Attualità

Terreno pertinenziale non soggetto a Ici

di Fulgo Graziosi

Ancora una volta protagonisti un cittadino, corretto contribuente, e la Pubblica Amministrazione, distratta e incapace di interpretare le vigenti norme in materia di ICI, poi IMU, oggi TASI e domani, sicuramente, “Gabella”.

Ci siamo già interessati della materia e dei ricorsi prodotti alle competenti Commissioni Tributarie e, ovviamente, accolti e vinti dai contribuenti. Verrebbe spontaneo domandarsi, a questo punto, se la macchina amministrativa delle Pubbliche Istituzioni presenti delle palesi disfunzioni nell’applicazione delle varie normative. Per la verità non tutte le Amministrazioni presentano palesi lacune nella gestione delle pratiche riguardanti l’ICI. Alcune lavorano abbastanza bene, tanto è vero che non hanno contenziosi con i propri amministrati. Se in molte Civiche Amministrazioni il denominatore è comune, viene spontaneo domandarsi se siano affette dal dilagante e contagioso virus della esasperata burocrazia. Malattia incurabile, malgrado la strenua lotta del Presidente del Consiglio Renzi.

Atteniamoci ai fatti. La materia del contendere consiste nell’applicazione della tassazione ICI sul terreno di pertinenza dell’abitazione. Appare quanto mai necessario precisare che l’individuazione del vincolo di pertinenzialità di un terreno va effettuata tenendo conto della giurisprudenza consolidata della Cassazione:

- La destinazione oggettiva e durevole del terreno a servizio o ornamento (giardino) dell’immobile principale;

-La volontà del soggetto interessato di creare tale destinazione, senza considerare il fatto che l’area possa essere accatastata distintamente rispetto all’immobile principale e che la stessa possa essere edificabile. Ne consegue che, per determinare se un giardino – parco – terreno edificabile possa essere assoggettato a ICI, sarà necessario accertare preventivamente e con oculatezza se sussistano le condizioni di pertinenzialità.

Ora, veniamo ai fatti. Un cittadino aquilano, proprietario da anni di una seconda casa in un Comune del circondario, nel 2008 si vede notificare una ingiunzione di pagamento per l’evasione dell’ICI su una parte del terreno pertinente destinato a giardino. Il contribuente chiede lumi al Comune e gli addetti ai lavori sostengono la tesi che la superficie del giardino sia eccessiva, rispetto ai parametri fissati dal Comune. Ogni tentativo di composizione della vertenza è risultato vano, sebbene l’interessato si sia dichiarato disponibile a pagare una parte del tributo. Comunque, non volendo sottostare alla perentoria imposizione e ritenendo di stare nel giusto diritto, avendo assolto puntualmente al pagamento dell’ICI calcolata sulla scorta della rendita catastale della proprietà, è stato costretto a inoltrare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale.

Nell’attesa, interviene anche il terremoto del 2009, per cui il ricorrente è costretto ad abbandonare la propria abitazione in centro storico, abituale residenza anagrafica, onde per cui non riceve l’avviso di convocazione per l’udienza disposta dalla Commissione. Per quanto è dato sapere, le Commissioni Tributarie pronunciano le decisioni sulla scorta della documentazione prodotta. Quasi mai a seguito di dibattito. Comunque, nella seduta dell’ottobre 2010, il ricorso viene rigettato per assenza della parte lesa.

Naturalmente, il contribuente ha impugnato la particolare decisione presso la superiore Commissione Tributaria Regionale che, con sentenza del 2014, “[i]ritiene che l’appello del ricorrente risulta fondato e merita, quindi, integrale accoglimento[/i]”.

Riportiamo anche, per sommi capi gli aspetti più salienti della sentenza, in maniera che i cittadini interessati possano farne tesoro:

Appare fondata la censura per la pretesa del tributo anche per la restante area asservita all’immobile. Trattasi, invero, di una destinazione effettiva e concreta dell’area a servizio e ornamento del fabbricato. L’area non è solo formalmente asservita, ma risulta utilizzata e attrezzata proprio per il denunciato e accatastato asservimento.

Una eventuale ipotetica utilizzazione ai fini edificatori, prosegue la sentenza, comporterebbe la rimozione di tutto quanto realizzato a ornamento dell’abitazione.

Giova precisare, ad onor del vero, che il contribuente, in più occasioni, ha dato atto della collaborazione ottenuta dal personale dell’Ufficio delle Entrate e dell’Ufficio del Garante dei contribuenti che, con particolare dovizia, hanno fornito assistenza e professionale consulenza al cittadino interessato.

Dopo questo ennesimo avvenimento potrebbe sorgere spontanea una domanda, meglio ancora un riflessione. Se il contribuente non avesse avuto il tempo da dedicare alla vertenza, se non avesse avuto la minima conoscenza della materia e la capacità organizzativa, come sarebbero andate a finire le cose? In una sola maniera: “[i]condanna al pagamento del tributo, oltre alle spese di giudizio[/i]”. Non sarebbe stato giusto. Come non è giusto che, in caso di accoglimento del ricorso, come in quasi tutti i casi, le spese di giudizio vengano compensate. Dovrebbero essere pagate da chi soccombe, o ci sbagliamo?

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