Storia

Quando Carlo d’Angiò costruiva Abbazie, Fabio Redi all’Emiciclo

Carlo d'Angiò e l'affermazione in Italia meridionale dopo la vittoria sugli Svevi. La lezione del professor Fabio Redi, ordinario di archeologia medievale presso l’Univaq, all'Emiciclo.

*di Andrea Giallonardo

Carlo d’Angiò, gli uomini di potere e la ricerca storica dell’affermazione. Il professor Fabio Redi all’Emiciclo per una lezione storica.

Gli uomini di potere hanno da sempre cercato di accrescere il proprio prestigio favorendo la costruzione di opere monumentali che esaltassero la propria figura agli occhi della popolazione. Ogni epoca ha visto la realizzazione di terme, strade, acquedotti, ponti, teatri e chiese che ancora oggi testimoniano la gloria, a volte la megalomania, di monarchi o condottieri del passato. Quanto fosse difficile per un governante propagandare la propria figura in un’epoca priva di mezzi di comunicazione di massa lo sa bene il professor Fabio Redi, ordinario di archeologia medievale presso l’Università dell’Aquila, che nel pomeriggio di martedì, presso la sala ipogea dell’Emiciclo, ha tenuto una conferenza sulle modalità con cui Carlo D’Angiò ha cercato di affermare la propria figura nell’Italia centro-meridionale dopo la vittoria contro gli Svevi.

L’incontro, intitolato Quando Carlo d’Angiò Costruiva Abbazie ed organizzato dall’Università della Terza Età, ha visto il professore focalizzarsi sulle vicende legate a due abbazie fatte costruire in Italia dal re angioino per celebrare due importanti vittorie: quella su Manfredi nel 1266, e quella su Corradino di Svevia nel 1668. Agli occhi di un moderno può sembrare molto strano che un re abbia affidato la diffusione del proprio nome a degli edifici dal carattere eminentemente religioso, tuttavia bisogna tener presente che nel medioevo il legame tra sfera politica e sfera religiosa era molto più stretto di quanto possa esserlo oggi, come ha spiegato il professor Redi ai microfoni del Capoluogo.it.

fabio redi emiciclo

Professore, quanto è stato stretto nei secoli il legame tra propaganda politica ed attività edilizia?

La propaganda politica si è basata a lungo sull’edilizia e sulla produzione di monete, basti pensare ai grandiosi edifici pubblici di epoca romana che ancora oggi suscitano la nostra ammirazione. Si trattava di mezzi molto importanti per chi voleva accrescere la propria fama o anche solo farsi conoscere dal popolo, oggi i politici si avvalgono di materiale audiovisivo, ma per molti secoli il più efficace mezzo di propaganda è consistito nel far raffigurare il proprio volto sulle monete o su dipinti posti in edifici densamente frequentati e se questi edifici mancavano era fondamentale realizzarli.

Con il medioevo agli edifici pubblici si sono sostituiti quelli religiosi.

In verità gli edifici religiosi sono sempre entrati nel novero delle opere propagandistiche, basti pensare al Partenone, voluto da Pericle nel 445 AC per celebrare la vittoria contro i Persiani, tuttavia è innegabile che in un’epoca densa di spiritualità come quella medievale gli edifici di culto abbiano finito con il rivestire un’importanza particolare diventando, agli occhi di re, papi ed ordini religiosi, il principale mezzo con cui propagandare la propria grandezza.

Carlo D’Angiò non fece eccezione.

Assolutamente no, volle infatti edificare due abbazie, quella della Real Valle a Scafati, per commemorare la vittoria su Manfredi, e quella di S. Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana, per celebrare la vittoria su Corradino. Con questi due edifici il re francese intendeva mandare un messaggio chiaro: d’ora in poi sono io a comandare nel sud Italia.

Parliamo di un’epoca di importanza capitale anche per L’Aquila.

Direi proprio di si, basti pensare che nel 1259 L’Aquila venne distrutta da Manfredi che volle punire gli aquilani per la loro fedeltà al Papato. Sarà Carlo d’Angiò ad autorizzare la ricostruzione della città nel 1266 e probabilmente avrebbe autorizzato anche l’inizio dei lavori per la costruzione della basilica di Collemaggio se non fosse morto nel 1285. La chiesa più amata dagli aquilani che, ricordiamo, in origine aveva un volto diverso da quello attuale, fu invece edificata dal figlio, Carlo II. Gli edifici erano la cartina al tornasole del potere politico.
Oggi diamo per scontato che la dimensione politica e quella religiosa siano nettamente separate, a quanto pare in passato non era per niente così. C’era un connubio tra trono ed altare quasi indissolubile, periodicamente sorgevano dissapori tra re e papi, tra principi e vescovi, ma il potere politico ha vissuto in simbiosi con quello religiosi per molti secoli.

Torniamo alle abbazie costruite da Carlo d’Angiò, quale ordine monastico ospitavano?

Il re fece venire dalla Francia i monaci cistercensi che erano grandi costruttori di abbazie, insediandosi in Italia i cistercensi diffusero nella penisola lo stile architettonico francese facendo capire ai maggiorenti locali che da quel momento in avanti avrebbero dovuto rispondere al potere politico francese. In una lettera di Carlo d’Angiò risalente al 1281 si legge che queste costruzioni dovevano essere realizzate AD MODUM FRANCIAE, ossia in stile francese.

Di quale stile si tratta?

Dello stile gotico, un gotico tuttavia molto più misurato di quello nordeuropeo come si può osservare presso l’abbazia di Casamari, nel Lazio, o presso l’abbazia di S. Maria d’Arabona, in Abruzzo.

Le abbazie della Real Valle e di S Maria della Vittoria sono ancora in piedi?

Purtroppo no, l’ultima campagna di scavo eseguita presso il sito dove sorgeva l’abbazia di Santa Maria della Vittoria risale 2013 e posso affermare con certezza che c’è ancora molto da scoprire. Sulla base dei reperti ritrovati abbiamo comunque potuto dimostrare che la struttura è stata in funzione a pieno regime dal 1284 fino agli inizi del 1300, tutto sommato un periodo abbastanza breve.

Una vita stranamente breve per un edificio religioso.

Purtroppo la struttura fu coinvolta nelle lotte per il potere che videro protagonisti alternativamente Durazzeschi, Angioini, Aragonesi, Colonna ed Orsini. Ciò mise a dura prova la comunità monastica ma il colpo di grazia arrivò con una serie di terribili terremoti tra 400 e 500.