Marsica

Pasquetta al Castello di Celano

di Gioia Chiostri

A metà fra cultura ed incanto, fra tradizione e suggestione. Il lunedì al castello fra i segreti delle segrete del Castello Piccolomini di Celano, nell’entroterra marsicano. Una Pasquetta alternativa quella che oggi ha trascorso la maggioranza della popolazione di Fucino e dintorni. L’arte, a volte, accomuna e aggrega più di un semplice pic-nic all’aria aperta. Ci sono tanti modi di vedere le cose, ma gli occhiali della cultura spalancano gli orizzonti e incoronano l’orgoglio. Oggi, il gioiello celanese, all’interno del quale ben 12 stanze ricolme di opere d’arte medievali e non, aperte tutto l’anno, ha tirato giù il ponte levatoio, accogliendo all’incirca «250, 300 visitatori da questa mattina alle 9 e 30».

{{*ExtraImg_197289_ArtImgRight_300x402_}}

«Un buon successo di pubblico – spiega uno dei sei custodi che posseggono le chiavi dell’arte – anche se lo scorso anno, a Pasquetta abbiamo avuto la bellezza di 550 visite in un giorno solo». Due dei sei protettori del maniero, Giovanni Pappalardo, capo custode e Carmine Santarelli, ci accolgono all’entrata. I lavori che diedero vita al castello incominciarono, grossomodo, attorno al 1392 con Pietro Berardi, conte di Celano, che fece erigere la cinta muraria ed i primi due impianti del mastio. Lionello Acclozamora prima e Antonio Todeschini Piccolomini poi, completarono la mastodontica opera, che vide la prima luce attorno alla seconda metà del XVI secolo. La peste che distrugge le case e strappa le vite, nota col nome di terremoto, quello del 1915, rase al suolo però buona parte della costruzione: provocò il crollo di tutte le strutture orizzontali lasciando lesioni profonde sugli organismi murari superstiti. «I lavori di ricostruzione iniziarono nel 1940 – spiega il custode Giovanni Pappalardo - sotto la guida della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di L’Aquila, attraverso l’opera del Genio Civile di Avezzano. Vennero portati a termine nel 1960».

{{*ExtraImg_197290_ArtImgRight_300x223_}}

«Il castello è aperto tutti i giorni dalle nove alle 18 e 30. Abbiamo aperto oggi, giorno di Pasquetta, perché la Sovrintendenza ci ha chiesto un’apertura eccezionale. L’arte deve essere goduta sino in fondo; tant’è che oggi abbiamo organizzato per i turisti una ‘gita’ molto particolare: calpesteremo le pietre del camminamento del Castello, un’esperienza unica che darà l’opportunità di bere con gli occhi il paesaggio mozzafiato della Marsica.

Io – precisa Giovanni – sono custode dal 1983, anche se custode lo si è da sempre e lo si è per prima cosa dentro all’animo. È una missione. Qui a Celano sono custoditi i capolavori di arte sacra restaurati provenienti dal Castello dell’Aquila. Noi custodi siamo partiti il giorno successivo al terremoto del 2009 per andare a salvare il salvabile in mezzo a tanto disordine delle macerie. Io ero in servizio all’Aquila, quando ci fu il sisma. Ho lavorato 28 anni all’Aquila ma sono originario di Tagliacozzo. Dopo il terremoto del 6 aprile, però, sono stato spostato al Castello di Celano, prestando servizio anche alle Paludi celanesi. Mi sono trovato costretto a far domanda per Celano, in quanto a L’Aquila non v’era più modo di continuare ad esercitare il mio mestiere».

La Soprintendenza, sotto l’oculata guida di Lucia Arbace, ha aperto in via eccezionale oggi il Castello per dar modo agli abitanti originari della cittadina e non di godere dello spettacolo secolare. Il tour sul camminamento si è avvalso di due tappe ‘visive’: la montagna di Celano, noto come il Monte Tino. «Qui era anticamente situata la città di Celano – spiega uno dei custodi - nel 1300 aveva la bellezza di 1200 abitanti: era un insediamento molto grande. Poi – continua – dopo vari feudi, i celanesi sono stati esiliati perché erano un popolo molto ribelle. Sono stati disgregati e mandati in zone diverse della Bassa Italia. Successivamente i Piccolomini richiamarono quasi tutti gli antichi abitanti per rifondare la nuova Celano, che venne fondata a valle».

Altro paesaggio caratteristico, la piana del Fucino, un colpo d’occhio invidiabile: «175 chilometri di circonferenza. Il primo ad operare sul lago Fucino fu Nerone, che abbassò il livello delle acque. Si rese necessario – spiega il custode Giovanni, poiché serviva una pianura dove coltivare il grano per i legionari che tornavano dalle battaglie. Il Fucino è un po’ il motore delle nostre terre, ed ha una bellezza naturale da invidiare».

Gentile l’aria fra le rocce del Castello e gentili i suoi ‘abitanti’, custodi di tanto splendore. A Pasquetta, spendere un’ora per visitare le pietre preziose delle proprie terre è uno sport che dovrebbe essere praticato più spesso. Si invitano i lettori a visitare il magnifico maniero: pescare conoscenze dalle proprie radici è un’esperienza sensoriale prima che conoscitiva.

[url"Torna alla Home Targatoaz.it"]http://ilcapoluogo.globalist.it/?Loid=154&categoryId=221[/url]