Cronaca

Mediaset, Berlusconi confermata condanna

La camera di Consiglio della Sezione feriale della Corte di Cassazione, composta da 5 giudici, presieduta da Antonio Esposito, ha confermato le condanne per frode fiscale e ha rimandato alla Corte d’appello per il ricalcolo dell’interdizione dai pubblici uffici.

È la prima condanna definitiva per l’ex premier e quindi si tratta di una sentenza storica, dopo oltre 10 anni di scontri giuridici e politici, prima del verdetto della Cassazione.

La frode alla base del processo Mediaset – Un ”preciso progetto di evasione” che si è sviluppato in ”un arco temporale molto ampio” e con ”modalità molto sofisticate” di cui Silvio Berlusconi sarebbe stato il dominus e che è proseguito dopo la sua ”discesa in campo”, anche quando era capo del Governo.

È quanto è stato contestato al Cavaliere nel processo sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv Mediaset nel quale è stato condannato in primo e secondo grado, e ora anche in Cassazione, a 4 anni di carcere e a cinque di interdizione per una frode fiscale relativa al 2002 e al 2003 (per i due anni precedenti è caduta in prescrizione) che ammonta a 7,3 milioni di euro.

Secondo la ricostruzione delle indagini milanesi il meccanismo alla base del presunto ”preciso progetto di evasione” è riconducibile all’interposizione fittizia di società. Per l’accusa, in questo caso, Mediaset dichiarava l’acquisto di un determinato film da una major americana (ad esempio la Paramount Pictures) ad una certa cifra, quando in realta’ il film ne costava una inferiore.

Così facendo, la società faceva fuoriuscire dall’Italia la differenza di costo versata per ogni film. Una cifra che veniva peraltro iscritta a bilancio come costo della società, e quindi deducibile ai fini fiscali, mentre in realtà quelle somme sarebbero transitate all’estero su conti riconducibili a terzi.

L’interposizione si concretizzava nell’operato delle società intermediarie che rivendevano il film a Mediaset, le quali operavano in America acquistando i diritti dalla major, per poi dichiarare di rivenderli a Mediaset dopo una serie di compravendite fra società, che portavano al rincaro progressivo del prezzo. Tutto questo con il solo scopo di creare una serie di operazioni fittizie, di pura contabilità, che giustificassero i successivi rincari del film. L’Erario così avrebbe incassato minori imposte per effetto di indebita deduzione di costi fittizi e maggiori quote di ammortamento fiscalmente deducibili.

Secondo i pm Berlusconi sarebbe stato il regista dell’intera operazione, guadagnando 280 milioni di euro, commettendo il reato di falso in bilancio e, di fatto, non rinunciando mai a decidere la strategia di Mediaset, pur avendo formalmente abdicato a ogni sua carica subito dopo la sua “discesa in campo” nel mondo della politica.

Ed è proprio su quest’ultimo punto che i giudici della Corte d’Appello hanno insistito: dopo essere stato condannato in primo grado a quattro anni di carcere e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, lo scorso maggio la sentenza viene confermata in appello. Nelle motivazioni, depositate qualche settimana più tardi, si legge che “almeno fino al 1998 e, quindi, fino a quando ai vertici della gestione dell’acquisto dei diritti vi era stato Bernasconi, vi erano state anche le riunioni per decidere le strategie del gruppo, riunioni con il proprietario del gruppo, con Berlusconi”.

Ad agire, quindi “era una ristrettissima cerchia di persone che non erano affatto collocate nella lontana periferia del gruppo ma che erano vicine, tanto da frequentarlo tutti (da Bernasconi ad Agrama, da Cuomo a Lorenzano) personalmente, al sostanziale proprietario (rimasto certamente tale in tutti quegli anni) del medesimo, l’odierno imputato Berlusconi”.

Le fasi principali del processo

– 13 giugno 2003: Su alcuni quotidiani esce l’indiscrezione di un’inchiesta aperta dalla procura di Milano nei confronti di Silvio Berlusconi nata da un’altra indagine, quella sul comparto estero di Fininvest. I pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo «Non confermano nè smentiscono». Nei giorni seguenti si avrà la conferma che l’indagine c’è e che già nel maggio era stata richiesta una rogatoria urgente negli Usa. La rogatoria sarà poi bloccata dal ministro della giustizia Roberto Castelli.

– 7 luglio 2004: Anche Marina e Piersilvio Berlusconi risultano indagati fra gli altri col padre Silvio, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri, l’ex responsabile del settore estero Fininvest Giorgio Vanoni e ancora l’ex responsabile di Fininvest Service in Svizzera Candia Camaggi e il presidente di Arner Bank Paolo Del Bue.

– 13 luglio 2004: I militari del Nucleo Provinciale della Gdf di Milano perquisiscono gli uffici Mediaset.

– 30 luglio 2004: Il gip Maurizio Grigo concede la proroga delle indagini. – 24 maggio 2005: L’inizio dell’udienza preliminare viene fissato per il 28 ottobre.

– 26 ottobre 2005: I legali Mediaset chiedono il trasferimento a Brescia. A Milano ci sono «64 magistrati possessori di azioni Mediaset che potrebbero figurare come parti offese».

– 28 ottobre 2005: l’udienza preliminare per 14 indagati viene subito rinviata perchè i pm hanno depositato documentazione oltre il termine previsto. Diventa pubblico nel frattempo che le indagini sono state aperte nel 2001 e che i reati ipotizzati partono dal 1988.

– 7 novembre 2005: Inizia l’udienza preliminare – 11 novembre 2005: Il gup Paparella respinge la richiesta di trasferimento a Brescia. – 12 maggio 2006: Dopo altri tre aggiornamenti dell’udienza preliminare, il Pm De Pasquale chiede il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi e altre 11 persone. Chiede anche di affrettare i tempi «per il pericolo prescrizione. Non è colpa nostra se le indagini sono durate 4 anni».

– 29 maggio 2006: Il legale di Silvio Berlusconi Nicolò Ghedini chiede di non processare il proprio assistito: «Si è dimesso il 26 gennaio 2004 dalle sue cariche in Mediaset e non ci sono testimonianze o documenti che comprovano le accuse».

– 7 luglio 2006: Il Gup Paparella rinvia a giudizio Silvio Berlusconi per falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale. A giudizio altri 12 fra i quali Confalonieri.

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