Il reportage

Amatrice, nel cuore del sisma due anni dopo

Le voci della gente, dei sindaci, i vicoli, le piazze, le macerie. Ecco cosa accade in una piccola parte del centro Italia colpita dal sisma. 24 agosto 2016 - 24 agosto 2018

Amatrice due anni dopo. Il reportage de Il Capoluogo nel paese simbolo del terremoto del Centro Italia. Le voci dalla terra che resiste.

È il Cento 11, la prima tappa immancabile di questa giornata sospesa tra ricordi e futuro. Siamo a due giorni dall’anniversario del terremoto che ha raso al suolo Amatrice.
Qui, sulla Salaria, Sabrina, impeccabile padrona di casa dell’area di ristoro alle porte di Amatrice, ci accoglie come sempre a braccia aperte.
Un caffè veloce al bancone del bar accanto agli uomini dell’esercito che presidiano le zone rosse tra Amatrice e Accumoli. «Siamo di stanza a L’Aquila» ci dicono.

Proseguiamo, i cartelli stradali sono ancora provvisori, di quel giallo che sa di terremoto e di emergenza.
Da Posta, dove l’ingresso mostra le sue otto casette in legno, saliamo verso Leonessa.

Attraversiamo Cerqua e Favischio, con i loro tornanti che portano in alto, protetti dalla folta vegetazione di querce e castagneti.
Da qui si scorge la montagna di Santogna, predio rimasto di proprietà del comune di L’Aquila. “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, verrebbe da dire: la natura selvaggia ha preso il sopravvento e cela le rovine del vecchio castello.

Ecco tutte in fila le strutture ricettive: alloggi, ristoranti e B&B sfilano tra le case come punti di riferimento importanti per tutte quelle famiglie romane che d’estate erano solite riversarsi in questa oasi di pace.
«Alloggiano qui da noi  in attesa che le loro case tornino agibili. Molte famiglie non hanno abbandonato questi posti, ma il turismo è altra cosa» afferma un operatore del settore.
Il terremoto è anche questo, quello economico.

“Il turismo è da due anni a questa parte ancora mordi e fuggi, nulla di stanziale” – continua il titolare dell‘albergo agriturismo Monte Cagno di Albaneto di Leonessa. “Anche per via del tempo, non solo per via dei disagi, non abbiamo fatto grandi numeri. La stagione che sta per volgere al termine è stata piuttosto piovosa”.

Resiste e non molla la Sagra della Patata, appuntamento fisso della seconda domenica di ottobre, non si è mai fermata per volere della pro loco locale e dei volontari nemmeno nel 2016, anno del terremoto.

La ricostruzione a Leonessa. La parola al sindaco Trancassini: “E’ una lotta che si gioca col tempo”

«A Leonessa è tutto fermo. Saranno partiti due o tre aggregati» ci spiegano i residenti.La buona notizia riguarda le scuole. Il 23 agosto, alla vigilia del secondo anniversario, il sindaco Paolo Trancassini inaugura il plesso scolastico destinato alla scuola media. Eccola vestita di blu cielo nell’immediata periferia, appena fuori le mura di Leonessa.«Non sarà una struttura provvisoria, ma definitiva. Non pensiamo di affidarci a soluzioni d’emergenza a due anni dal sisma, pensiamo al futuro a lungo termine.»

La ricetta per ripartire: “Favorire le imprese del territorio”

Sulla ricostruzione il primo cittadino tiene il pugno duro: «Non è solo questione di soldi e finanziamenti, ma di tempo. Bisogna dare segnali in controtendenza per tenere la gente qui.» E allora ecco che la ricostruzione degli aggregati “si spezza” per essere consegnata alle imprese del posto e dare lavoro più possibile a chi, dopo la tragedia, ha deciso di restare. Le piccole imprese sono il motore del territorio” – conclude il primo cittadino.

L’intervista del Direttore Roberta Galeotti

Varcata la porta d’ingresso di Leonessa si scopre una cittadina vivace, con il segno evidente del raduno alpini appena terminato. Bandiere italiane in ogni angolo e un’aria serena
Negozi, botteghe, l’odore della storica pasticceria che invade tutto il corso, famiglie e giovani che passeggiano e qualche vicolo che attira l’attenzione.

Un esempio è quello del Galletto con la sua ricostruzione un po’ “azzardata” che spacca in due l’aggregato: una parte è agibile e abitata, l’altra è classificata E.
Oppure Arco della Ciambella, transitabile tra colonne inclinate.

Amatrice, due anni dopo: piccole realtà di vita tra le macerie

Il viaggio de Il Capoluogo procede verso Amatrice, paese simbolo del terremoto del centro Italia. Molto è cambiato dallo scorso anno. Corso Umberto I in uno scatto che rende perfettamente l’idea del silenzio. Dallo scorso marzo l’ingresso è permesso a tutte le auto. Il Comune ha fissato un limite di velocità di 30 km orari. Vietata invece la circolazione a ciclomotori, biciclette, bus superiori a 10 metri e pedoni. Non è neanche possibile la sosta e la fermata. Ci sono i militari che presidiano l’area.

“No foto, no selfie” lo ha imposto il sindaco Pirozzi subito dopo la tragedia, ma è una regola che ripetono a gran voce i residenti a tutti quelli che hanno uno smartphone in mano.

Continuiamo dritti fino a San Cipriano, lo spazio dedicato alla normalità inaugurato lo scorso anno. È l’altra faccia di Amatrice fatta di duemila metri quadrati destinati alla ripartenza dell’economia grazie al progetto futuristico dell’architetto Stefano Boeri. 
È conosciuta come Area Food, ma il vero nome ne racchiude tutta la natura: area del gusto, della tradizione e della solidarietà. Otto ristoranti, tra cui l’Hotel Roma, una pasticceria, un bar, una lavanderia, negozi che promuovono l’artigianato del luogo. Insomma un’ampia realtà per il commercio che ce la mette tutta per crescere.
Amatrice prova a ripartire da ciò l’ha resa famosa in tutto il mondo. La sua cucina, e quel piatto, l’Amatriciana, divenuto ora anche simbolo di una terra che vuole risorgere.
Torniamo indietro, meta Lo Scoiattolo. A una manciata di passi dal “terrificante” ponte Tre Occhi ancora chiuso al traffico veicolare.

«È ancora in piedi, ma sta sprofondando. Eppure è stato il ponte più battuto la notte del terremoto da mezzi di soccorso e forze dell’ordine. Poi è stato chiuso perché inagibile» a parlare è il titolare di quest’oasi di pace tra le macerie, Fabrizio Berardi. Lo Scoiattolo è nato nel 1973. La struttura originaria è stata devastata dalle scosse del terremoto del 18 gennaio 2017 con epicentro Campotosto e Montereale. I fratelli Berardi, presidio SlowFood per la famosa mortadella di Campotosto o meglio nota come ‘Coglione di Mulo’, hanno preso in affitto il tendone di un circo per la ricettività e non hanno chiuso mai.

L’intervista del Direttore Roberta Galeotti

Le casette post sisma

A San Cipriano ci sono le famose casette post sisma. Sono 35, non si chiamano Case (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) o Map (Moduli Abitativi Provvisori) come quelli aquilani, ma Sae (Soluzioni Abitative d’Emergenza): cambia l’acronimo degli alloggi definiti “provvisori” ci si augura, non solo nel nome. Ogni schiera ha un parco giochi per i bambini, una piccola area verde e e qualche “orto fai da te” che rappresenta la voglia di restare anche di fronte alla natura che fa e poi disfa.

A Posta, altro comune del cratere sismico invece, le Sae si fanno attendere. “I moduli abitativi sono stati già assegnati a 18 famiglie, ma sono ancora sigillati perchè mancano le utenze”  ci spiega il sindaco Serenella Clarice.
Ancora una volta la burocrazia è il muro contro il quale l’emergenza non ha armi. Così come si è impotenti contro il tempo che scorre veloce. “A due anni dal terremoto sono finalmente pronti i moduli provvisori che dovranno accogliere 18 famiglie sfollate. Famiglie che, dopo aver trovato riparo temporaneo in tende e roulotte, sono in attesa della loro nuova sistemazione. I SAE sono pronti da giugno e ogni famiglia sa quale sarà il proprio, ma le lungaggini burocratiche non consentono di velocizzare l’attacco delle utenze” ci spiega il vice sindaco Marcello Etrusco. La Regione Lazio li ha consegnati al Comune di Posta sguarniti delle utenze e ha lasciato al comune la patata bollente delle utenze. L’Anas, per facilitare il tutto, non acconsente a far passare a fianco della Salaria il tubo della corrente, così saranno costretti a far passare un tubo volante che attraversi la Salaria per poter fornire i nuovi Sae della luce.

A Posta si attende, così come ad Amatrice, così come in tutti i comuni e nelle piccole frazioni del centro Italia. Non resta altro che attendere.

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