Cronaca

Mafie: «Abruzzo sano, ma a rischio»

«L'Abruzzo è una regione ancora immune dalle infiltrazioni di criminalità organizzata, ma questa vicenda dimostra come in una regione sana i mafiosi tentino di insediarsi, trovando facilitazioni nella mancanza di concorrenza della malavita locale, di attenzione delle istituzioni e di controllo sociale perché non c'è esperienza a tale proposito». Lo ha detto il Procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, commentando l'operazione "Adriatico": 31 ordini di custodia per associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti.

Nel sottolineare che l'Abruzzo è appetibile alle mafie anche per la ricostruzione post-terremoto nel territorio dell'aquilano, il procuratore nazionale Antimafia ha spiegato che «nella provincia di Chieti si sono insediati soggetti affiliati alla Camorra che hanno lasciato i loro territori anche per sfuggire dalle cruente faide interne ai clan. In un territorio sostanzialmente sano - ha detto - dove le mafie non ci sono, creando un'organizzazione che operava come una vera e propria cosca mafiosa di un certo livello».

«E' stato grazie ai carabinieri e alle istituzioni collegate che questo insediamento è stato sgominato con un intervento concreto e tempestivo», ha detto ancora il Procuratore.

Infine, Roberti ha sottolineato il rapporto di collaborazione tra le istituzioni e anche la vicinanza e la solidarietà tra la Procura nazionale Antimafia e quella Distrettuale abruzzese «impegnata sul territorio non solamente sul fronte del contrasto alle infiltrazioni ma su molti altri».

CARDELLA: L'ABRUZZO NON E' TERRA DI CAMORRA, MA ATTENZIONE - «La presenza sul litorale chietino di un sodalizio con tutti i caratteri della criminalità organizzata non vuol dire che l'Abruzzo è terra di camorra. Vuol dire, però, che gli avvertimenti di infiltrazione erano fondati, quindi è necessario un alto livello di attenzione e collaborazione istituzionale». Lo ha precisato il Procuratore Distrettuale Antimafia dell'Abruzzo, Fausto Cardella, sull'operazione "Adriatico". Quindi, Cardella ha sottolineato la sinergia tra le varie Procure e le forze dell'ordine e «il rapporto stretto e proficuo con la Procura Nazionale Antimafia».

Sul litorale chietino, come detto dal procuratore, operava una cosca di natura camorristica. «Rilevante - ha detto - il fatto che sia stata sgominata».

Il Pm David Mancini, che con il Pm Antonietta Picardi ha coordinato le indagini del Ros, ha spiegato che l'inchiesta ha preso avvio dall'arresto dei coniugi Cozzolino «con i quali si è aperta una possibilità di collaborazione che ha avuto subito dei riscontri, consentendo di ricostruire episodi delittuosi degli ultimi 10 anni che erano stati visti in maniera parcellizzata: tentati omicidi, violenze e decine e decine di altri atti criminosi, poi ricondotti alla presenza di una unica organizzazione camorristica trapiantata sul litorale chietino, in una zona immune da infiltrazioni e, per questo, terreno più facile».

Gli stessi coniugi Cozzolino, ha detto il pm Mancini, parlando del fatto che le organizzazioni mafiose in territori sani lavorano meglio, spiegarono che «un tentato omicidio in Abruzzo vale come una strage in altri posti».

PARENTE (ROS), MODELLO AFFERMATO MA STRONCATO - «C'è stata la possibilità di capire che si era di fronte a qualcosa di diverso dalla mera proiezione di singoli affiliati per la gestione di singole attività illecite al di fuori della regione di origine. Un modello organizzativo che nel tempo si era affermato sul territorio con le caratteristiche tipiche dell'associazione di tipo mafioso, le forme di intimidazione violente, il sostentamento ai detenuti e alle loro famiglie. Insomma, ci siamo trovati di fronte a un modello associativo pericoloso che però, grazie ad indagini laboriose, abbiamo stroncato». Lo ha detto il comandante nazionale del Ros, il generale Mario Parente, a margine della conferenza stampa indetta per illustrare i particolari dell'operazione "Adriatico", che ha visto la direzione distrettuale antimafia dell'Aquila contestare per la prima volta il reato di associazione per delinquere con finalità mafiose.

Per il comandante del Ros l'importante è sradicare queste pericolose organizzazioni che cercano di infiltrarsi in zone ritenute sane.

Alla conferenza stampa hanno partecipato anche i due pm della Dda Aquila, David Mancini e Antonietta Picardi, il procuratore capo, Fausto Cardella e il comandante della Legione Abruzzo dei carabinieri, il generale Claudio Quarta. Quest'ultimo, in particolare, ha sottolineato l'importanza dei presidi dei militari dell'Arma. «Anche la più piccola stazione - ha affermato - è sentinella del territorio. Le parole d'ordine rimangono prevenzione e repressione. Sì - ha commentato il generale Quarta - l'Abruzzo può ancora considerarsi una regione dove le criminalità organizzate non riescono ad attecchire, ma guai ad abbassare la guardia».