
«Il terremoto che ha colpito L’Aquila
il 6 aprile 2009 era atteso, ma non prevedibile»: così il
direttore del Centro nazionale terremoti dell’istituto nazionale
di geofisica e vulcanologia (Ingv), Alessandro Amato, commenta le
motivazioni della sentenza depositate oggi dal giudice del
Tribunale dell’Aquila Giuseppe Grieco.
«Se ‘non imprevedibile’ significa ‘prevedibile’, allora non
sono assolutamente d’accordo. E con me non sarebbe d’accordo la
comunità sismologica internazionale», osserva Amato.
«Diverso
é – prosegue – se intendiamo che in una certa area ad elevata
pericolosità come quella dell’Abruzzo un terremoto con le
caratteristiche di quello del 2009 era aspettato, o
possibile».
«Con “prevedibilità” – spiega l’esperto – si intende la
capacità di dire prima di un terremoto quando questo avverrà,
dove, e con quale energia, in una finestra temporale
ristretta, ad esempio a distanza di alcune ore, in un raggio
di pochi chilometri, a quale magnitudo».
«A questo riguardo –
rileva Amato – si ricorda che la Commissione internazionale di
esperti nominata dal Dipartimento della protezione civile dopo
il terremoto ha nuovamente stabilito che i terremoti non sono
prevedibili».
«Riguardo al fatto che il terremoto del 2009 – sia in linea
con la sismicità storica dell’area come si legge nella
sentenza – questo, rileva Amato, – è vero e mai nessun
sismologo ha dichiarato il contrario. Ma va anche precisato che
gli effetti di un terremoto sono determinati dalla fragilità
delle costruzioni, dalle amplificazioni delle onde sismiche
dovute alla geologia locale e da altri fattori locali e non sono
mai facilmente prevedibili».
«Questo perché – conclude l’esperto
– la conoscenza di dettaglio della stabilità degli edifici e
della geologia del sottosuolo non è nota alla scala del singolo
edificio, e viene valutata esattamente solo dopo un terremoto».