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Legge beffa, i sindaci si dimettono

I sindaci del cratere sismico si sentono traditi dal ministro Fabrizio Barca e vogliono riconsegnare le fasce tricolore. Dopo le numerose occasioni i confronto, le loro istanze non sono state contemplate nel maxi emendamento per il decreto Passera in discussione giovedì. «La norma è stata modificata a nostra insaputa – ha tuonato alla platea di primi cittadini del cratere e ai parlamentari abruzzesi, il portavoce Emilio Nusca (ex sindaco di Rocca di mezzo). A noi non restano che manifestazioni eclatanti per farci ascoltare».

Più esplicito è stato il collega Piero Tronca di Tione: «I malumori sono tanti – ha esordito – molti di noi vogliono dimetterci. Non è possibile fare la ricostruzione senza gli strumenti adatti». Due i punti che hanno fatto imbufalire i sindaci dei borghi: il mancato finanziamento delle abitazioni non principali isolate o inserite in aggregati dove non ci siano prime case, nonostante le promesse del ministro.

Secondo neo il fatto che siano scomparsi nella versione definitiva della norma approvata dal Consiglio dei ministri gli 8 uffici per aree omogenee dei piccoli comuni, optando per un accorpamento in un unico ufficio, mentre all’Aquila resta un ufficio speciale tutto per sé.

Insomma, in barba a tutti i progetti di città territorio la norma così come concepita rischia di alimentare la rivalità fra il capoluogo e i borghi che si sentono figli di un Dio minore. «Noi ci mettiamo la faccia – ha ricordato Nusca -. Non vogliamo riparare le case per le vacanze, intendiamo solo far rinascere i nostri borghi».

Dopo un lungo dibattito a palazzo Silone, cui hanno preso parte anche i parlamentari: Giovanni Lolli, Giovanni Legnini, Paola Pelino, Fabrizio Di Stefano, Filippo Piccone, Afonso Moscitelli, i sindaci hanno deciso di redigere in queste ore un subemendamento per il maxinemendamento Sviluppo contente il ritorno agli 8 uffici per le aree omogenee dei comuni e il finanziamento per tutte le seconde case dei borghi circa 4 mila che comporterebbe oneri aggiuntivi per circa 320 milioni di euro.

Pierluigi  Biondi, sindaco di Villa Sant’Angelo ha sottolineato come siano state scritte «leggi sulla nostra testa senza aver passato un  minuto nei nostri territori. Non possiamo essere killer per conto terzi. Non restano che le dimissioni». Da una parte si taglia, dall’altra, invece, si attribuiscono 200 mila euro annui cadauno ai responsabili dei due uffici speciali. 

«Ogni pratica al comune di Lucoli è costata 208 euro  – ha aggiunto Walter Chiappini sindaco di Lucoli – non capiscono perché altrove costi di più». Il deputato del Pd, Giovanni Lolli è entrato nello specifico dell’iter, mettendo fretta ai sindaci e lasciando intendere che quello del decreto Sviluppo è l’ultimo treno per la legge. Non la pensano così invece i parlamentari del Pdl. «Mi sembra di stare su [i]Scherzi a parte [/i]– ha esordito Filippo Piccone -, Barca ha fatto un testo con i piedi. Non si può pensare in un giorno di poter affrontare un emendamento così complesso. Barca deve stralciare l’emendamento e sedersi con noi». Di qui la proposta di riscrivere la norma.

Sulla stessa lunghezza d’onda il collega Fabrizio Di Stefano il quale ha sottolineato la possibilità di portare un decreto sull’argomento al governo a fine agosto. Il parlamentare Idv Alfonso Mascitelli ha proposto invece un terza via, subito le cose indifferibili nel decreto Sviluppo, il resto in seguito. A fargli eco Giovanni Legnini del Pd. 

«La partita si esaurisce dopodomani – ha sottolineato invece Giovanni Lolli – In aula metteranno la fiducia su questo decreto. Il senato non potrà fare niente». Di qui la decisione di anticipare a questa mattina la seduta del consiglio comunale straordinario. «Se isolato dal contesto questo decreto non vedrà mai l’alba – ha ribadito l’assessore alla Ricostruzione al comune dell’Aquila Piero Di Stefano -.  Se perdiamo questo treno è difficile pensare che si possa riannodare un percorso».

A. Cal.

 

DIPENDENTI DEL COMUNE DELL’AQUILA BEFFATI DALLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA RICOSTRUZIONE – «Sconcerto e profonda delusione dei lavoratori di ruolo del Comune dell’Aquila e delle Organizzazioni Sindacali, per l’eliminazione della norma sulla possibilità  di scorrere le graduatorie dei 47 idonei dei concorsi interni per le progressioni verticali dal testo finale della proposta di legge sulla ricostruzione, licenziata dal Consiglio dei Ministri. Finalmente, dopo varie ordinanze post sisma in cui si erano privilegiati solo contratti di collaborazione con chiamate dall’esterno, conversioni di tali contratti in rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato (finora, senza alcuna procedura selettiva), costituzioni di uffici speciali, consulenze e così via, era arrivato un giusto riconoscimento per i dipendenti di ruolo del Comune. Nella bozza della proposta di legge per la ricostruzione dell’Aquila era stata inserita, all’art. 4, la norma che autorizzava il Comune a scorrere le graduatorie dei dipendenti giudicati idonei ai concorsi interni delle progressioni verticali tenutesi nel 2010. Parliamo di lavoratori che hanno servito con impegno l’ente prima e dopo il terremoto e che, a poche ore o a pochi giorni dal sisma, si sono responsabilmente messi a disposizione dei cittadini, assumendosi delle responsabilità ben al di sopra della loro categorie e del loro mansionario. Tale norma aveva ricevuto il via libera dal comitato ristretto che ha effettuato l’esame preliminare della proposta di legge per la ricostruzione dell’Aquila, dopo assicurazioni a vario titolo fornite anche a questo sindacato. Invece, con grande rammarico, la norma predetta è stata stralciata dal testo finale licenziato dal Consiglio dei Ministri e pronto per avviare l’iter parlamentare per l’inserimento nella legge di conversione del decreto sulla crescita. Questa ennesima beffa non può essere tollerata. La spesa risibile per gli inquadramenti dei 47 dipendenti comunali, a fronte dei milioni di euro che lo Stato dovrà impegnare per pagare i nuovi assunti, doveva fugare ogni dubbio sulla legittimità e l’opportunità di tale operazione. Con una lettera inviata al Ministro Barca e al Sindaco Cialente è stato chiesto di provvedere al reinserimento della norma predetta nella proposta di legge che domani avvierà l’iter parlamentare, fornendo anche la disponibilità a un incontro per approfondire tali tematiche. In caso non dovessero emergere soluzioni positive a tale incresciosa vicenda, non resterà altra strada che attuare quelle forme di lotta che la legge consente e che finora, quale segno di disponibilità, sono ferme allo stato di agitazione, proclamato nel mese di giugno».

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