Politica

I riordini. Le riforme. La teoria e la pratica

di Fulgo Graziosi*

Caro Professore, parlare dalla cattedra, enunciare teoremi e corollari è troppo facile. Assegnare i compiti agli altri e non fare i propri è altrettanto facile. Per attuare le riforme istituzionali, però, occorrerebbe calarsi nelle realtà territoriali, ma, spesso, la pedana è troppo alta per scendere sul territorio per poter almeno attuare delle piccole simulazioni, onde verificare la bontà e l’applicabilità dei teoremi.

Non vogliamo togliere nulla alle attività che stai svolgendo nel nome del popolo italiano, tanto vituperato e vessato un po’ da tutti, nessuno escluso. Vorremmo solamente ricordarti che non sei stato promosso Primo Ministro per mettere mano alla riforma elettorale. È una materia che i parlamentari non vogliono trattare, non vogliono toccare, anche se fanno finta, ogni tanto, di scaldare i muscoli per illudere i cittadini in merito a un possibile rinnovamento. Vogliono solamente che tutto resti immutato e che nessuno tolga loro la poltrona da sotto al sedere. La devono lasciare in eredità a figli, nipoti e pronipoti, fino alla settima generazione.

Sei stato chiamato per mettere ordine ai conti dello Stato, troppo caotici e vertiginosamente crescenti in maniera esponenziale. I conti li hai messi a posto, quasi. A danno di chi? Dei soliti noti, cioè dei dipendenti e dei pensionati, nelle cui tasche hai potuto affondare le mani senza alcuna difficoltà, nella stessa maniera dei tuoi predecessori. Hai ottenuto il risultato, ma non è stata una bella soluzione. Anche perché all’IMU hai voluto aggiungere l’aumento dell’IVA, della benzina, del gas, dell’elettricità, dei beni di consumo. Altri macigni sulle spalle delle famiglie che non riescono più a sbarcare il lunario. Non hai notato, però, che sono diminuite le spese, specialmente quelle per l’alimentazione, perché i contribuenti sono giunti alla fame.

Le mani non le vuoi neppure mettere dove gli sprechi ti passano quotidianamente sotto al naso. Hai paura, forse, di scottarti, oppure di perdere quei sostegni che ti tengono ancora in carica. Gli italiani, i contribuenti, gli elettori, chiamali come ti pare, ottennero un eclatante risultato in un famoso referendum per l’abolizione dei finanziamenti ai partiti. Immediatamente, i nostri parlamentari aggirarono l’ostacolo proponendo un’altra legge, con la quale si attribuivano gli stessi soldi, ma con una diversa motivazione: “[i]rimborso delle spese elettorali[/i]”. Ma di quali rimborsi parlano. Non spendono una lira per le campagne elettorali perché taglieggiano i privati, ai quali fanno sostenere le spese per le luculliane cene propagandistiche, attraverso le quali acquistano i voti. I manifesti li fanno pagare a qualche sprovveduto che pensa di ottenere qualche favore di ritorno. Le affissioni le fanno fare da alcuni giovani, ai quali promettono una sistemazione che non arriva mai. Ecco perché non riescono a spendere i soldi dei rimborsi dello Stato. Ecco perché qualcuno sostiene che “[i]non ha rubato allo Stato, semmai al Partito[/i]”. Altri affermano che “[i]non hanno agito da soli, perché altri sapevano e sanno[/i]”. L’ultima trovata, poi, ha del paradossale, soprattutto perché rivelata durante una trasmissione televisiva di una emittente nazionale: “[i]…(i soldi), purtroppo ce li danno e noi ce li gestiamo[/i]”. Possibile che questi argomenti ti sfuggano, mentre non passano inosservati all’esame di ogni cittadino? Qui devi affondare non la mannaia, ma la trancia come quella presente in alcune acciaierie. È una vergogna continuare ad elargire soldi a chi non sa che farsene, mentre ci sono cittadini che non possono assicurare il domani ai propri figli. Togli i rimborsi. Togli i vitalizi. Togli ogni e qualsiasi privilegio. I parlamentari possono vivere tranquillamente con gli stipendi delle amministrazioni di provenienza. È un atto dovuto di giustizia, di quella giustizia tanto agognata e sognata, sancita in quella definizione che vorrebbe “[i]La Legge uguale per tutti[/i]”. Al cospetto di questi fatti ti sembra che la legge sia uguale per tutti? In questo nostro Paese se un cittadino ruba una mela la mercato finisce in galera. Se un parlamentare si appropria di svariati milioni (ex miliardi di lire) viene nominato “cavaliere” soprattutto per la genialità della trovata.

Perché vuoi introdurre il redditometro per cercare gli evasori? Perché andare alla ricerca di inutili alchimie, sulle quali gli evasori riescono a trovare mille cavilli per non pagare un centesimo e, nel contempo, fanno sostenere ingenti spese legali allo Stato che, alla fine, pagano sempre i più deboli? Non sarebbe più facile ed efficace introdurre la obbligatorietà della ricevuta fiscale per qualsiasi spesa, consentendo al contribuente la detrazione dalla denuncia dei redditi. In men che non si dica verrebbero individuati evasori di ogni livello e grado. La verità verrebbe immediatamente a galla senza dubbi e senza inutili alchimie. Moltiplica, poi, le evasioni per cinque anni e vedrai se riacquisteremo tutti, indistintamente, credibilità e dignità in tutto il mondo.

I parti incestuosi delle riforme delle autonomie locali, lasciali da parte, o per lo meno, portali all’attenzione della pubblica opinione dopo aver definito gli scandali delle spese regionali. Vuoi conseguire economie utili per il salvataggio dell’Italia? Metti seriamente le mani sulle Regioni. Le spese folli incontrollate e incontrollabili stanno in quelle sedi. Ridimensiona gli stessi consiglieri regionali, ai quali sono stati elargiti facili vitalizi, come per i parlamentari. In nome di quale principio? Di quale regola? Qualcuno, sommessamente, sostiene perché le Regioni legiferano e, perciò, i diritti dei regionali sono identici a quelli dei parlamentari. Svolgono le stesse funzioni. Ma di quale legiferazione si potrà mai parlare in ambito regionale? È una definizione impropria. Le Regioni, in ultima analisi, emettono solamente dei regolamenti nell’ambito della sostanza e delle indicazioni della legge dello Stato, senza potersene discostare. Caro Professore, la statistica dovrebbe insegnare a tutti noi qualcosa di buono. Sarà appena il caso, tanto per rinfrescarti la memoria, dare una spannometrica scorsa ai dati della spesa pubblica dal 1970, anno di costituzione delle Regioni, in poi. Ti accorgerai, senza ombra di dubbio, che la spesa pubblica non ha subito un semplice aumento. Ha subito una traumatica verticalizzazione che non si è più fermata. Dopo di che non potrai più sostenere la tesi che i centri di spesa siano le Province. Con questa allucinante pseudo riforma hai riportato in auge la guerra tra poveri che, di cui si erano perdute finalmente le tracce. Cerca di fare un attento esame introspettivo. Rifletti sui disastri che questa “riformetta” potrebbe arrecare all’equilibrio generale, scendi dalla cattedra e recati sul territorio e ti accorgerai che la realtà e assai diversa dalle ipotesi e dalla teoria.

[i]*vicedirettore[/i]

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