Stadio Acquasanta: «Rispettare data termine lavori»

12 febbraio 2015 | 17:00
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Stadio Acquasanta: «Rispettare data termine lavori»

«Finalmente questa settimana il Comune dell’Aquila ha consegnato, dopo vari ritardi spesso legati a problemi burocratici, i lavori di completamento dello stadio di Acquasanta all’impresa vincitrice del ricorso, che, entro 120 giorni, doterà la nostra città di uno stadio moderno. Termine che auspico venga rispettato, come amministratore locale mi adopererò affinché lo sia». A sottolinearlo, attraverso una nota, è il consigliere comunale dell’Aquila Gianni Padovani (Psi).

«Stadio moderno, certamente, in virtù del progetto della Lega Pro di “Stadi senza barriere e Supporter Trust” – precisa Padovani – finalizzato ad abbattere le barriere tra il terreno di gioco e gli spalti con la riqualificazione delle cosiddette “gabbie” in aree hospitality e accostare al rinnovo dell’impianto la partecipazione dei tifosi nel capitale sociale della società di calcio, ma da intendersi tale anche e soprattutto quale struttura conforme alle normative nazionali ed europee, in linea con le più avanzate impostazioni edilizie ecocompatibili e con criteri di progettazione ecosostenibili, volti a riqualificare e ridurne l’impatto energetico ed ambientale valorizzando invece le componenti gestionali e la sua consistenza sociale».

«Dobbiamo infatti pensare sin d’ora allo stadio non più e non solo in visione dell’attuale “stadio calcistico” – aggiunge Padovani – ma espandere gli orizzonti al modello di “stadio produttivo” di matrice americana e anglosassone, attivo sette giorni su sette, struttura multifunzionale per più eventi sportivi da inquadrare in un area dedicata all’intrattenimento e alla cultura locale, recuperando parimenti quell’idea di “stadio a tema” in grado di abbinare l’esigenza sportiva a quella etno-culturale tipica di ogni territorio, di ogni comunità. Un nuovo stadio, e questo va sottolineato, può portare molteplici risorse alle società sportive, ma anche svolgere un importante funzione di aggregazione sociale e proporsi quale spazio accogliente da vivere durante l’intera settimana, idoneo ad ospitare tutta la famiglia».

«Dal punto di vista dell’impiantistica sportiva – spiega Padovani – in Italia vi sono oggi due fronti contrapposti. Uno, basato sul modello anglosassone, che vede lo stadio come contenitore dove concentrare diverse attività, e un altro che ritiene sia difficile questo modello per il nostro Paese e ne propone uno alternativo, basato sull’utilizzare le aree circostanti per sviluppare servizi complementari all’attività sportiva. Soluzione, quest’ultima, che ben si adatterebbe allo scenario aquilano e alle peculiarità dello stadio di Via Cencioni. Sul piano gestionale, poi, è necessario porre l’attenzione al tema della privatizzazione degli impianti: salvo l’unico caso in Italia dello stadio di Reggio Emilia, che è completamente privato, e lo stadio della Juventus che è un impianto privato realizzato su un’area pubblica in diritto di superficie per 99 anni, gli altri stadi sono di proprietà pubblica. La proprietà comunale dell’impiantistica sportiva comporta ingenti costi di gestione e per la sicurezza che ricadono sulla collettività, andando ad impoverire le già esigue casse dell’Ente. Condividere invece oneri e profitti è quanto a mio avviso le amministrazioni comunali dovrebbero fare, ricorrendo appunto allo strumento della privatizzazione secondo un’ottica lungimirante vicina al territorio e ai benefici per la popolazione. E’ però difficile parlare di privatizzazione se non si consente ai Comuni, i quali comunque dovrebbero mostrare in tal senso maggiore interesse sollecitando l’attuale Governo Renzi, di poter riprendere ed applicare quanto disciplinato dall’articolo 6 del Disegno di Legge numero 1361 del 4 febbraio 2009, vale a dire: inserire tali beni non produttivi nel proprio patrimonio disponibile, anche per quanto attiene, ai sensi del comma 2, le aree di pertinenza ed accessorie; cedere i relativi diritti reali con affidamento diretto alle società sportive professionistiche, sole del resto ad avere un interesse all’acquisto; favorire, ai sensi del comma 4, varianti alle destinazioni di uso esistenti anche con lo scopo di adattarle allo sfruttamento commerciale considerando che si tratta di beni non demaniali e non produttivi. Il comma 6 infine, risolve il problema del fallimento della società sportiva o del soggetto proprietario: se ciò avviene, l’impianto rientra nel patrimonio del comune dove è stato realizzato. Alle società sportive, parallelamente, si richiederebbe di garantire, mediante concessione, l’uso degli impianti per lo svolgimento di attività sportive, ricreative e culturali in ossequio alla funzione sociale e pubblica cui gli impianti sono per propria natura destinati. E se pensiamo che entro il 2015 sarà consegnato al capoluogo abruzzese il tanto agognato stadio resta di imminente attualità anche un’altra questione, quella ricordata pochi giorni or sono dalla penna di Fulgo Graziosi circa l’intestazione dello stadio di Acquasanta all’illustre concittadino Italo Acconcia. Riconoscimento doveroso da parte dell’Aquila ad un uomo e un atleta che con la propria attività calcistica, col suo cammino e la sua storia, con un curriculum di levatura nazionale degno di tutti gli onori, ha contribuito a diffondere positivamente il nome e i colori dell’Aquila oltre confine. Personalità da sempre e da tutti ricordata con parole di affetto e profondo rispetto, tanto dai celebri colleghi calciatori quali Paolo Rossi, Cabrini e Franco Baresi, solo per citarne alcuni, quanto dai suoi parenti e compaesani castelvecchiesi dai quali ho più volte avuto il privilegio di ascoltare di persona racconti e storie che lo vedevano protagonista».

«A sostegno della proposta di intitolare alla memoria di Acconcia l’imminente nuovo stadio di Via Cencioni, infatti, il mio completo appoggio politico, civico ed umano, muove oltre che dagli innegabili meriti sopra richiamati, anche da una serie di eredità che mi uniscono con orgoglio all’illustre atleta – conclude Padovani – la passione per lo sport, gli esordi nelle formazioni giovanili dell’Oratorio Salesiano locale, il legame delle nostre più profonde radici genealogiche con Castelvecchio Subequo».