
di Valter Marcone
Si terranno il prossimo 21 e 22 ottobre a Firenze, a Palazzo Vecchio e presso il Teatro della Pergola, gli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo, iniziativa voluta dal ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale in collaborazione con Miur e Mibact. Un’occasione per approfondire le correnti strategie di diffusione dell’italiano all’estero e per fare il punto, in modo costruttivo, sulle nuove sfide da affrontare, in contemporanea con l’avvio della XIV Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, che coinvolge tutta la rete culturale e diplomatica del Maeci.
Il comunicato della Farnesina, il ministero degli Esteri italiano, nel presentare questa iniziativa afferma che sono “diversi i soggetti coinvolti nell’azione di riflessione sulla promozione della nostra lingua e cultura all’estero: scuole e università, docenti e allievi, studiosi, ricercatori, enti gestori dei corsi per le comunità italiane all’estero, Ambasciate, Consolati, Lettorati e Istituti Italiani di Cultura. Una grande vivacità che dimostra quanto il tema delle potenzialità della nostra lingua sia sentito nel nostro Paese e presso le comunità di italiani e italofoni in tutto il mondo”.
Infatti, “dal mese di maggio alla fine di luglio, cinque gruppi di lavoro – composti da esponenti di primissimo piano del mondo delle istituzioni, accademico e scientifico – hanno elaborato gli spunti che saranno poi oggetto di discussione dei lavori degli Stati Generali. La discussione dei Gruppi è stata aperta ai contributi arrivati numerosi via Web“. Tra questi: “le nuove sfide e i nuovi strumenti della comunicazione linguistica; le strategie di promozione linguistica per le diverse aree geografiche e per i Paesi prioritari; il ruolo delle Università con particolare attenzione alle cattedre di italianistica; il ruolo degli italofoni e delle comunità italiane all’estero; la gestione e gli strumenti della promozione della lingua italiana“.
Perché uno stato generale della lingua italiana per promuovere e diffondere il valore della lingua italiana in Italia e nel mondo? Perché parte fondante dell’identità nazionale e di quella unicità che attrae turismo, risorse, investimenti, interesse internazionale. La nostra lingua racconta la nostra storia ed è il nostro futuro. Allo stesso tempo, verso l’estero, la nostra lingua è anche un potente e versatile veicolo per lo sviluppo e la crescita del Paese su tutti gli scenari internazionali.
{{*ExtraImg_220541_ArtImgRight_300x300_}}L’italiano è la quarta lingua studiata al mondo, l’ottava più usata su Facebook, con un bacino potenziale d’interessati di 250 milioni di persone. La rete di promozione culturale e linguistica dell’Italia è presente in più di 250 città al mondo.
I documenti finali dei cinque gruppi che hanno preparato gli stati generali sono ora disponibili nella sezione “Materiali” di [url”http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Cultura/PromozioneLinguaItaliana/Stati_Generali_lingua_italiana.htm”]http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Cultura/PromozioneLinguaItaliana/Stati_Generali_lingua_italiana.htm[/url] e su [url”http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Cultura/PromozioneLinguaItaliana/Stati_Generali_lingua_italiana.htm”]http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Cultura/PromozioneLinguaItaliana/Stati_Generali_lingua_italiana.htm[/url]
Gli Stati Generali saranno un’occasione di approfondimento sulle strategie di diffusione dell’italiano all’estero e daranno l’opportunità di fare il punto sulle nuove sfide da affrontare. L’idea delle due giornate fiorentine è di dimostrare che la lingua è un patrimonio che può generare molte opportunità per il futuro. Tutto questo movimento d’idee sarà raccolto in un “Libro bianco degli Stati generali della lingua italiana nel mondo”.
Scrive Massimo Bray, direttore editoriale dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana: “La lingua e la letteratura italiana costituiscono una parte non certo minore dello straordinario apporto dato dall’Italia alla cultura mondiale. Di questo nostro patrimonio, che abbiamo ricevuto in eredità dal nostro passato e dalla nostra storia, dobbiamo essere consapevoli, e dobbiamo in particolare imparare a considerarlo un bene comune: comune a tutti noi cittadini italiani, che abbiamo di conseguenza il compito di custodirlo e di farlo conoscere; ma comune anche a tutti coloro che, all’interno del nostro Paese così come altrove nel mondo, con esso vengono a contatto, spinti chi dalla necessità, chi dalla passione per la nostra cultura, chi da semplice curiosità intellettuale”.
{{*ExtraImg_220542_ArtImgRight_300x374_}}Afferma Giovanni Puglisi, rettore della Libera Università di lingue e comunicazione Iulm, presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco: “ . . . se si confrontano i dati dell’inchiesta Italiano 2000 (condotta da De Mauro, Vedovelli, Barni e Miraglia) con quelli che emergono dall’inchiesta Italiano 2010 (a cura di Giovanardi e Trifone) ci si imbatte in un vero e proprio boom di iscrizioni ai corsi di lingua italiana. Nei soli Istituti di cultura della rete del Ministero degli Affari Esteri, ad esempio, i corsi sono passati in dieci anni da 3.548 a ben 6.429, con una crescita di oltre l’80 per cento. Se poi a questi dati aggiungiamo quelli – concordemente positivi – provenienti dagli altri soggetti erogatori (dalle Istituzioni scolastiche italiane all’estero, alle sezioni italiane presso scuole straniere, alla Società Dante Alighieri, alle università per stranieri, alle cattedre di italianistica e relativi lettorati nelle università di tutto il mondo), rileviamo come – con oltre 600.000 studenti censiti – la lingua italiana si collochi oramai da anni tra il quinto e il quarto posto tra le lingue più studiate nel pianeta”.
Ma anche nell’uso della lingua esistono delle criticità che spingono all’interno e all’esterno dei confini nazionali a tener conto dell’esigenza di diffondere una maggiore consapevolezza della rilevanza storica e culturale della stessa. Prova ne è quanto affermano Nicoletta Maraschio, presidente emerito dell’Accademia della Crusca, e Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca: “L’architettura del nostro repertorio linguistico è mutata negli ultimi decenni per la presenza consistente delle lingue delle “nuove minoranze”. Si tenga conto che se nel 1998/99 la percentuale degli “stranieri” in Italia era dell’1,1%, oggi è del 7,5%. Inoltre, tra gli oltre 4,5 milioni di residenti, 650.000 sono giovani di seconda generazione, minori cioè che sono nati in Italia ma che sono ancora per lo Stato italiano cittadini “stranieri”, a causa della nostra legislazione. E necessario sviluppare un’attenta analisi e un’approfondita ricerca sociolinguistica e formare insegnanti capaci di affrontare, nelle classi, la complessità dell’incontro tra lingue diverse e i problemi delle nuove situazioni di plurilinguismo. Non possiamo dimenticare, d’altro canto, che le diseguaglianze nella capacità di capire e di usare un italiano medio-alto sono ancora troppo accentuate in Italia, anche tra gli italofoni”. Tanto che “perché l’italiano non perda posizioni, occorre dunque impostare in modo radicalmente nuovo la politica linguistica nazionale, puntando al coordinamento tra soggetti diversi e tenendo conto del fatto, ben noto, che la globalizzazione presenta, accanto a forti spinte omologanti, altrettanto forti spinte alla differenziazione e può favorire quindi un rapporto tra lingue di tipo non gerarchico e non puramente utilitaristico. Internet, la digitalizzazione di grandi patrimoni librari e archivistici, e l’affermazione di nuove metodologie didattiche largamente multimediali stanno cambiando il quadro complessivo dell’offerta linguistica e possono aiutare tutte le lingue a essere meglio conosciute, apprezzate e studiate. Tanto più l’italiano che è scelta, spesso spontaneamente, in tutto il mondo come “lingua personale adottiva” da un numero crescente di persone e con motivazioni diverse. Ma per essere competitivi occorre essere capaci di far meglio conoscere la specificità storica e culturale della nostra lingua, coniugando in modo innovativo ricerca, formazione e divulgazione, promuovendo l’italiano come risorsa non solo culturale ma anche sociale, politica ed economica”.
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