Cronaca

L’Antitrust e i resti di Angelini

di Roberto Rossi*

Per chi come me che ha seguito passo dopo passo il processo di Ottaviano Del Turco, culminato con la sua condanna a nove anni con il reato di corruzione, l’apertura di un’istruttoria dell’Antistrust, il 25 novembre 2013, su alcune cliniche abruzzesi (facenti parte dell’associazione Aiop) e sull’asta per spartirsi i beni di Vincenzo Angelini, ex re della sanità privata regionale e grande accusatore proprio del fu governatore, non è del tutto inattesa.

Tutto il processo contro Del Turco si è svolto con un convitato di pietra. E quel convitato era proprio l’Aiop. Quando l’ex governatore rimise mano alla legislazione sulla sanità d’Abruzzo nel 2006 (che viaggiava con un rosso di oltre un miliardo e una cartolarizzazione del debito che sembrava disegnata apposta per rendere felici gli imprenditori locali della sanità) i capitani d’azienda locali capirono che la torta che fino a quel momento si erano spartiti stava diventando troppo piccola per tutti. All’interno dell’Aiop, come emerse nel corso del processo e come lo stesso Del Turco denunciò, si decise di sacrificare il “vitello grasso”, quello più ricco, di posti letto, ma quello finanziariamente più debole e sotto attacco della magistratura (quella di Chieti che ne avrebbe decretato il fallimento successivamente): cioè Angelini.

Il processo, secondo la difesa di Del Turco, nascerebbe da qui. Dalla paura di Angelini di essere sacrificato dai suoi stessi associati perdendo tutto e dalla sua volontà di salvare il salvabile. In che modo? Denunciando un sistema concussivo che lo avrebbe portato al fallimento. Nel quale lui era la vittima. Poco importa che i giudici abbiamo ribaltato molta parte di quello schema, trasformando la concussione in corruzione, per tutto il processo, quattro anni, Angelini fu trattato come l’agnello che andava al macello. Un agnello che intanto, dodici giorni dopo l’arresto di Del Turco (nel luglio del 2008), fece recapitare tre milioni di euro in contanti su un conto corrente a lui riconducibile. La Finanza segnalò il passaggio, la magistratura pescarese non indagò oltre (quei soldi, la metà di quello che Angelini avrebbe passato a Del Turco, da dove venivano?).

Torniamo all’Antitrust. Cosa c’entra? Finito il processo Del Turco, il primo grado, caduto Angelini (in piedi) c’è da spartirsi quello che rimane del suo impero. Le cliniche, nonostante i tagli, rappresentano una delle industrie più fiorenti della regione. All’asta partecipano anche altre società che vengono da fuori. Tra queste la Seagull S.r.l. Che, come si legge nell’istruttoria, viene bloccata con comportamenti “asseritamente anticoncorrenziali che sarebbero stati posti in essere da alcune imprese operanti nel settore della sanità privata nella regione Abruzzo e, segnatamente, dalle società Synergo (partecipata da Pierangeli), Villa Serena, Di Lorenzo e Villa Letizia”.

In particolare, scrive proprio l’Antitrust, “tali società avrebbero adottato dei comportamenti tendenti, da un lato, ad ostacolare l’ingresso sul mercato della sanità privata abruzzese di nuovi operatori e, dall’altro, a ripartirsi, secondo le preesistenti quote di mercato, il tetto di spesa per l’erogazione di prestazioni sanitarie finanziate dal SSN (cd. Budget) assegnato dalla regione alle cliniche del Gruppo Angelini, dichiarato fallito nel febbraio 2010.

In sintesi, l’Aiop Abruzzo, non soltanto avrebbero definito congiuntamente chi di loro avrebbe dovuto partecipare alle aste fallimentari per la vendita delle cliniche del Gruppo Angelini, ma “avrebbero anche partecipato alla gara per la vendita della casa di cura di Villa Pini attraverso un raggruppamento di imprese” a detta di Seagull “notevolmente sovradimensionato” rispetto ai requisiti tecnico/economici previsti dal disciplinare di vendita.

In conclusione, nello scenario sopra descritto, dice l’Antitrust, “le società Synergo, Villa Serena, Di Lorenzo e Villa Letizia, presumibilmente anche in sede Aiop Abruzzo, potrebbero aver concertato le proprie strategie commerciali relativamente alla partecipazione alle gare per le cliniche già appartenenti al Gruppo Angelini, con ciò ponendo in essere un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 2 della legge numero 287/90”.

I più grossi imprenditori della sanità in Abruzzo si starebbero, dunque, spartendo il “vitello grasso”. Questa notizia conta zero a livello processuale. Ma serve a inquadrare storicamente la vicenda di Del Turco, illuminarla da una nuova prospettiva. Quella più volte descritta dall’imputato, oggi condannato.

[i]*Fonte: Straordinariaresistenza.com.unita.it[/i]