
Un gruppo di parrocchiani del quartiere aquilano di San Sisto ha scritto una lettera aperta alla massima autorità dei frati minori per chiedere di scongiurare il trasferimento di padre Candido Bafile.
«Siamo una comunità parrocchiale di San Sisto di L’Aquila – si legge nella lettera – dopo numerosi tentativi estremi di convincere il Padre Massimo visitatore Generale e Molto reverendo padre Provinciale, a rivedere la decisione di trasferire il nostro Padre Candido Bafile in altra città, ci rivolgiamo a lei affinchè ascolti le preghiere di questa comunità dei Credenti di Cristo.
Nell’occasione esprimiamo il profondo rammarico e lo sconcerto dell’intera comunità parrocchiale di San Sisto, della quale con questa lettera umilmente vogliamo farci voce, e che in questi anni, ancora troppo pochi, ha apprezzato con grande gioia la serenità, la dedizione, l’impegno instancabile e quotidiano di Padre Candido, nel tessere rapporti umani di grande spessore, animare la liturgia, predicare e praticare la carità ed essere vicino ai malati e agli anziani nella fatica esaltante di formare un laicato forte e coraggioso, capace di assumere responsabilmente compiti ecclesiali difficili, come, ad esempio, l’educazione alla fede di ragazzi, giovani e adulti. E i risultati si toccano ogni giorno con mano: i locali sono pieni di giovani e ragazzi, tanti sono i bambini battezzati e le giovani famiglie che si avvicinano alla fede. I poveri, non solo di denaro, della parrocchia, non si sentono più abbandonati a sé stessi».
«La nostra parrocchia – prosegue la lettera – in tempi nei quali è sempre più difficile aggregare, unire e condividere, vive un momento di grande fraternità e tutto ciò andrebbe perso se venisse a mancare proprio ora la figura che di tutto ciò è artefice e punto di riferimento, soprattutto in un momento così delicato dopo il grave sisma che ci ha colpito. E ce ne chiediamo con sgomento il perché.
Siamo sicuri che Vi sta molto a cuore il destino della nostra comunità parrocchiale e per questo, con forza e insistenza di figli, Vi chiediamo di non interrompere questo cammino appena cominciato e di soprassedere alla regola spirituale che Vi siete prefissati, ma di dar vita al vostro impegno accanto ai poveri per la gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli, condividendo con grande amore i loro disagi e la loro umile condizione.
E’ pur vero che le intenzioni del Padre legislatore devono essere osservate nella vita dei frati minori cappuccini, ma è altrettanto vero che essi devono provvere affinchè si cerchino le forme più idonee per la vita dei frati, applicando anche il principio alla pluriformità, secondo la diversità delle regioni e delle esigenze dei tempi e dei luoghi. (Art. 1 lettera 4). Pur sapendo che nessuno è indispensabile e che siamo inutili servi, pur tuttavia consapevoli che il Signore agisce con e nelle opere degli uomini, siamo certi che per la nostra comunità sarebbe una perdita così grave che verrebbero meno l’entusiasmo e la rinnovata vitalità nella fede di molti appena tornati a vivere nella parrocchia come se fosse la propria famiglia. Nessuna spiegazione è stata data, ma questo purtroppo è ancora il [i]modus operandi[/i] di una chiesa abituata a considerare i laici, “il popolo di Dio”, come risorsa per servire e non ancora corresponsabili della vita comunitaria, benchè molte parole vengano spese per asserire il contrario».
«Ciò che sconforta – si legge ancora nella lettera – è l’indifferenza con la quale sono state trattate idee, richieste e proposte di una comunità che cerca di far sentire la propria voce, tentando si smovere cuori e coscienze, di andare oltre l’emotività e manifestare le ragioni del proprio dissenso con umiltà e speranza di essere ascoltata. Tutto inutile. Qui c’è in gioco molto più che il trasferimento di un parroco altrove. Tutti dovrebbero essere collaboratori della nostra gioia, lo dovremmo essere gli uni con gli altri, se vuole, un nuovo modo di essere e fare la Chiesa: restituire valore al popolo di Dio, alla Chiesa vera che si incarna tutti i giorni in ciascuno dei suoi figli, restituisce dignità alla gente che molti secoli fa addirittura sceglieva i propri vescovi. Siamo intimamente certi che ascolterete le nostre parole umili ma decise e che ci aiuti a non interrompere questo cammino di fede e a “praticare la pietà cristiana”».