una nuova alba.

“Facciamo le stesse cose più e più volte, con gli stessi ritmi, le stesse frequenze, ma è quello che accade fuori da queste mura che rallenta ancor di più, una lentezza che ci colpisce e ci fa star male. Per fare la spesa on line passiamo pomeriggi interi a digitare e digitare, infinite attese e infiniti tentativi, poi, quando finalmente anche il pagamento va a buon fine, ci vogliono giorni per avere la merce a casa.

Aspettiamo i bollettini regionali e nazionali  in TV come fossero una messa, stesso canale, stessa ora, in attesa  di buone notizie o quanto meno confortanti, ma invano. Così continuiamo a restare chiusi in casa aspettando che passi la bufera e ogni giorno, è un giorno in più”.

Coronavirus, l’esperienza di Bergamo deve essere recepita

Infine il consiglio, il messaggio la preghiera per noi aquilani: “Abbiamo fatto molti errori, chi dirige ha fatto molti errori, ma ora la nostra esperienza non può essere soltanto percepita, deve essere anche recepita, compresa e applicata, dobbiamo essere più cinesi dei cinesi, dobbiamo reagire e prevenire, prevenire, prevenire. Dobbiamo fermare le nostre gambe – ripete -, quelle che forniscono al virus la possibilità di propagarsi, dobbiamo fermare le nostre abitudini, dobbiamo superare le frustrazioni che abbiamo dentro, non uscire, restare a casa, restare sani, restando forti. La nostra azione più forte è l’inazione, la nostra reazione piu forte è quella della mente e del cuore, soltanto col cuore e con l’amore per se stessi e per gli altri possiamo farcela, possiamo riuscire a vincere, possiamo ricominciare. Viva Bergamo, forza L’Aquila“.

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