La riflessione

Un drappo rosso contro il femminicidio nei 70 anni di voto per le donne

“Siamo chiamate ad assumere parte della responsabilità che finora hanno avuto solo gli uomini nello svolgersi degli eventi pubblici. Eravamo delle escluse, delle eterne assenti, non avevamo colpa degli errori e delle follie che accadevano fra popoli e popoli, né delle ingiustizie che si perpetuavano (…), oggi non più. Oggi che il voto ci è stato elargito, prendiamo sulle spalle per il futuro metà del peso che grava sui nostri compagni, padri, sposi, figli. Immenso peso“. Così 70 anni fa la scrittrice e poetessa Rina Faccio, meglio conosciuta come Sibilla Aleramo, celebrava sulle pagine del “Mattino” di Napoli il primo ingresso delle donne italiane al voto nelle cabine elettorali.

Oggi la festa della Repubblica e del suffragio universale introdotto in Italia è stata trasformata in un momento di attenzione per tutte quelle donne che hanno perso la propria vita a causa di episodi di violenza subiti dagli uomini.

Esplodono così i social con foto di drappi rossi, pezzi di lenzuolo e stoffa indossati o annodati ai balconi delle case, in segno di cordoglio anche per l’ennesimo recente delitto, consumato ai danni della ventiduenne Sara Di Pietrantonio, perseguitata dall’ex compagno e morta carbonizzata.

femminicidio

E a distanza di 70 anni dalle riflessioni di Sibilla Aleramo impresse sui fogli di un giornale , oggi la scrittrice e poetessa  aquilana Patrizia Tocci Carlomagno affida  al mondo digitale e ai social network un appello alle donne – e agli uomini –  dei nostri giorni, in occasione della mobilitazione nazionale #chicolpisceunadonnacolpiscetuttenoi: “Sono già cominciate , le grandi manovre. Noi appendiamo cenci Rossi ai balconi e alle finestre, ma si cerca di far passare l’ omicidio di Sara come non premeditato. Infatti è una idea che gli era appena venuta quella sera, e per caso aveva li una tanica di benzina, e per caso ha incontrato la povera Sara che è morta per caso. Soffocata pare, da un abbraccio troppo forte, perché le voleva così bene da ucciderla. E ripenso alla storia di Parolisi, al numero delle coltellate, a tutte quelle sottigliezze giuridiche che io non conosco bene ma che fanno sì che dopo qualche anno questi omicidi ( che tali sono) possano tranquillamente tornare ad aggirarsi nelle nostre vite. Bisognerebbe rivedere la legge che disciplina questi casi, forse. Denunciate, ragazze, se qualcosa non va. Lasciate documenti scritti, denunce, confidatevi. Ditelo a qualcuno. Perche quelle persecuzioni non sono segno d’ amore”.

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