
Insufficiente cardiorespiratoria finale. E’ il primo esito che l’autopsia effettuata dall’anatomopatologo Cristian D’Ovidio, nominato dalla procura della Repubblica di Teramo, ha dato a conclusione dell’esame autoptico effettuato oggi pomeriggio sul corpo del 73enne di Crognaleto deceduto venerdì scorso dopo cinque ore di attesa al pronto soccorso dell’ospedale Mazzini di Teramo.
Il medico legale ha escluso altre complicanze se non quelle di probabile origine cardiaca.
Per meglio confermare le cause del decesso, D’Ovidio ha prelevato gli organi dell’uomo che verranno immersi nella formalina per attendere la cosiddetta “fissazione” a seguito della quale si potrà predisporre l’esame istologico.
Il pensionato, imprenditore edile teramano, arrivo’ in ospedale intorno alle 19 morendo sulla barella cinque ore dopo mentre aspettava di essere visitato. Oltre all’inchiesta giudiziaria e’ scattata anche quella interna alla Asl che ha nominato un proprio patologo che ha effettuato l’esame autoptico.
«Riteniamo si tratti ancora di un caso di inadeguatezza nell’organizzazione del lavoro presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Teramo, oltrechè di carenze organiche».
E’ quanto sostiene il Nursind, sindacato infermieri di Teramo, che dice la propria sul decesso del 73enne al pronto soccorso dopo 5 ore di attesa. «Le spese, purtroppo ed ancora una volta, le fa il paziente e naturalmente il personale – commenta il segretario, Giuseppe De Zolt. Speriamo di cuore che i risultati degli accertamenti sul paziente e sulla circostanza dimostrino si tratti solo di una triste, malaugurata, ma inevitabile morte, anzichè di un caso di malasanità anche perché non vorremmo che ancora una volta, alla fine, si tenti di scaricare le responsabilità sull’anello più debole della catena: l’infermiere».
«Perché, qualora si dimostrasse una qualche responsabilità del collega, sottolineiamo che da molto tempo persistono situazioni di carenze organiche, ma onestamente anche di disorganizzazione. L’infermiere in pronto soccorso, addetto al triage (all’accettazione e prima valutazione del paziente), oltre a vivere un pesante carico di lavoro vive un disagio professionale notevole. Questo grido di allarme più volte levato, è rimasto fin qui inascoltato e l’infermiere continua a subirne le conseguenze, assieme ai pazienti».
«Abbiamo contestato – aggiunge – dopo l’estate il provvedimento estemporaneo che il capodipartimento del Dea (dipartimento emergenza e accettazione) ha voluto adottare, imponendo che l’infermiere del territorio del 118 andasse a dare una mano in pronto soccorso nelle pause degli interventi, sottraendolo alla collaborazione in centrale operativa. Tristemente, ci permettiamo con rispetto anche di far rilevare che il modus operandi dei medici del pronto soccorso – prosegue De Zolt- sulla cui professionalità non discutiamo, sono un evidente e rilevante fattore che incide per qualche ragione su tali situazioni inaccettabili per il paziente, ed è indispensabile cercare di capire il perché di lungaggini incredibili dal momento dell’accesso al pronto soccorso di cui, però, sembra pagare le conseguenze solo o soprattutto – col paziente – l’infermiere del triage».