PhotoArt, lo scatto della vita

19 maggio 2014 | 13:54
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PhotoArt, lo scatto della vita

di Gioia Chiostri

L’obiettivo di una macchina fotografica non è mai solo o abbandonato a sé stesso. Dietro l’occhio di vetro ce n’è un altro, umano. La pupilla che osserva e che scatta, troppo spesso, suole essere dimenticata dal soggetto scattato. I ritratti in foto non raccontano solo la storia che ritraggono ma anche quella che specchiano, di fronte a sé. Antonio Oddi, fotografo molto noto nell’entroterra marsicano, originario di Trasacco, sceglie [i]IlCapoluogo.it[/i] per raccontare la sua storia, che si è intrecciata irrimediabilmente con l’aspetto sociale del ‘fare arte per scatti in soccorso di’. Un’avventura cominciata all’età di 25 anni e proseguita senza sosta, seguendo sempre tre stelle polari: la bellezza abruzzese, la cronaca quotidiana e l’attenzione alla comunità.

{{*ExtraImg_201362_ArtImgRight_300x474_}}Svizzero per nascita, ma marsicano nel cuore, il fotografo ha una ricca carriera alle spalle, fatta di successi e di echi nazionali. «La mia avventura è cominciata nel 2000, con Miss Italia, al seguito dell’Agenzia Pai – racconta – Il mio ruolo inizialmente era quello di [i]talent scout[/i], ossia andavo in cerca di volti nuovi, femminili, per il concorso di bellezza nazionale. Scattavo foto con la mia prima macchina fotografica, una Kodak, una sorta di prima spada di prova per un cavaliere. Non ho mai maturato alcun corso di fotografia. Iniziai per passione, mettendo in gioco il mio buon gusto. Scoprii qualche bellezza nostrana, portandola poi alla ribalta nazionale, come Denise Di Matteo, scoperta nel 2005, arrivata settima nel concorso di bellezza italiano. Ho sempre creduto che l’Abruzzo partorisca una bellezza femminile tutta particolare. Un’altra mia grande sostenuta è stata Romina Pierdomenico, pescarese doc, la quale conquistò il secondo gradino del podio alle finali di Miss Italia 2012». Ma, dato che la bellezza mai deve essere fine a sé stessa, o meglio, mai dovrebbe solo stare in vetrina, il photoreporter – come ama definirsi lui stesso – ha deciso di metterla sulla bilancia del sociale, per far quadrare i conti delle realtà che non sopravvivevano.

«Io, poi, ho cercato di mettere la bellezza al fianco del sociale – sottolinea – Ecco, questo aspetto della fotografia, ossia il metterla al servizio di uno scopo maggiore, quale può essere la raccolta fondi attraverso la vendita di ‘cartoline artistiche’, mi ha man mano sempre più rapito la mente. Ricordo ancora l’eterno disagio vissuto dai fratelli Panella, a Tagliacozzo, i quali passarono la vita in un casolare malridotto senza servizi igienici. Eppure, grazie alla gara di solidarietà mossa da alcuni miei scatti di denuncia della loro abitazione, elaborati a gennaio 2014, i quattro fratelli, Felice, Ascenzo, Giovanni e Virginia, ricevettero in dono una casa, con tutti i comfort, a Scurcola Marsicana. Io, semplicemente, mi preoccupai della realizzazione di 4.000 cartoline di testimonianza. Furono queste a fare da eco, forse. Il sociale, assieme alla documentazione e testimonianza dei fatti di cronaca, sono sempre stati i miei due obiettivi, raggiunti con un altro obiettivo, ossia quello della macchina fotografica».

Il sociale è la molla e, al contempo, il trampolino di lancio del lavoro di Oddi. Ogni scatto che compie, ogni foto che matura è dedicata a denunciare un qualcosa, uno scorcio della realtà che non va, che fa storcere il naso. «Molto spesso – racconta Oddi – la foto della vita la incontri per caso, nel mezzo del trambusto quotidiano. Basta un semplice gesto, un click, per catturare un dettaglio che, però, può fare la differenza, se messo magistralmente in evidenza. Anche il mio ultimo lavoro, i ritratti fotografici degli ultracentenari di Trasacco, messi in primo piano accanto ai monumenti storici lì ‘dimoranti’, sta dando buoni frutti. L’obiettivo è la salvaguardia di un servizio ambulanza indispensabile per il paese marsicano, ma il mezzo per arrivarvi è semplicemente l’arte, pura ed essenziale».

Per questo fotografo marsicano, il gusto per l’evento e l’attenzione al dettaglio, significano tutto. Giornalista pubblicista dal 2003, ma a caccia di scoop da sempre, Antonio Oddi ha nell’anima il senso dell’impresa e la curiosità dello straniero. Strumenti indispensabili per chi ha voglia di riscoprire un territorio a colpi di scatti. «Un altro aspetto della mia arte è fare cronaca per foto – spiega – Uno dei miei primi scoop è stato l’incidente avvenuto nel Fucino qualche mese fa, a marzo 2014, dove persero al vita due stranieri, finiti in un canale nella piana marsicana. Una tragedia immensa, ma, come dico sempre, da documentare affinché una zona del genere possa essere sorvegliata di più».

{{*ExtraImg_201363_ArtImgRight_236x311_}}«Per me la vita è stata facile, perché forse ho voluto basare tutto sulla mia dote unica: la fotografia». Gli Oddi ‘artisti’, in realtà, sono due. Antonio e il fratello Corrado, attore teatrale e televisivo, ma anche insegnante di dizione. Recentemente è salito agli onori della cronaca grazie all’egregio lavoro nella serie TV Squadra Antimafia.

«Il nostro Abruzzo – spiega Oddi – è pieno di obiettivi intelligenti, ma forse poco conosciuti perché poco si pubblicizza questo settore. Oggi, invece, – continua il fotoreporter – c’è un abuso di macchinari digitali. Si è persa la natura originaria dello scatto fatto per raccontare un’eccezionalità. Io ho cominciato a 25 anni a far divenire il mio hobby, un mestiere».

Qual è per Oddi la prima grande qualità di un buon fotografo? «Sicuramente l’intuito, è fondamentale. Nella vita più che razionalità, ci vuole inventiva e perspicacia. Bisogna sempre dar vita a foto che parlano».

«A chi vorrà imbarcarsi nell’avventura del fotoreporter – conclude Antonio Oddi – consiglio: non siate mai avidi, ma abbiate fame della terra che vivete. Solo così essa potrà ripagarvi concedendovi la fortuna di scoprirsi a poco a poco a voi soli. Amo l’Abruzzo anche se ho un legame speciale con l’oltralpe. La pulizia e l’attenzione che vi sono in quei posti dovrebbero essere emulati dalla nostra bella Regione. Ma sono di parte: il più bel selfie che si possa fare al giorno d’oggi è quello dei nostri paesaggi. Mai sradicarsi di dosso le radici, ma far sempre germogliare i rami, fino ad estenderli all’infinito».

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