
La poesia di Valter Marcone pubblicata in questa pagina – ‘Nella terra di Bach‘ – è risultata prima classificata della sezione C – poesie dedicate alla musica – del primo Concorso Internazionale di poesia “Pietro Iadeluca & amici“ ed è stata premiata in una cerimonia tenutasi a Pereto nella Chiesa di San Giovanni Battista sabato 31 agosto. Il Capoluogo ha riferito nei giorni scorsi l’iniziativa dell’associazione “Il cuscino di stelle, omaggio a Pietro Iadeluca” tenutosi appunto nella settimana dal 24 al 31 agosto nella chiesa di San Giovanni Battista di Pereto e articolata nella prima edizione di una rassegna di concerti per pianoforte e di un concorso di poesia intitolata ‘Ciao Maestro’, culminata con la cerimonia di premiazione del concorso.
«Ho scritto i versi ‘Nella terra di Bach‘ pensando alle persone a cui questo premio è intitolato», ha spiegato Valter Marcone. «Uomini e donne – ha aggiunto – che hanno fatto della quotidianità un valore, nella semplicità di espressioni come la musica, la poesia, le arti visive. In fondo la quotidianità non è altro che alzarsi al mattino, andare al lavoro, compiere gesti semplici e proficui per essere alla fine del giorno un po’ più felici. Ho scritto questi versi pensando anche ad una città, L’Aquila, nel cui Conservatorio, proprio con i valori della quotidianità, ha operato Pietro Iadeluca. Erano gli anni in cui gli attori del Living Theatre passeggiavano per corso Federico, i lupi nelle invernate arrivavano fino alla Fontana Luminosa in cerca di cibo e i così detti matti prendevano il caffè nei bar del corso. Appunto anni di una rivoluzionaria quotidianità».
Nella terra di Bach
di Valter Marcone
Io non sapevo
come si scrive “maltempo”
ed era come avere dentro
sillabe senza luce.
E sentivo la crepa stessa
di quella parola deportata
lungo un confine:
annuncio vago, vago
d’un viaggio all’inferno
quello buono, buono
delle periferie dell’esistenza
della preoccupazione per la sorte
delle banche per il dolore
il dolore della morte
della morte per fame.
Ed era così che cercavo
di guarire quel “maltempo”
nella terra di Bach
per guardare un pezzetto di cielo sereno
e ascoltare suonare ancora quel legno
quel legno d’una croce
d’una croce che divenne violino.
La mia patria è Bach
luogo vicino e porto di partenza
fronte che attraversa il mondo
fronte che attraversa le macerie
le macerie della mia città.
Nella terra di Bach
danza e balla il mio cuore
con il coraggio d’amare il dolore
di abbracciare anche la morte
di donare e sognare
di tornare a respirare
di credere e amare.
Danza e balla il mio cuore
nella terra, nella terra
di Bach dove l’antico amore
è un volo un lungo volo
per quell’invidia del diavolo
per un dio che crea
un “do alto” d’ineffabile intensità
nel silenzio, nel silenzio del “maltempo”
che ormai non fa più paura.
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