C.a.s.e. Sant’Antonio, guerra al parcheggio: urgono strisce gialle

di Francesca Marchi

Quando la disabilità non ti riguarda, non è affar tuo.

Anzi, non la vedi, la ignori. E ti infastidisce pure se invade i tuoi spazi.

Questa storia è una tra le tante che denuncia una problematica diffusa, ma paradossalmente non considerata.

Fiorella è mamma di un bimbo disabile.

Abita da un anno in una delle palazzine del progetto case di Sant’Antonio.

E non ha vita facile. Prima di tutto perché si trova a combattere con la malattia del figlio e poi perché con i suoi vicini fa la “guerra” per il parcheggio dell’auto.

Il tutto accompagnato da auto graffiata, liti accese, post-it, bigliettini vari e cartelli che rivendicano il posto macchina assegnato.

La signora si è rivolta ai Vigili per ottenere ciò che le spetta: posto auto con strisce gialle.

Ma le è stato risposto che non è loro competenza intervenire su suolo privato.

E allora la gara per accaparrarsi il posto auto vicino all’ascensore continua.

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Stamattina. Fiorella ha trovato affisso nel parcheggio l’ultimo biglietto indirizzato a lei e alla sua famiglia che recita: [i]“Non hai un disabile in famiglia, lei approfitta per trovare il posto comodo”[/i].

{{*ExtraImg_244767_ArtImgCenter_500x375_}}E poi ancora un altro ( foto)

[i]“A prescindere che nel box da voi occupato non esistono strisce gialle, quindi non è un parcheggio per disabili. Ma poi fra l’altro non espone alcun cartellino per disabili nella vettura. Provveda a regolarizzarsi. Arrisentirci. Grazie”[/i].

Dal saluto si deduce che ne verrà fuori un romanzo epistolare.

Fiorella intanto non molla e affida a Il Capoluogo il suon problema, nella speranza che venga risolto.

«Inizialmente avevo assegnato un posto che si trova vicino l’ingresso e faceva al caso mio, perché mio figlio si ammala facilmente. Io e mio marito occupavamo un unico posto con le nostre due auto. Ma quando torno dall’Ospedale con mio figlio dopo giorni, o mi assento per qualche ora per fargli fare terapia, lo trovo occupato e non so come fare».

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