Gdf: Tarantini voleva appalti sisma

Dopo il terremoto che colpì L'Aquila il 6 aprile 2009, le forniture di beni e servizi e i lavori per far fronte all'emergenza furono aggiudicati senza gara, con affidamento diretto. Ai lavori, per decine di milioni di euro, volevano partecipare l'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini e il suo collega Enrico Intini, titolare della società Sma, circostanza questa che avrebbe spinto 'Gianpi' a portare escort nelle residenze di Silvio Berlusconi per ottenere così un lasciapassare per fare affari con la Protezione civile e Finmeccanica. Su questi affari sta deponendo al processo 'escort' il tenente colonnello della Guardia di Finanza Andrea Di Cagno, che ha svolto le indagini.

Ripercorrendo cronologicamente i contatti telefonici tra Tarantini e i vertici di Finmeccanica - nello stesso periodo delle serate organizzate nelle residenze di Silvio Berlusconi - l'ufficiale della Gdf ha riferito sui tentativi di Tarantini di entrare in alcune progettualità della Protezione Civile, come quelli per il G8 che si tenne all'Aquila tra l'8 e il 10 luglio 2009.

«Noi non siamo quelli che montano i pali, un pezzo di polpa me lo devi dare» dice Intini a Lunanuova in un'intercettazione, «lamentandosi della spartizione delle opere - ha spiegato il tenente colonnello - perché a lui sarebbero stati riservati solo lavori di movimento terra, invece puntava a opere infrastrutturali e tecnologiche per il più ampio margine di guadagno previsto».

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Nessuno degli appalti sarà tuttavia affidato agli imprenditori baresi perché, alcune settimane dopo i contatti e i primi accordi con Piefrancesco Guarguaglini, ex presidente Finmeccanica, Domenico Lunanuova e Lorenzo Borgogni, ex dirigenti di società del gruppo Finmeccanica, Tarantini subisce una perquisizione nell'ambito di una delle indagini baresi sui presunti appalti truccati nella sanità e per le presunte corruzioni per l'acquisto delle protesi.

Risalgono allo stesso periodo alcuni contatti tra Tarantini e Roberto De Santis, «il quale era vicino al senatore Maritati - ha detto Di Cagno nella deposizione - e dal quale Tarantini sperava di carpire informazioni sugli sviluppi investigativi» della perquisizione subita. Contatti dei quali non si conosce l'esito né se vi siano mai stati. (Fonte: Ansa)

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