
di Giovanni Baiocchetti
Dallo spaesamento di un giovane che diventa riformista in pieno ’68 all’incontro con Bettino Craxi, dal caso Moro all’epopea laica e socialista degli anni ottanta, dal sodalizio con Giovanni Falcone alle stragi di mafia, a Mani pulite e al crollo della repubblica. Claudio Martelli, politico italiano di area socialista, giornalista e conduttore televisivo, ha presentato ieri sera nella sala convegni Bper “Sericchi”, a L’Aquila, il suo ultimo libro: “[i]Ricordati di Vivere[/i]”.
{{*ExtraImg_196386_ArtImgRight_300x225_}}Un’autobiografia politica e confessione esistenziale che intreccia vita pubblica e privata sostanzialmente divisa in tre parti: la prima sulla formazione culturale e sugli studi (filosofici) di Martelli, una seconda parte sulla sua esperienza da dirigente socialista, prima a livello locale e poi a livello nazionale e infine l’esperienza di governo, come vice presidente del Consiglio nel governo Andreotti, prima, e ministro di Grazia e Giustizia nel ’91.
Nella prima parte del suo intervento, Martelli ha parlato dei vari aspetti che caratterizzano il pensiero socialista, anche in contrapposizione al comunismo. Proprio per spiegare la differenza politica tra questi ultimi e i suoi, l’ex delfino di Craxi riporta una frase ascoltata a Cuba durante un dialogo tra dirigenti cubani e dirigenti cinesi: al rimprovero che Raúl Castro, fratello di Fidel, aveva fatto alla delegazione cinese sulla svolta “filo-occidentale” del Paese del sol levante, che da Stato simbolo del comunismo stava adottando politiche di tipo capitalista aprendo dunque ad un’economia di mercato, il rappresentante cinese rispose: «Noi lottiamo la povertà, voi lottate la ricchezza».
{{*ExtraImg_196387_ArtImgRight_300x225_}}Verte invece su Cosa Nostra la seconda parte dell’intervento dell’ex dirigente socialista, che ha ricordato il lavoro svolto insieme a Giovanni Falcone e all’allora ministro Vincenzo Scotti per contrastare il potere mafioso. «In quel periodo – dice – è stato fatto il più importante processo al mondo a Cosa Nostra, processo a seguito del quale i vertici dell’organizzazione hanno adottato la politica delle stragi, processo costato la vita a Falcone. Il nostro operato, in quei tempi, portò all’introduzione nei carceri del 41 bis, sistema che impedisce le relazioni del detenuto con l’esterno e ne accresce l’isolamento (fino ad allora, i carcerati potevano usare i cellulari e continuare a dettare ordini). Altro punto importante del nostro lavoro è stato quello di allargare il sistema di protezione anche ai familiari dei pentiti di mafia, molti dei quali fino ad allora non sceglievano di collaborare con la giustizia proprio per paura di un attentato ad un proprio caro».
{{*ExtraImg_196388_ArtImgRight_300x225_}}«La forza di Cosa Nostra – conclude – rimane nell’esercito di cinquemila picciotti armati pronti ad uccidere chiunque, dai negozianti agli imprenditori, dai politici ai poliziotti, dagli amici agli sconosciuti. I poliziotti, dal canto loro, non sono disposti ad ammazzare, l’esercito di Cosa Nostra sì».
Tra i tanti racconti di una parte importantissima della storia italiana Martelli ha riportato, tra le righe del suo discorso, una domanda d’effetto che in quegli anni fece a Falcone: «Perché non hai figli?». L’ex magistrato rispose «perché non voglio avere degli orfani».