Attualità

L’Aquila e il futuro che «non esiste»

Rabbia all'Aquila. A cinque anni dal terremoto il futuro «non esiste». È finito sotto le macerie alle 3.32 della notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009. «A quasi 2000 giorni da quella tragedia non c'è uno straccio di programmazione socio-economica per ridare fiducia a chi è rimasto». Ora è il tempo di «togliere le maglie dei partiti e di indossare quelle della nazionale dell'Aquila». A dare voce ai cittadini e a puntare i riflettori su un «intero sostrato sociale disgregato» è colui che il 13 gennaio scorso si barricò nel bagno della filiale aquilana di Bankitalia minacciando di darsi fuoco. La protesta finì bene, senza conseguenze, ma allora, come oggi, a distanza di tre mesi, il direttore di Confcommercio L'Aquila, Celso Cioni, grida tutta la sua rabbia.

«Fuori dal centro storico - dice all'Ansa - il discorso è avviato. La questione è il centro. La città è un non luogo e non c'è alcuna misura, al di là delle chiacchiere, sul rilancio economico, sia come piano sia come risorse. Piano in grado di ridare fiducia».

«Le città - prosegue Cioni - non sono fatte solo di case, ma anche di comunità di intenti e di comunità produttiva. Le città sono luoghi di socialità e se non si interviene subito per ricreare questo tessuto la richiesta di 'altrove' dei giovani è destinata ad impennarsi. E in tanti, soprattutto ragazzi, sono andati già via».

Quindi la necessità di risposte da parte della classe dirigente: «Deve recuperare la coesione, ma finora ha prevalso il massimo comune divisore», afferma Cioni. «Nelle ultime settimane sono in tanti, dal mondo dell'informazione da diverse parti del mondo, a telefonarmi e mi chiedono perché a gennaio ho fatto quel gesto estremo. Ma in Italia, all'Aquila, se lo chiedono?».

Quindi i motivi di quella protesta eclatante: «Vogliamo lasciare le stesse regole bancarie di Londra a Beirut?», chiede Cioni utilizzando un parallelo, anche questa volta estremo, per rinverdire la sua richiesta di allora, dal bagno di Bankitalia, perché il Governo rivedesse le condizioni del sistema bancario almeno per i paesi del cratere e della città. «Qui - disse - non possono applicarsi le stesse regole di luoghi dove non è successo nulla». Oggi quei discorsi li ribadisce ancora con vigore. E con lui anche altri cittadini impegnati in servizi alla città.

I momenti bassi sono più di quelli alti. «La mia palestra risente del fatto che molti giovani vanno via - spiega Cristian, istruttore - qui si sono fatte molte parole ma nessuno ha aiutato i giovani imprenditori». «La ricostruzione tardiva ha fatto sì che molte famiglie si riorganizzassero in un'altra città e che le case ristrutturate siano ora vuote: qual è il futuro di questa città e di questo territorio dove non c'è qualità della vita?», si chiede Fausto che fa l'avvocato. «La mancanza di lavoro fa fuggire i giovani e senza di loro non c'è futuro», spiega Marina, commerciante.