Editoriale

Pianeta sanità, a tu per tu con Giancarlo Silveri

di Fulgo Graziosi

Si stringono i freni con le riforme nazionali e regionali. Le sofferenze, come al solito, le sopportano sempre i cittadini, mai le strutture e i protagonisti della Sanità.

Sembrerebbe, ma è quasi una certezza, che la Sanità italiana sia una delle migliori del mondo. Fino a prova contraria. È da puntualizzare, però, che, fin dal momento in cui è nata, è stata costruita su misura addosso ai Sanitari e alle strutture del settore. Il rapporto contribuzione/prestazioni è rappresentato da una forbice, le cui punte sono ancora estremamente divaricate. Il cittadino paga ancora troppo rispetto ai servizi che vengono erogati.

Inoltre, bisogna pur dire che la Sanità, in un territorio come quello della Provincia dell’Aquila, rappresenta ancora una delle poche imprese capaci di assicurare una bella quantità di posti di lavoro e di generare un indotto economico di tutto riguardo. Dall’altra parte della medaglia, però, la Sanità costituisce un polo di attrazione sul quale si scaricano tutte le tensioni dei cittadini, delle istituzioni e, soprattutto, quelle di natura politica, volte alla ricerca della possibile conquista di posti dirigenziali. Va evidenziato, con molta obiettività, il facile e crescente contenzioso giudiziario contro gli operatori e le strutture sanitarie che creano non pochi problemi alla corretta e fluida gestione dei servizi. Con questo concetto non si vuole colpevolizzare nessuno. Si vorrebbe far presente, invece, che alcune azioni appaiono alquanto pretestuose e finiscono con l’appannare anche quelle di positivo rilievo.

Con questa introduzione si è svolto un analitico e critico incontro con il manager della Asl L’Aquila, Sulmona e Avezzano. Di proposito abbiamo voluto evitare il concetto della domanda e risposta che, di solito, offre all’intervistato la possibilità di fare bella figura, sciorinando una serie di inconfutabili dati, senza però entrare nel merito della materia, del servizio e, perché no, anche del disservizio.

Un primo scossone, di natura prettamente finanziaria, si ebbe con la formazione della Asl unica L’Aquila, Sulmona e Avezzano. Il primo bilancio si presentò decisamente in rosso e per i primi anni si attestò intorno ai quaranta milioni di euro e con un incremento costante, dovuto probabilmente alla nuova e più complessa organizzazione dei servizi apparsi abbastanza dispersivi. L’aumento dei costi non era soltanto un problema locale, la Sanità nazionale ha da sempre rappresentato un costo elevato per la società. Costo che si è aggravato con il passaggio delle funzioni alle Regioni. Infatti, lo Stato, preoccupato dalla crescente incidenza delle spese sanitarie, è stato costretto a commissariare diverse Regioni, allo scopo di contenere i costi con la eliminazione dei palesi sprechi, combattendo, anche e soprattutto, i disservizi. Naturalmente, il risanamento è avvenuto, per la quasi totalità, a carico degli assistiti. I commissari nominati dal Ministero della Salute hanno operato quasi bene, tra mille difficoltà e altrettante inevitabili pressioni di natura politica e campanilistica. La nostra Regione, infatti, è una di quelle che nella gestione del proprio territorio ha sempre ignorato il fatto che la Provincia dell’Aquila, con gli oltre 5 mila chilometri quadrati, rappresenta la metà dell’Abruzzo, con una costellazione di ben 108 Comuni. Le difficoltà nella erogazione dei servizi appaiono molto più impegnative che non nell’altra metà della Regione, in cui trovano collocazione ben tre Province.

Nel 2009 L’Aquila viene investita e devastata da un terribile sisma che la pone decisamente in ginocchio. La struttura sanitaria del San Salvatore, fortunatamente, resta in piedi. Basta considerare che su 2800 pilastri in c. a., soltanto otto subiscono un collassamento. Fortunatamente, uno dei primi Direttori Generali, con molta oculatezza, sottoscrisse una polizza di assicurazione, nella quale era previsto il rimborso dei danni provocati anche da eventi sismici. Alla Asl dell’Aquila furono liquidati inizialmente 51 milioni di euro, ridotti, successivamente, a 47 milioni. Nel 2009 il saldo negativo del bilancio Asl aveva superato i 51 milioni di euro. Il rimborso assicurativo, contrariamente a quanti asserivano che dovesse avere una destinazione vincolata alla ricostruzione, fu iscritto tra le entrate correnti, per cui si arrivò al saldo delle passività gestionali di soli 4 milioni di euro, con grande soddisfazione della Regione, della Direzione della ASL e del Ministero. Anche noi, per la verità, a quell’epoca, eravamo convinti che i rimborsi dell’assicurazione dovessero avere una precisa e vincolante destinazione per la ricostruzione del nosocomio. La scelta della Asl aquilana, però, è risultata vincente e ha prodotto tangibili effetti di natura economico finanziaria e gestionale. Il Ministero, al cospetto del risanamento del bilancio tornato in pareggio nell’esercizio 2011 e seguenti, ha ritenuto finanziabili le istanze per l’esecuzione delle opere di ristrutturazione dell’Ospedale, i cui lavori sono attualmente in corso.

Sono sotto gli occhi di tutti, però, alcune disfunzioni e anomalie che i cittadini sono portati ad imputare totalmente a carico della ASL. Non è sempre così. A tal proposito gli aquilani ricorderanno che fummo proprio noi, da queste colonne, a denunciare il fatto che l’Ospedale (si potrebbe tranquillamente dire gli Ospedali, perché il fenomeno è generalizzato in tutto il Paese) veniva intasato dalla eccessiva pressione degli utenti inviati dai Medici di base presso i nosocomi di competenza. Ci fu una reazione spropositata da parte degli addetti ai lavori. Bene. Alla luce dei contenuti della legge di riforma del Pianeta Sanitario Nazionale, possiamo affermare, senza ombra di dubbio, che siamo stati dei precursori in materia. Con l’entrata in vigore della nuova legge gli Ospedali dovrebbero tornare ad assumere il ruolo per il quale sono nati e, cioè, torneranno ad essere strutture di eccellenza per la cura dei casi acuti. Mentre, i servizi di normale amministrazione saranno direttamente gestiti sul territorio con l’attiva partecipazione dei medici di base. Con questa riforma, perciò, dovrebbero terminare le lungaggini nella prenotazione degli esami specialistici, a tutto vantaggio della economia familiare per notevoli spostamenti e inutili perdite di tempo. Potrebbero e dovrebbero essere eliminati i CUP centralizzati per le prenotazione che, a volte, costituivano dei veri e propri trabocchetti per gli utenti i quali, pur di ottenere prenotazioni a breve scadenza, venivano inviati a Sulmona e Avezzano, quando andava bene, se non a Castel di Sangro o Tagliacozzo, quando andava male. Pensate per un momento ad una persona anziana non autonoma. Per poter essere sottoposta ad un qualsiasi esame si sarebbe dovuta spostare tutta la famiglia per una intera giornata. Con la riforma in atto dovrebbero scomparire anche i giochi dei soliti furbetti che, attraverso le artificiose lungaggini delle liste ospedaliere, hanno sempre trovato soluzioni per volgere a proprio vantaggio o a quelle delle strutture private amiche. Sicuramente migliorerà anche il servizio di Pronto Soccorso con una minore affluenza della utenza, assorbita dalle strutture disposte sul territorio. Migliorerà anche la qualità del servizio con l’attribuzione di personale specializzato e preparato in materia di pronto intervento. In definitiva, forse, il pianeta della sanità dovrebbe avviarsi verso la razionalità e una maggiore professionalità specialistica, in considerazione del fatto che l’attrezzatura tecnologica e scientifica in dotazione al San Salvatore è una delle migliori d’Italia. La dislocazione dei servizi sul territorio dovrebbe far diminuire sensibilmente il contenzioso che, francamente, oggi appare piuttosto pesante. Anche le prenotazioni potrebbero essere più snelle, in quanto distribuite con maggiore e migliore accessibilità per tutti gli utenti.

Le economie, comunque, non dovrebbero essere conseguite sempre a carico dei cittadini. Il Ministero avrebbe potuto accentrare le attenzioni su alcuni aspetti dispersivi della spesa, che ha raggiunto limiti ragguardevoli, evitando di incidere sulla riduzione dei servizi essenziali. Ci riferiamo alla miriade di progetti che mirano al raggiungimento di obiettivi perfettamente inutili, le cui risorse economiche impiegate finiscono nel nulla, o nei meandri degli archivi regionali e nazionali. Premiamo progetti scientifici di spessore, capaci di trovare nuove soluzioni per alleviare le sofferenze dei pazienti, lasciando da parte la statura degli italiani e il sesso degli angeli. Non servono a nulla.

Accentriamo le nostre attenzioni sulla riforma in atto. Il nostro Ospedale, malgrado alcuni superficiali giudizi, rappresenta una delle strutture più belle ed importanti. Basterebbe ricordare il giudizio di Veronesi quando venne a visitarlo nelle vesti di Ministro. Per effetto della riforma, che tiene a base soltanto dati e parametri puramente algebrici, rischia di essere declassato e ridotto alla stregua di una semplice struttura territoriale a causa del parametro demografico. È giusto che la ASL sia costantemente sotto il riflettore delle attenzioni. È anche vero, però, che, anziché perdere tempo in polemiche inutili, in virtuali disservizi e in attacchi molte volte ingiustificabili, le attenzioni di tutti noi siano rivolte alla difesa e alla conservazione di tutto ciò che di buono abbiamo attualmente? Alcune battaglie, alcune energie politiche, forse, andavano spese molto più opportunamente durante la formazione del provvedimento di riforma della sanità nazionale. Le stesse energie andrebbero impiegate, proprio in questi giorni, nella formazione e definizione del piano sanitario regionale, i cui orientamenti non sono certamente favorevoli alle aree interne.