Cronaca

Donna uccisa, nullo ergastolo a compagno

Annullata in appello per un vizio formale la sentenza all'ergastolo emessa nel 2012 dalla Corte di assise di Teramo nei confronti di Romano Bisceglia, per l'omicidio della sua ex convivente strangolata e fatta a pezzi prima di essere buttata in una scarpata alla periferia di Teramo, nel giorno di Pasquetta di tre anni fa.

L'imputato torna ad essere un indiziato di reato come all'indomani dell'arresto, un mese dopo il delitto. Stamani, a sorpresa, i giudici della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila (presidente Catelli, a latere Servino) hanno infatti annullato la pronuncia dell'Assise di Teramo che il 23 aprile dello scorso anno avevano condannato al carcere a vita l'imputato: quale tipo di errore formale non è stato reso noto al momento, e soltanto le motivazioni potranno chiarire questo colpo di scena. Potrebbe essere, ma non solo, il particolare della errata composizione dei nomi dei giudici popolari nella trascrizione sul dispositivo.

ERGASTOLO NULLO, IMPUTATO RESTA IN CARCERE - Romano Bisceglia rimarrà in carcere. Sarà riprocessato in Assise a Teramo, con un collegio differente. La decisione della Corte d'Appello dell'Aquila di annullare l'ergastolo inflitto in primo grado, secondo fonti giudiziarie, sarebbe stata obbligata in quanto in alcune udienze di quel processo, dedicate a testimonianze importanti e perizie, si sarebbe creato un problema, che risulterebbe dai verbali, sull'assegnazione del supplente per i giudici popolari assenti.

L'anomalia sarebbe stata sollevata oggi dallo stesso Procuratore generale, Romolo Como, che ha solo commentato: «Quella assunta oggi è una decisione lineare sulla base delle carte del processo di primo grado». Bisceglia in questo modo rimane in carcere, in quanto ricominciano i termini per la custodia cautelare.

Andando avanti regolarmente, invece, sarebbe stata la Cassazione, sulla base dei verbali delle udienze di primo grado, a riformare probabilmente la sentenza e, in quel caso, sarebbero potuti essere nel frattempo scaduti i termini della custodia cautelare previsti tra le varie fasi dei processi.

La vittima, Adele Mazza, all'epoca 49 anni, fu soffocata con corde di nylon e fili elettrici e poi tagliata. Gli investigatori ritengono che il delitto sia maturato nell' ambiente della tossicodipendenza, scatenato dall'ennesimo litigio tra i due. Nonostante la relazione interrotta, secondo quanto emerso dal processo, la donna sarebbe rimasta succube dell'ex compagno che continuava a rifornirla di droga.