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‘Erano i capei d’oro a l’aura sparsi’

Alessandra Paola Macinante, fresca e giovane laureata presso l’Università “La Sapienza” di Roma, iscritta al corso di perfezionamento in Discipline Filologiche e Linguistiche presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dimostra, attraverso la sua tesi triennale prima, reperto filologico facente parte della prestigiosa collana Quaderni di «Filologia e Critica» poi, come sia mutata con il lento andare dei secoli la bionda chioma delle fanciulle amate e ammirate dalla penna poetica. Nel suo libro intitolato [i]Erano i capei d’oro a l’Aura sparsi, metamorfosi delle chiome femminili tra Petrarca e Tasso[/i], l’autrice analizza i più celebri ritratti femminili della poesia fiorita in Italia nei secoli XIII e XIV.

Solo ventiquattro anni e già una preziosa pubblicazione alle spalle, Alessandra Macinante ha letteralmente affascinato con la sua tesi la giovane platea dell’Università dell’Aquila, presso la sede in viale Nizza del Dipartimento di Scienze Umane, durante la conferenza in suo onore che si è tenuta il giorno 11 Gennaio 2013, allestita e curata dal professor Raffaele Morabito, docente di ruolo in detto dipartimento.

La giovane studiosa ha puntato l’attenzione sulle chiome di Laura, fanciulla sublime e misteriosa, descritte dal Petrarca e sul significato dei colori nelle opere di questo straordinario e sommo Poeta. «Perché – ha affermato la Macinante – la descriptio puellae che incontriamo nell’opera petrarchesca dipinge sempre la fanciulla con una chioma biondo oro? La fanciulla di fatti è sempre bionda, da Marino a Tasso, come se fosse una costante irremovibile reiterata nel tempo. Ci rediamo conto che alla base della modernità di questa descrizione c’è proprio Francesco Petrarca e il suo ingenium. Il mio libro nasce da una domanda lecita, ossia: da dove deriva la onnipresente scelta del biondo per il capello femminile?».

Renier, sul finire del l’Ottocento ha affermato di come la ricorrenza della chioma bionda fosse un emblema del predominio della razza ariana, ma, come afferma oggi la Macinante, «non è così, perché non troviamo la presenza degli occhi azzurri, che nella razza ariana sono un dettaglio immancabile». Un’altra proposta invece ha legato la presenza della bionda chioma alla volontà poetica di ricercare quell’aura di rarità, ma nemmeno questa tesi può essere accettata.

La studiosa ha spiegato poi di come sia la teoria che riguarda il Tetracromatismo a far da base fondamentale a tutto il discorso; secondo questa dottrina, di fatti, in natura i colori puri sono quattro: rosso, bianco, giallo e nero. «La teoria del tetracromatismo, ha spiegato Alessandra Macinante, associa questi quattro colori ai quattro elementi; deriva infatti da Empedocle l’idea di ritrovare la bellezza del cosmo nella donna, e per questa ragione la figura femminea deve essere dipinta con i quattro colori sopra indicati, simboleggianti i quattro elementi con cui il cosmo viene ad essere rappresentato». La donna perciò diventa nella letteratura riflesso dell’Universo ed è proprio questo che spiega la costante presenza della chioma bionda, come un sempreverde leitmotiv. «Vedremo imporsi questa costante solo con Petrarca, con la sua poetica diventa un tratto topico e solo egli lo ha reso immortale.»

Inoltre la Macinante ha apportato la distinzione fra il canone breve e il canone lungo (con cui solitamente si appronta la descriptio puellae): il canone breve riguarda il viso della donna decritta, e il dettaglio che va ad essere espresso in questo senso è quello della claritas, quindi luce. Il canone lungo, di contro, riguarda la descriptio dalla testa ai piedi, laddove la costante è rappresentata proprio dalla proporzione.

«Interessante è proprio il canone breve – ha affermato la studiosa – questi quattro colori, di fatti, corrispondono a determinati figuranti: le gote sono sempre d’avorio ad esempio, nella descriptio puellae. È come se ci trovassimo di fronte, leggendo il Canzoniere di Petrarca, ad un percorso fra le chiome dorate. E proprio egli dà ai colori molteplici valenze. La chioma d’oro è presente già in Ovidio, in Apuleio, ma l’originalità del Poeta si riscontra proprio nel fatto che solo lui dà alle chiome l’attributo dell’oro. Egli sceglierà determinati accostamenti coloristici; accosterà spesso il bianco al giallo (candida e acerba verrà di fatti definita la fanciulla), oppure il bianco al rosso (denti bianchissimi e labbra rosse). Il colore nero, invece, che risulta un colore privo di luce, verrà accostato sempre e solo col bianco.»

«È, comunque, proprio Cino da Pistoia che, in un sonetto, dà per primo la centralità alla chioma bionda; Petrarca parte proprio da qui: nel suo celebre sonetto 34 contenuto nel Canzoniere, di fatti, la bionda chioma diviene centrale. Altrettanto interessante è notare come Petrarca a differenza di Dante non tratteggi nella sua poesia una donna realmente esistita (come lo può essere Beatrice), e per questa cagione, Petrarca tratteggia una donna biondissima, dagli occhi nerissimi e dalle gote rossastre. Notiamo quindi che si possono indicare con gli stessi colori anche più figuranti; le perle rappresentano i denti, la fronte viene spesso definita candida; i cigli sono neri, gli occhi diventano due stelle d’ebano, e cioè nerissimi; in Francesco Petrarca le chiome bionde sono definite “onorata e sacra fronde”, e nel Canzoniere troviamo ben 65 occorrenze di chiome dorate».

Numerosi riferimenti al topos dei capelli biondi femminili sono già nei poeti siciliani. Il percorso definito in queste pagine, ricche di esemplificazioni attinte a testi di varia tipologia e datazione, prosegue con Boccaccio e Tasso: il novelliere e il poeta cinquecentesco contaminano il canone lirico, l’uno ricorrendo a moduli narrativi, l’altro trasformando le fanciulle bionde della tradizione lirica in coraggiose eroine pronte a dar battaglia.

Il volume ricostruisce dunque un percorso tematico che va dalla lirica delle Origini alla fine del Cinquecento, tracciando attraverso il dolce e femmineo snodarsi di dorati cappelli una storia dell’imago feminea che tocca nel profondo la Poesia che quindi diventa portatrice di valori, di istanze e perché no, anche di luminosità intellettiva visto che, come conclude l’autrice nella sua opera «il lume dei capelli d’oro, assente nei siciliani, focato nei siculo toscani, conteso dalle “lampe” degli occhi dello stilnovo, si riaccende intenso illuminando di luce propria l’intero Canzoniere ed emanando l’ultimo ma incantevole bagliore nella Liberata del Tasso».(g.c.)