Attualità

Casale Liberati a Stiffe, l’eroe dei tempi di crisi

di Gioia Chiostri

«Originario di Stiffe era mio padre, morto nel 1990; io ho semplicemente raccolto la sua eredità, e spirituale e materiale. Avevo questa struttura al paese, in un deserto di cemento. Mi sono detto: hai l’involucro esterno, necessiti solo di un ingrediente, il coraggio. Questo mi è venuto ‘in dono’ quando persi il lavoro. Giocai il tutto per tutto e decisi di fare un salto nel buio: aprii un’enoteca a Stiffe, fra l’incredulità e l’incertezza generale».

Non sempre si fa di necessità virtù, ma di certo l’ha fatta Alberto Liberati, gran lavoratore e grande esperto di vini, tanto da dover maturare l’ultimo esame del corso triennale di Sommelier proprio entro il mese di giugno 2014. E anche se questa storia sembra una storia qualunque, con un protagonista adatto alla trama e un’azione adatta ai tempi che corrono, sotto la sua pelle si intravvede il neo della realtà. Ossia la crisi, il rischio, il pericolo, primi enzimi del senso dell’imprenditoria.

«I locali che ho ereditato si trovano nel centro del paese di Stiffe. Io ho attuato un po’ l’inverso di quello che normalmente fa un provinciale, cioè trasferirsi dal paese alla città. La mia è stata una ‘ruralizzazione’ in pieno stile: mi sono trasferito da Roma a Stiffe. Questo perché ho sempre avuto l’amore e per il mio luogo natio e per la natura. Nella parte superiore della struttura avevo un B&B, e nel piano inferiore decisi di allestire un’enoteca. Stiffe è un paese caratteristico, ho voluto semplicemente fare del turismo la mia fonte di vita».

Amante della zona sin d’all’infanzia, legato a Stiffe per via familiare, Alberto, si è imbattuto nel capovolgimento economico accaduto con l’avvento dell’euro. «Io – racconta – lavoravo in un ufficio cambi di valuta, quindi, con l’avvento della nuova moneta, rimasi senza lavoro. Decisi allora di intraprendere questo progetto, che era in realtà un sogno condiviso anche con mio padre, primo maestro e primo sostenitore che si ha nella vita. Cominciò così questa avventura».

«Durante i lavori di ristrutturazione, ho avuto molti problemi dovuti sia ai finanziamenti – precisa – sia alla struttura stessa. Mi ricordo che dovevo presentare l’agibilità del locale entro un certo lasso di tempo dall’inizio del lavori, ma, finiti gli stessi, mi accorsi che sul pavimento dell’enoteca vi erano delle perdite di acqua; questo perché, nel ‘sottosuolo’ del paese di Stiffe, vi sono delle tubature vecchie, risalenti agli anni ’60, non ristrutturate nonostante tutti gli introiti che si hanno grazie al turismo basato sull’attrattiva delle Grotte. Stiffe è, letteralmente, un paese abbandonato a sé stesso. Prima del terremoto, il paese faceva 70 mila ingressi l’anno per turismo, quindi vita ce n’era, eccome».

Da un inizio che faceva ben sperare, la storia dell’imprenditore subisce però una caduta ‘di stile’. «Successivamente - aggiunge - mi tolgono i finanziamenti; decido di andare avanti comunque, ma con un mutuo e, non potendo coprire tutte le spese, inizio a fare anche dei lavoretti proprio per accumulare fondi». La storia prosegue con tutti i crismi di un’avventura a lieto fine quando, una settimana prima di aprire il locale, il sisma del 2009 spazza via tutto il castello di carte progettuali. «Il terremoto mi ha annientato tutto, ha distrutto completamente il piano superiore, ossia il B&B ristrutturato. L’enoteca, però, essendo fortunatamente in seminterrato, ha subito pochi danni. Richiesi allora, immediatamente, la messa in sicurezza e l’agibilità parziale per la via, che mi sono state concesse solo nel 2012. Un ritardo che mi è costato l’allungamento dei tempi di apertura. Nel 2012 ho deciso comunque di aprire e non nascondo che c’è voluto molto coraggio». L’enoteca Casale Liberati ha aperto ufficialmente i battenti il 16 giugno del 2012, aperti, però, nel pensiero e nei sogni notturni una settimana dopo il 6 aprile del 2009.

«Adesso l’enoteca va bene, sono riuscito ad avere anche una mia clientela, nonostante il paese sia disabitato e ogni tanto ostenti qualche difficoltà nel quotidiano. Però io mi sento soddisfatto, anche se è dura. La crisi si sente e forte, ma non mi sono mai stancato né del sogno né del progetto. Se potessi tornare indietro, lo rifarei».

Il futuro di Stiffe è un futuro lontano, lungo, stanco. Di soli 35 abitanti, con un suolo, in maggioranza, occupato da seconde case, frazione di San Demetrio, con un piano di ricostruzione che fatica ad accelerare, dove «a tutt’oggi - rammenta Alberto - non si può nemmeno presentare un progetto perché non c’è un piano di ricostruzione in attivo», il paese potrebbe un giorno non sopravvivere. «La colpa - conclude il giovane imprenditore - è della burocrazia e dell’esagerata tassazione che grava sulle piccole e medie imprese. Spero in un cambio di rotta, ma il mare che deve essere veleggiato da noi imprenditori dovrebbe avere qualche boa in più perché ciò sia possibile».