L’Aquila e la rinascita, versi in libertà

di Fulgo Graziosi

Il terremoto del 6 aprile 2009 non è stato soltanto fisico dinamico di intensità più o meno rilevante, che ha provocato tanti danni sotto l’aspetto urbanistico edilizio. Ha demolito anche una parte del patrimonio storico artistico che aveva consentito alla città di fregiarsi del titolo di “Città d’arte”.

Sono stati sconvolti anche quei punti di riferimento nei quali si curava e si praticava, a buon livello, una intensa attività culturale. Lentamente, alcune realtà vanno riprendendo corpo e stanno riconquistando, anche se in via precaria, quei poli nei quali socializzare, confrontare le opinioni, presentare le proprie opere, fare cultura e alcune di quelle intense riflessioni che, purtroppo, non vengono opportunamente divulgate.

È proprio il caso di Gabriella Spera, insegnante di Scuola Elementare in pensione. La ex Maestra non è nuova a particolari osservazioni che, con garbo e delicatezza, ha saputo tradurre in apprezzabili versi, ricchi di interiori riflessioni e con spunti sociali apprezzabili. Ho già letto una lunga serie di poesie scritte nel corso degli ultimi anni di insegnamento. Ho riletto con attenzione, in questi giorni, una bella poesia dedicata alla sua città ferita. Con i versi ha saputo mettere in evidenza delicati aspetti del territorio, rendendo omaggio e gratitudine a quanti, giorno e notte, lavorano alacremente per cercare di restituire al vecchio splendore i tesori della Città di Federico. È una delicata maniera di ringraziare tutte le maestranze, a qualsiasi razza e Paese esse appartengano che, in questo momento, lavorano per noi e per la nostra comunità.

La poesia reca un interessante titolo: “[i]Come giraffe[/i]”. Gabriella Spera, infatti, guardando dalla sua casa di Preturo il profilo della città che si staglia all’orizzonte, immagina di vedere tutte queste gru che muovono con rapidità il lungo collo per rendersi utili a tutti gli uomini che lavorano per la ricostruzione e a tutti quelli che attendono che venga loro restituito il bene a cui tengono di più: la casa. È una poesia che va letta e riletta per poterne cogliere i migliori effetti in tutte le sfaccettature.

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COME GIRAFFE

di Gabriella Spera

Come giraffe

dai lunghi colli,

tante gru dai lunghi bracci

solcano l’ “aere”

della mia città

e girano, girano,

sollevano, spostano

mentre uomini

lavorano senza sosta.

Tanti uomini

dai caschi gialli

e giubbetti arancio,

i colori del sole,

sotto il sole cocente d’agosto

e la pioggia incessante di settembre.

Lavorano per noi

su ponteggi a rischio,

nessuno li conosce,

molti non parlano

la nostra lingua,

vengono da lontano per noi.

Se ne andranno

ma ci lasceranno

il loro lavoro, la loro opera.

Sarà nelle nostre case

il loro sudore

il loro silenzio

la loro lingua

a molti di noi

sconosciuta.

A loro. Grazie.

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