L’Aquila, il rifugio dei cani ‘traditi’

18 giugno 2014 | 14:18
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L’Aquila, il rifugio dei cani ‘traditi’

di Maria Chiara Zilli

Dilaniati sul ciglio della strada o depositati in canile in attesa di un futuro. E’ questa la sorte con la quale si scontrano gli animali domestici traditi dai padroni e abbandonati ad un destino oscuro.

{{*ExtraImg_206287_ArtImgRight_300x225_}}Nel capoluogo abruzzese post sisma a fare paura non è l’estate in arrivo, periodo nero per molte altre città italiane, ma «la mancanza di cultura sulla cura degli animali», come spiega Caterina Bonati Fagioli, coordinatrice abruzzese della Lega Nazionale per la Difesa del Cane e vice presidente della sezione aquilana dell’associazione. «L’arrivo della stagione estiva in una città come L’Aquila non provoca un particolare picco degli abbandoni – precisa – anche se fa crollare il numero delle adozioni». Il capoluogo abruzzese, tuttavia, non è esente da una «cattiva mentalità» in relazione agli animali domestici, un fenomeno, sottolinea Caterina Bonati Fagioli, legato «alla mancanza di conoscenza o alla malafede». Nella stagione estiva, ad esempio, «aumentano le cucciolate non desiderate» e si tratta di una diretta conseguenza della «mancanza di cultura sull’importanza della sterilizzazione».

«Molto spesso i cagnolini abbandonati sono cuccioli di cani padronali – precisa Caterina Bonati Fagioli – Molte persone non sterilizzano le femmine e poi i cuccioli finiscono abbandonati negli scatoloni o nei cassonetti dell’immondizia». Il fenomeno, cumulato a quello dei parti dei randagi, raggiunge numeri importanti. «Basti pensare – spiega la vice presidente della sezione aquilana della Lega del Cane – che al momento il canile veterinario della Asl dell’Aquila ha in cura 30/40 cuccioli che, essendo stati staccati prematuramente dalle madri, sono anche molto esposti al rischio di malattie».

{{*ExtraImg_206289_ArtImgRight_300x199_}}Il fenomeno degli abbandoni, naturalmente, non riguarda soltanto i cuccioli, ma anche gli animali adulti. «Al momento – precisa Caterina Bonati Fagioli – il rifugio aquilano della Lega del Cane ospita circa 400 cani, grosso modo la metà sono anziani. Si tratta di animali che ormai hanno imparato a vedere il canile come una vera e propria casa».

A L’Aquila, poi, negli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio picco di rinunce alla proprietà degli animali domestici. «Si tratta di una procedura prevista dalla legge – spiega Caterina Bonati Fagioli – quando una persona non è più in grado di tenere un cane può scrivere al sindaco del Comune di appartenenza per manifestare i motivi alla base della decisione di rinunciare all’animale. Il Comune ha 30 giorni di tempo per rispondere e, se non arrivano riscontri, l’interessato può formalizzare la propria rinuncia all’animale e quest’ultimo finisce in canile». «Questo iter, che io chiamo ‘abbandono legalizzato’ – rileva la vice presidente della sezione aquilana della Lega del Cane – senz’altro contribuisce ad arginare il fenomeno del randagismo, ma gli animali subiscono comunque un trauma importante, anche perché spesso si tratta di cani anziani».

{{*ExtraImg_206290_ArtImgRight_300x225_}}Tra gli elementi che incidono sull’impennata del numero delle rinunce nell’Aquilano c’è sicuramente «il fatto che molti cittadini, in seguito al sisma, sono stati costretti ad abbandonare la propria abitazione e a spostarsi in altre case, spesso non adeguate per ospitare un animale», spiega Caterina Bonati Fagioli. Travolto dal vortice delle sistemazioni post sisma delle famiglie aquilane, qualche amico a quattro zampe ha finito, insomma, per rimetterci la cuccia.

Anche la crisi può avere un peso, le difficoltà economiche serie, infatti, mal si conciliano con la possibilità ‘materiale’ di mantenere una cane. Ma va detto, sottolinea la vice presidente della sezione aquilana della Lega del Cane, che c’è anche chi rinuncia ad un animale «perché si è stufato di tenerlo, salvo poi accampare scuse di ogni sorta per ‘giustificare’ il gesto».

{{*ExtraImg_206288_ArtImgRight_300x225_}}Infine, va segnalata, spiega Caterina Bonati Fagioli, la «maledetta abitudine di tenere gli animali in modo ‘semi-randagio’», un fenomeno abbastanza vistoso nelle periferie dell’Aquila e nei paesi limitrofi. Chi adotta questi comportamenti spesso si difende affermando che «i cani devono stare liberi», ma il cane, fa notare la vice presidente della Lega del Cane, «non è un animale selvatico, deve essere controllato dal proprio padrone».

Alla mancanza di sterilizzazione e all’abitudine di tenere i cani in stato semirandagio si aggiunge poi un’altra piaga: «la resistenza all’applicazione dei microchip». Dispositivo, peraltro, fondamentale anche nei casi di smarrimento, insieme all’inserimento, nel collare dell’animale, di una medaglietta con i riferimenti telefonici del padrone. Sulla sorte dei cani aquilani pesano insomma, come ribadisce Caterina Bonati Fagioli, fenomeni che hanno a che fare con la mancanza di cultura sulla cura degli animali, ovvero «cattivi comportamenti che nascono da una cattiva mentalità».

«Negli ultimi sei mesi – spiega Caterina Bonati Fagioli – nel rifugio aquilano della Lega del Cane sono arrivati circa 70 cani e di questi una ventina hanno già trovato, fortunatamente, una nuova casa. Si tratta di cani abbandonati o gravati da una rinuncia, ma anche di cani malandati o accalappiati perché ‘fanno fastidio’».

{{*ExtraImg_206291_ArtImgRight_300x199_}}La ‘fantasia’ degli esseri umani negli abbandoni non conosce purtroppo limiti. «Alcune persone li ‘depositano’ sulle strade o sulle autostrade, con seri rischi non solo per gli animali, ma anche per gli automobilisti – rileva la vice presidente della sezione aquilana della Lega del Cane – altri li abbandonano in luoghi isolati, magari in montagna. Tra le zone ‘selezionate’ per questa drammatica pratica, c’è, ad esempio, l’altopiano delle Rocche».

Ma come può un cittadino riconoscere un cane abbandonato e rendersi utile in qualche modo? «I cani abbandonati – spiega Caterina Bonati Fagioli – spesso sono magri o malandati. In questi casi è bene avvertire il servizio veterinario della Asl, che potrà così occuparsi del recupero. Vanno inoltre sempre segnalati i cuccioli, le femmine in gravidanza e, in generale, i cani in pericolo».

{{*ExtraImg_206292_ArtImgRight_300x199_}}«Abbandonare un animale, al di là della denuncia morale e delle possibili conseguenze sul piano legale – ricorda Caterina Bonati Fagioli – comporta anche un elevato costo per la collettività. Gli animali abbandonati, infatti, vanno recuperati e curati. Inoltre, possono provocare incidenti, con le spese conseguenti. Tutti costi che ricadono, appunto, sulla collettività». Va sempre ricordato, conclude Caterina, che tenere un animale è un impegno: «Un cane è per sempre, non è un peluche».